Inquinamento elettromagnetico: se si superano i limiti va risarcito danno alla salute

di | 7 Ottobre 2004
Al di là dei limiti consentiti è risarcibile non solo il danno alla salute ma anche la svalutazione che subisce l’appartamento sottoposto alle onde nocive.
Ad affermarlo è stata la I sezione civile del Tribunale di Modena nella sentenza 1430/04.

Svolgimento del processo
1. Con atto di citazione in data 28 dicembre 1999, notificato il 30 dicembre 1999, Lorenza Zini, Giorgio Zini, Olga Panini convenivano in giudizio la società Enel Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, per sentire condannare la società Enel Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, a cessare immissioni elettromagnetiche intollerabili, disponendo che la condotta elettrica che sovrasta l’abitazione degli attori venisse trasferita altrove a spese e cura dell’ente convenuto, nonché sentire condannare lo stesso ente convenuto al risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali, compreso il deprezzamento economico della limitrofa proprietà degli attori; ovvero, in subordine, sentire condannare l’Enel Spa, a corrispondere agli attori un equo indennizzo per il deprezzamento conseguente subito dall’intera proprietà e per l’aggravio di servitù di elettrodotto.
2. Con comparsa ritualmente depositata, in data 15 marzo 2000 si costituiva in giudizio la Enel Spa, la quale chiedeva la reiezione delle domande proposte dagli attori.
In data 13 ottobre 2001 veniva introdotto dagli attori, in corso di causa, procedimento d’urgenza ai sensi dell’articolo 700 Cpc stante il protrarsi dei disturbi fisici lamentati dall’attrice Zini Lorenza, che si erano ulteriormente aggravati con conseguente interruzione della gravidanza.
La società Enel Spa si costitutiva con memoria difensiva con la quale chiedeva di respingere il ricorso perché infondato in fatto e in diritto, non ricorrendo nel caso di specie requisiti richiesti dall’articolo 700 Cp.
All’esito della comparizione delle parti, con ordinanza in data 24 gennaio 2002 il Giudice istruttore rigettava il ricorso cautelare sulla base delle considerazioni contenute nel provvedimento che di seguito si riporta per esteso.
«[Omissis]
osservato che:
per quanto concerne la tutela della salute, non sussiste l’apparente fondatezza, anche a seguito della delibazione necessariamente sommaria della presente cognizione cautelare, della pretesa da farsi valere nel successivo giudizio, in quanto:
– nessuna prova é stata fornita in ordine alla violazione di regole preventive e tecniche nella costruzione degli impianti, tale da comportare pericolo di emissioni imprevedibililmente diverse da quelle per le quali sono state effettuate misurazioni;
– il danno temuto si può, dunque, ragionevolmente fondare soltanto sulla nocività in sé e per sé, ed a prescindere dalla loro entità, dei campi magnetici prodotti dall’elettrodotto in funzione, in zona prossima agli impianti;
– la valutazione della nocività alla salute dei soggetti residenti nelle vicinanze degli impianti richiede l’apprezzamento della possibilità di lesione del diritto di salute dei predetti, in considerazione della nocività della vicinanza costante ai campi magnetici prodotti da impianti elettrici, ben nota sia al legislatore nazionale ed internazionale che alla giurisprudenza, ma ciò non é conseguenza automatica della semplice situazione di contiguità Spaziale con qualunque campo magnetico, dovendosene valutare le caratteristiche, ed a tal fine sono fissati i noti limiti normativi;
– risultano nel caso di specie rispettati i limiti imposti dalla normativa di settore (Dpcm 100/92 microtesla), come si ricava sia dalla relazione Arpa del 1998 che dalle misurazioni effettuate dal consulente di parte ricorrente; viceversa risultano superati i limiti, grandemente inferiori, fissati dalla normativa regionale relativa ai valori previsti per la realizzazione di nuovi impianti elettrici in luoghi destinati a permanenza prolungata di persone (legge Regione Emilia Romagna 30/2000 e deliberazione della Giunta Regionale 197/01: 0,2 microtesla), che appunto individua come valore di cautela quello di 0,5 microtesla e come obiettivo di qualità da raggiungere quello di 0,2 microtesla;
– è vero che i limiti imposti dalla normativa statale di settore non possono essere ritenuti esaustivi della tutela della salute e non è precluso l’intervento giudiziario ove l’effetto nocivo per la salute risulti provato anche per valori diversi da quelli normativamente previsti;
