Difesa personale innanzi al G.di P: Diritto dellAvvocato alla liquidazione delle spese.

di | 9 Luglio 2004

Nei giudizi in cui è consentito alla parte la difesa personale, è onere della parte stessa, che riveste anche la qualità di avvocato, specificare a che titolo intenda partecipare al processo, poiché, mentre la parte che sta in giudizio personalmente non può chiedere il rimborso delle spese vive sopportate, il legale, ove manifesti, appunto, l'intenzione di operare come difensore di sè medesimo ex art.86 c.p.c., ha diritto alla liquidazione delle spese secondo la tariffa professionale.
(Corte di Cassazione, Sez. 1, Sentenza n. 12680 del 09/07/2004)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Carlo Russo, in giudizio personalmente, proponeva opposizione ex. art. 22 l.s. 689/81 avverso l'avviso di mora nel pagamento di cartella esattoriale emessa dal Montepaschi Seit su ruolo del Comune di Palermo, per trasgressione al codice della strada accertata con p.v.a. 19.05.94. Sosteneva l'opponente di non aver ricevuto notifica nè del p.v.a. ne' della cartella esattoriale ed eccepiva la prescrizione del diritto di credito del Comune. Con sentenza 23/27.01.01 il giudice di pace di Palermo, rilevato che il Comune, a seguito della opposizione, aveva provveduto al discarico del credito, dichiarava la cessazione della materia del contendere. Nel valutare la soccombenza virtuale, ai fini delle spese, il giudice rilevava che il credito non risultava prescritto (non essendo decorso un quinquennio tra la data della infrazione – 12.05.94 – e quella della iscrizione a ruolo, del febbraio 1999) ma la mancata notifica del p.v.a. determinava la soccombenza del Comune. Peraltro, poiché il Russo si era difeso personalmente, non poteva ottenere che il rimborso delle spese vive, non liquidabili perché non documentate.

In conseguenza, compensava le spese. Ricorre, con atto notificato al Comune di Palermo il 15.01.02 Carlo Russo, sostenendo che il credito era prescritto in quanto l'omessa notifica della cartella esattoriale (che non era ne' nelle possibilità ne' nell'onere del ricorrente dimostrare) spostava il termine finale alla data di notifica dell'avviso di mora, avvenuta il 19.10.00; sostenendo, inoltre che, essendosi costituito ai sensi dell'art. 86 c.p.c., gli spettavano le spese di causa. Censurava, pertanto, la disposta compensazione per violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. e comunque per vizio di motivazione.

Resiste il Comune di Palermo sostenendo che l'avv. Russo non provvide alla propria difesa personale ai sensi dell'art. 86 c.p.c., ma agì in giudizio personalmente, come consentitogli dall'art. 23 l.s. 689/81; che il contraddittorio era incompleto, non essendo stato convenuto il Concessionario del servizio al quale spettava di notificare la cartella esattoriale – e della cui notifica, quindi, il Comune non poteva fornire la prova -; del resto, il discarico da parte del Corpo di polizia municipale era stato troppo affrettato, in quanto, nei riguardi del notificante, la notifica del p.v.a. per compiuta giacenza era valida, mentre, a seguito della decisione 346/98 della Corte Costituzionale, non si era perfezionata la notifica nei confronti del destinatario.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il Comune deduce, nel controricorso, il difetto di integrità del contraddittorio perché al giudizio non ha partecipato il concessionario del servizio di riscossione, rilevando che tale mancata partecipazione ha impedito di provare l'avvenuta notifica della cartella esattoriale, in quanto attività propria del concessionario e non del Comune.

Il difetto di integrità del contraddittorio che, in quanto rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado, va accertato d'ufficio, non sussiste: il giudice di pace ha ritenuto che il p.v.a. non fosse stato validamente notificato; in conseguenza, risulta validamente proposta la opposizione dinanzi al giudice di pace e nei confronti del solo Comune, dal momento che l'azione proposta integrava la opposizione ex artt. 205 d. lgs. 285/92 in relazione all'art. 22 l.s. 689/81 e la notifica del p.v.a. costituiva attività propria del Comune e non del concessionario (S.U. 562/00; Cass. 15499/01).

