In tale ipotesi, il Giudice, ha il potere dovere di ordinare la distruzione dell’opera mediante la quale sia stata arrecata la denunciata molestia, derivandone, in mancanza, che la lamentata turbativa, anziché essere eliminata continuerebbe a produrre i suoi effetti. Tribunale di Mantova, Sez. Stralcio – Giudice Dr. Andrea Gibelli – Sentenza 23 dicembre 2004.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1) di essere proprietari di una villetta bifamigliare sita in ***, Via Brodoloni, confinante con l’immobile di civile abitazione con annessa area cortiva di proprietà di Rossi Vittorio e Giannini Franca;
2) che da alcuni giorni il Rossi e la Giannini avevano dato inizio sul terreno di loro proprietà ai lavori per “l’ampliamento di un edificio unifamiliare esistente” come si leggeva nella concessione edilizia rilasciata dal Comune di **;
3) che l’ampliamento si realizzava sull’area cortiva esistente tra la preesistente costruzione di proprietà Rossi‑Giannini e il confine con la proprietà Bianchi;
4) che era già stato realizzato sul confine un muro di fabbrica alto m. 3,10 e lungo m. 8,80 che doveva costituire una delle pareti dell’edificio in corso di costruzione;
5) che la costruzione in fase di realizzazione era abusiva e illegittima per vari motivi ed in particolare per il mancato rispetto delle distanze;
6) che le fondamenta del muro di fabbrica edificato sul confine invadevano la proprietà attorea per circa 20 cm e per tutta la lunghezza del muro.
Ciò premesso Bianchi Silvio, Bianchi Anna Rosa e Verdi Gina chiedevano l’accoglimento delle sopra riportate conclusioni. All’udienza fissata per la comparizione delle parti si costituivano ritualmente i convenuti i quali contestavano quanto ex adverso dedotto e chiedevano l’accoglimento delle seguenti conclusioni:
1) ritenuta la costruzione del garage sul confine legittima sussistendo le condizioni di cui alle N.T.A del P.R.G del Comune di ** quanto a: destinazione, lunghezza rapportata a quella del confine, distanza dalla via pubblica ed altezza; preso atto dell’autorizzazione ex art. 15 legge n. 47 del 1985 richiesta in data 12.12.1994 e della lettera datata 14.12.1994 del Sindaco di ** che trasmette parere favorevole della Commissione Edilizia emesso il 13.12.1994; accertata l’insussistenza di alcuno sconfinamento della costruzione Rossi-Giannini nel fondo Bianchi-Verdi; respingersi la domanda possessoria.
2) con vittoria di spese diritti e onorari C.P.A. ed I.V.A in caso di resistenza.”
Disposta ctu il Pretore con ordinanza 17/11/1998 rigettava la richiesta degli attori e fissava l’udienza per la trattazione della causa nel merito.
A seguito dell’entrata in vigore del D. Lvo n. 51/98 la causa passava al Tribunale e quindi alla Sezione Stralcio
La causa veniva spedita a sentenza una prima volta all’udienza del 29/5/2002. Con ordinanza in data 8/8/2002 (dep. Il 17/9/2002) il G.O.A. rimetteva la causa in istruttoria.
Disposta la rinnovazione della consulenza la causa veniva da ultimo trattenuta per la decisione all’udienza del 30/11/2004 dopo l’applicazione del sottoscritto estensore alla Sezione Stralcio per la trattazione di alcuni procedimenti tra cui il presente.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va preliminarmente osservato che, pur essendo stata disposta la rinnovazione della ctu con riproposizione dell’originario quesito e aggiunta di un quesito ulteriore (v. verbale 11/12/2002), il consulente tecnico d’ufficio ha sostanzialmente interpretato il nuovo incarico come mero supplemento di consulenza. E’ significativo al riguardo quanto si legge nell’elaborato in data 9/12/2003 (depositato il 10/12/2003) ove testualmente il consulente dichiara che “la presente consulenza è in ampliamento ad altra del novembre 1997”.
Peraltro si deve ritenere che i consulenti di parte abbiano finito per prendere atto e quindi sostanzialmente riconoscere la validità dei rilievi e delle misurazioni effettuate nel corso della prima consulenza atteso che nessuna nuova attività del genere è stata richiesta al ctu neppure dal consulente di parte degli attori che aveva lamentato di non essere stato convocato dal ctu per assistere ai rilievi (si veda in particolare il verbale della riunione dei consulenti in data 26/2/2003 nel quale si legge tra l’altro: “si è preso atto della consulenza tecnica presentata a suo tempo dal ctu e dell’integrazione chiesta nel nuovo quesito”).