– tuttavia, in assenza di superamento dei limiti normativi, la dedotta nocività deve essere oggetto di effettivo accertamento, dovendo il giudizio di pericolosità dell’esposizione essere fondato, quanto meno, su una situazione di probabilità od apprezzabile possibilità sul piano causale, se non altro per la necessità di determinare il grado di normale tollerabilità e la soglia di intollerabilità dell’immissione elettromagnetica;
– d’altra parte, anche in sede penale, in assenza di prova certa circa l’effettiva nocività, si esclude la configurabilità del reato di cui all’articolo 674 Cp;
– in caso, poi, di rilevante discrepanza tra i limiti posti da due diverse normative (a prescindere dalla loro diversa collocazione sul piano delle fonti del diritto), di epoche diverse e con oggetto e finalità diverse, assume particolare rilievo l’accertamento concreto della nocività dell’esposizione, posto che il livello di assoluta cautela, tale cioè da escludere ogni effetto rilevante per l’organismo e quindi la salute umana, è nozione diversa dal livello di non nocività per l’organismo stesso, come dimostrato dalla stessa rilevante differenza di soglia di rilevanza tra le due normative, per cui, ai fini della determinazione della normale tollerabilità di cui al dettato normativo, non può prescindersi da un’indagine attendibile sul nesso causale rispetto all’evento temuto, in relazione ai due valori così diversi;
– nel caso di specie, non risultando superati i limiti normativi statali, e mancando un effettivo accertamento della pericolosità nel caso concreto, deve ritenersi allo stato insussistente (salvo sempre la possibilità di rigorosa prova contraria) il pregiudizio temuto, per la ragionevole innocuità della collocazione e dell’esercizio degli impianti (che, non essendo di nuova costruzione, non rientrano nella previsione della normativa regionale);
– dunque, pur non essendo affatto escluso che a diversa conclusione possa giungersi nell’ambito del processo di merito, all’esito di approfondimenti da esperirsi propriamente nell’indicata sede, il procedimento urgente introdotto ai sensi dell’articolo 700 Cpc non è, quindi, ammissibile in quanto, a prescindere dalla sussistenza di altri requisiti (come un pregiudizio imminente ed irreparabile), non sussiste il requisito dell’apprezzabile fondatezza della pretesa di cui é richiesta tutela cautelare (cosiddetto fumus boni juris), ed il ricorso non può, quindi, trovare accoglimento per insussistenza di un presupposto essenziale; [Omissis]».
Pertanto, nella sede cautelare in corso di causa è stata negata tutela per l’assenza di prova circa l’effettiva nocività delle immissioni, prova per l’acquisizione della quale era necessario compiere la lunga e complessa istruttoria che è stata svolta nel corso del giudizio di merito.
Avverso la suddetta ordinanza veniva proposto in data 15 febbraio 2002 reclamo ai sensi dell’articolo 669terdecies Cpc, poi rigettato dal Collegio in data 27 febbraio 2002 per mancanza di prova in merito al requisito del fumus boni iuris.
3. La causa veniva istruita mediante acquisizione della documentazione prodotta ed espletamento di consulenza tecnica d’ufficio.
All’udienza del 12 febbraio 2004 venivano, quindi, precisate le conclusioni sopra trascritte, con i termini indicati in epigrafe per il deposito di conclusionali e memorie di replica.

Motivi della decisione
1. In estrema sintesi, parte attrice lamenta che dall’elettrodotto posizionato sopra la propria abitazione provengono immissioni elettromagnetiche nocive; ha, quindi, chiesto l’emissione dei provvedimenti necessari per la cessazione delle immissioni stesse o quantomeno per la loro riduzione entro i limiti della tollerabilità; inoltre, ha chiesto il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti, da liquidarsi in separato giudizio; ha, pertanto, richiamato le norme di cui agli articoli 844 e 2043 e segg. Cc.
2. La giurisprudenza di merito ha affrontato da lungo tempo la materia delle immissioni nocive per la salute e vi sono state numerose pronunce pretorili e di Tribunale che hanno concesso, ad esempio, l’inibitoria di immissioni ai sensi dell’articolo 700 Cpc, a tutela del diritto alla salute dei proprietari o dei titolari di un diritto di godimento su fondi contigui a fonti di immissioni ai sensi dell’articolo 844 Cpc (cfr. Pret. Monza 15 giugno 1976; Pret. Vigevano 6 aprile 1978 e 22 marzo 1985; Pret. Thiene 13 ottobre 1984, Pret. Verona 29 settembre 1984, Pret. Castrovillari 16 febbraio 1991; Pret. Milano, 18 febbraio 1993, in: Arch. locazioni 1994, 391).