E, avendo il giudice di pace, in accoglimento del primo dei motivi di opposizione, ritenuto che il diritto di credito del Comune non sussisteva, non ha interesse il ricorrente a sostenere – sempre ai fini della soccombenza virtuale – che il diritto di credito sussisteva, ma si era prescritto.

Ugualmente infondato è il secondo assunto. Poiché l'art. 82 c.p.c. consente alla parte di stare in giudizio personalmente, ove il valore della lite sia inferiore a L. 1.000.000, dinanzi al giudice di pace e l'art. 23 l.s. 689/81 consente alla parte privata opponente di stare in giudizio personalmente, senza limite ne' per giudice adito ne' per valore, l'avvocato che sia opponente in proprio deve chiarire che intende fruire della difesa personale, secondo le previsioni dell'art. 86 c.p.c..

In sintesi, la difesa personale della parte, ai sensi dell'art. 86 c.p.c., comporta: 1) il possesso della qualità necessaria ad esercitare l'ufficio di difensore presso il giudice adito; 2) la spendita di tale qualità, affinché giudice e controparte siano informata della scelta effettuata in tal senso dall'opponente. La differente veste ha differenti ricadute non solo sulla disciplina processuale – perché, ad esempio, agli effetti dell'art. 170 c.p.c. in relazione all'art. 58 disp. att. c.p.c. ed all'art. 82 r.d. 37/1934, la parte che si difende personalmente deve (art. 22.4 l.s. 689/81; art. 58 disp. att. c.p.c.) dichiarare od eleggere il proprio domicilio nel comune ove ha sede il giudice adito, mentre il legale che effettua la difesa personale è tenuto a farlo solo se opera al di fuori della circoscrizione di appartenenza (art. 82 r.d. 37/1934) mentre è sufficiente, altrimenti, il suo domicilio professionale (Cass. 9394/02; 5635/02) – non solo sul piano fiscale, ma anche – per quanto qui interessa – sulla disciplina delle spese processuali, perché mentre la parte che sta in giudizio di persona non può richiedere che il rimborso delle spese vive sopportate, il legale, ove manifesti la sua intenzione di operare come difensore di se medesimo ai sensi dell'art. 86 c.p.c., ha diritto alla liquidazione delle spese secondo la tariffa professionale (Cass. 691/94).

Pertanto, se è vero che la discrezionalità del giudice del merito nel compensare le spese di lite senza obbligo di motivazione, pur ripetutamente affermata, deve essere intesa come esonero dall'obbligo di motivazione specifica – e si giustifica con il carattere accessorio della pronuncia, che trova quindi nella decisione della lite le proprie, implicite, ragioni (Cass. 4455/99) – e se non è controverso che il controllo deve comunque essere ammesso ove i motivi di compensazione vengano specificamente indicati (8210/03; 633/03; 1898/02; 5976/01), spetta però al ricorrente dimostrare che i motivi addotti in sentenza sono illegittimi od erronei. Nel caso, il ricorrente considera dato pacifico la propria partecipazione al giudizio ai sensi dell'art. 86 c.p.c., come difensore di se medesimo e ne trae la conseguenza che il giudice illegittimamente ha negato il diritto ad onorari e competenze.

L'assunto è però indimostrato, non trovando conforto nella sentenza, perché l'espressione "difeso personalmente" che figura nell'intestazione del provvedimento viene usata nel senso dello stare in giudizio personalmente, come risulta chiarito, in motivazione, dall'affermazione che "pur essendo il ricorrente avvocato, egli si difende personalmente": il rifiuto di applicazione della tariffa professionale è, quindi, del tutto coerente e legittimo.

Si può aggiungere che non trova conforto neppure nel ricorso introduttivo della lite perché ivi il ricorrente si identifica come "sottoscritto avv. Carlo Russo, res. in Palermo, via Ponte di Mare 91" e conclude "con vittoria di spese e di compensi, anche alla luce di quanto statuito dalla S.C. Cass. con l'acclusa sentenza 5.5.99 n. 44555". Il ricorrente avrebbe dovuto invece censurare e motivare l'errore processuale in cui riteneva che il giudice di pace fosse incorso, laddove la censura proposta, di vizio di motivazione e conseguente violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. è inidonea allo scopo.

Spese compensate.

P.Q.M.

dichiara il ricorso inammissibile; compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 12 marzo 2004.

Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2004

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