Si ritiene quindi che possano essere utilizzati i risultati dei rilievi e delle misurazioni della prima consulenza depositata il 22/1/1998 della quale peraltro esiste agli atti la sola copia semplice prodotta dalla difesa dei convenuti all’udienza del 13/11/2002.
Ciò premesso si osserva quanto segue.
Secondo l’orientamento giurisprudenziale prevalente, la violazione delle distanze legali nelle costruzioni integra una molestia al possesso del fondo finitimo contro la quale è data l’azione di manutenzione (da ultimo Cass. Civ. Sez. II 24/11/2003 n. 17868) perché, anche quando non ne comprime di fatto l’esercizio, importa tuttavia, automaticamente, una modificazione o una restrizione delle relative facoltà.
In altre parole, secondo l’orientamento giurisprudenziale prevalente, la violazione delle distanze legali concreta sempre un pregiudizio per il possessore finitimo, con la conseguenza che contro detta violazione quest’ultimo è incondizionatamente legittimato a reagire, senza che sia necessario accertare ciò che una pur autorevole dottrina configura come ulteriore condizione di manutenibilità: cioè che la violazione delle distanze legali abbia in concreto causato una restrizione del potere di fatto sulla cosa mediante privazione del possessore di alcune delle facoltà spettanti in relazione ad un effettivo possesso in atto.
Ciò premesso in generale ulteriormente si osserva quanto segue con riferimento al caso di specie.
In base alle N.T.A. del P.R.G. del Comune di ** (art. 43 punto 2 Zona B2 lettera g) “possono essere edificati in confine i garages di cui alla legge 122/89 a condizione che l’altezza lorda rispetto alla viabilità pubblica antistante la proprietà sia pari a ml. 2.70, non occupino più di 1/3 della lunghezza del confine e distino dalla pubblica via almeno ml. 6.00; queste costruzioni vengono considerate pertinenze quindi non computabili ai fini delle distanze tra gli edifici”.
Secondo la difesa dei convenuti la costruzione di cui si discute rispetterebbe tali prescrizioni di tal che sarebbero infondate le doglianze degli attori.
Tale tesi non può essere condivisa.
Non è provato anzitutto che, come sostenuto dai convenuti, il garage sia stato eretto a norma della legge n. 122/89 ed anzi gli elementi in atti depongono a favore della tesi contraria sostenuta sul punto dalla difesa degli attori. In particolare va sottolineato il fatto che, a norma dell’art. 9 comma secondo della citata legge, l’esecuzione delle opere era soggetta ad autorizzazione gratuita (e non a concessione come sostenuto dalla difesa dei convenuti) della quale nel caso di specie non v’è traccia. Del resto gli stessi attori nella richiesta al Sindaco di ** in data 26/1/1996 (prot. n. 331 del 27/1/1996 del Comune di **) affermano che trattasi di “autorimessa pertinenza della casa di civile abitazione a norma dell’art. 7 della L. 94/1982” (rectius dell’art. 7 del D.L. 23/1/82 n. 9 convertito con modificazioni in legge 25/3/1982 n. 94 che pure assoggettava ad autorizzazione gratuita le opere costituenti pertinenze).
In ogni caso, poi, la tesi dei convenuti non potrebbe essere accolta atteso che non sarebbe rispettata la prescrizione relativa all’altezza e quindi non sussisterebbero tutti i presupposti perché la costruzione de qua possa essere considerata legittimamente edificabile (presupposti che il Tribunale in sede di reclamo aveva demandato a questa sede di verificare).
In fatto – pacifico essendo che il nuovo fabbricato con destinazione di autorimessa ed oggetto di causa è da considerarsi a confine – è stato accertato che l’altezza esterna del garage è pari a ml. 3,10.
I convenuti hanno però rilevato che l’altezza interna della costruzione al grezzo è stata accertata nella misura di ml. 2,67.
Secondo la difesa dei convenuti tale altezza sarebbe legittima atteso che per il relativo calcolo dovrebbe trovare applicazione, in assenza di apposita normativa, il criterio di cui all’art. 32.4 delle N.T.A che fa riferimento all’intradosso del solaio dell’ultimo piano.
Tale tesi non può essere condivisa.
Anzitutto la norma richiamata dalla difesa dei convenuti fa riferimento non già semplicemente ai “fabbricati” ma ai “fabbricati residenziali”; comunque la norma relativa ai garage indica in modo espresso ed inequivocabile che l’altezza di ml 2,70 deve intendersi quale altezza “lorda”.
L’avvenuta oblazione ex art. 13 della legge n. 47/85 è del tutto irrilevante atteso che non incide in alcun modo sui rapporti tra il privato costruttore e i vicini confinanti (Cass. Civ. Sez. II 25/7/1992 n. 8994).
Il ctu ha ritenuto di concludere che “non vi è violazione della distanza dei garage o pertinenze dai confini non essendo area prospettante sedi viarie o spazi aperti al pubblico”.
E’ chiaro il riferimento alla lettera e) dello stesso punto 2 zona B2 dell’art. 43 delle N.T.A secondo cui “la distanza dai confini non prospettanti sedi viarie o spazi aperti al pubblico è di ml. 5.00, minimo fanno eccezione i garages e le pertinenze”.
Se però dovesse condividersi la tesi del ctu non avrebbe alcun senso la norma di cui si discute che fa esplicito riferimento ai garages di cui alla legge n. 122/89 e solo a quelli.
In fatto è parimenti provato anche lo sconfinamento del dado di fondazione della nuova costruzione del muro di fabbrica della rimessa Rossi verso la proprietà degli attori.
Sussiste pertanto la lamentata turbativa dedotta dagli attori col ricorso introduttivo col quale, in difetto di espresso riferimento all’art. 1170 c.c., si deve ritenere che si sia inteso esercitare azione di manutenzione. Si deve solo dare atto che, a seguito dell’intervento attuato dai convenuti, è venuta meno nelle more la prospicienza delle costruzioni pure dedotta nel ricorso introduttivo.
Quanto all’animus turbandi va ricordato, in primo luogo, che esso non è escluso dall’ottenimento da parte dell’autore della turbativa della concessione edilizia rilasciata con salvezza dei diritti dei terzi (Cass. Civ. Sez. II 12/11/1998 n. 114040) ed ancora che, nell’azione di manutenzione, l’elemento psichico consiste nella volontarietà del fatto compiuto a detrimento dell’altrui possesso e deve pertanto presumersi ogni volta che si dimostrino gli estremi della turbativa, restando irrilevante anche l’eventuale convincimento dell’autore del fatto di esercitare un proprio diritto (con specifico riferimento alla violazione delle distanze nelle costruzioni Cass. Civ., Sez. I, 15/10/1994 n. 8417).
Come ha avuto modo di statuire la Suprema Corte, il Giudice, ove riconosca fondata l’azione di manutenzione, ha il potere dovere di ordinare la distruzione dell’opera mediante la quale sia stata arrecata la denunciata molestia, derivandone, in mancanza, che la lamentata turbativa, anziché essere eliminata continuerebbe a produrre i suoi effetti (Cass. Civ. Sez. II 7/8/1990 n. 7978).
Si deve quindi revocare l’ordinanza in data 17/11/1998 e ordinare ai convenuti di demolire il fabbricato con destinazione autorimessa edificato in confine con le ragioni degli attori nella parte posta a meno di 5 metri dal confine stesso nonché di eliminare lo sconfinamento nelle ragioni degli attori del dado di fondazione della nuova costruzione del muro di fabbrica della rimessa e ciò nel termine di giorni sessanta dal passaggio in giudicato della presente sentenza.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in € 6.560,01 di cui € 403,38 per esborsi, € 1.672,56 per diritti, € 3.800,00 per onorari, € 684,07 per rimborso spese generali oltre a quanto dovuto per legge.
Le spese di entrambe le ctu come liquidate vanno definitivamente poste a carico dei convenuti.
P.Q.M.
Il Tribunale ogni contraria istanza eccezione e deduzione disattesa così provvede:
1) Ordina la demolizione del fabbricato con destinazione autorimessa edificato da Rossi Vittorio e Giannini Franca in confine con le regioni degli attori e per cui è causa nella parte posta a meno di 5 metri dal confine stesso;
2) Ordina a Rossi Vittorio e Giannini Franca di eliminare lo sconfinamento nelle ragioni degli attori del dado di fondazione della nuova costruzione del muro di fabbrica della rimessa per cui è causa;
3) Dispone che alle opere di cui sub 1 e 2 si provveda a cura e spese dei convenuti nel termine di giorni sessanta dal passaggio in giudicato della presente sentenza;
4) Condanna i convenuti in solido alla rifusione delle spese del giudizio che liquida in € 6.560,01 di cui € 403,38 per esborsi, € 1.672,56 per diritti, € 3.800,00 per onorari, € 684,07 per rimborso spese generali oltre a quanto dovuto per legge;
5) Pone definitivamente le spese delle ctu come liquidate a carico dei convenuti in solido.