Già in queste pronunce era presente il riconoscimento di un’autonoma azione inibitoria a tutela del diritto alla salute inteso quale diritto della personalità fondato sull’articolo 32 Costituzione e, quindi, l’esperibilità dell’azione inibitoria come rimedio preventivo generale a tutela di tutti i diritti assoluti. Anche la Corte di cassazione è giunta da tempo al riconoscimento del diritto alla salute come diritto tutelabile in via immediata ad iniziativa degli interessati ed autonomamente (cfr. Cassazione 1463/79; 5172/79; 4523/84; 1130/85) prima che la Corte costituzionale con la sentenza 184/86 tracciasse le linee maestre dell’inquadramento costituzionale della materia, e successivamente l’indirizzo non è più stato abbandonato. La giurisprudenza si è particolarmente sviluppata in riferimento alle immissioni sonore, per le quali si sono raggiunti già da tempo alcuni risultati più o meno unanimemente riconosciuti ed utilizzati dal diritto vivente.
Diverso è stato il percorso giurisprudenziale di tutela delle immissioni elettromagnetiche, per le incertezze scientifiche della materia di specie.
3. Tuttavia, la giurisprudenza ha raggiunto alcune acquisizioni comuni all’intero campo della tutela dalle immissioni nocive. In particolare, è stato osservato che il bene salute deve ritenersi comprensivo non solo dell’incolumità fisica ma anche del benessere psichico dell’individuo e di tutto ciò che vale a costituire la “qualità” stessa della vita, intesa come esaustiva realizzazione della persona umana nella totalità e globalità delle sue manifestazioni e dei suoi valori.
Inoltre, l’evoluzione delle conoscenze scientifiche consente il continuo aggiornamento dell’ambito di operatività dell’articolo 844 Cc, che, pertanto, oggi non va riferito esclusivamente alle immissioni immediatamente avvertibili su un piano “organolettico”, con i cinque sensi dell’essere umano, ma comprende anche quelle immissioni che, seppur non percepibili come sopra indicato, ma scientificamente note e strumentalmente rilevabili, sono idonee comunque, anche solo in prospettiva (purché reale, e non solo putativa), in termini di semplice rischio e non già di vulnus, ad influire in modo lesivo sull’organismo umano (cfr., ad es., Trib. Como, 30 novembre 2001, in: Giur. mer. ‘02, 1270). Ad esempio, non potrebbe disconoscersi la potenzialità nociva di un’esposizione rilevante ad emissioni di elementi radioattivi, seppur percepibili soltanto in via strumentale, essendo questo fenomeno ormai entrato, in certa misura, nell’ambito del comune patrimonio di conoscenze; per altre categorie di immissioni occorre, ovviamente, un ausilio scientifico. In termini giuridici, comunque, quanto sopra si traduce nel rilievo che le immissioni di onde elettromagnetiche rientrano nel campo di applicabilità dell’articolo 844 Cc in quanto il concetto di “simili propagazioni” non può essere ristretto alle sole immissioni immediatamente avvertibili dall’essere umano con i cinque sensi.
4. Le immissioni intollerabili di onde (siano esse sonore o d’altra natura) portano all’attenzione il fenomeno immissivo non già per le lesioni organiche che possano, in ipotesi, provocare immediatamente nell’organismo umano, ma proprio per la capacità di talune immissioni di alterare l’equilibrio della persona, intesa come tale nella sua interezza e nella complessità delle dinamiche proprie di un organismo biologico, cioè come soggetto teso a realizzare, come d’ordinario, le sue funzioni psichiche, ed ad espletare le attività rispondenti all’esercizio delle sue qualità soggettive e sociali, fino ad apprestare tutela anche alla lesione di beni come la serenità personale dell’individuo, ossia all’alterazione del benessere psico-fisico, dei normali ritmi di vita che si riflettono sulla tranquillità personale del soggetto danneggiato.
Le immissioni intollerabili di onde, inoltre, pongono il problema degli effetti a lunga scadenza (o latenza) per l’organismo umano, e portano in primo piano la rilevanza della distinzione tra “integrità fisica dell’individuo” ed una nozione più estesa del bene “salute”, comprendente il benessere psichico, la qualità della vita, anche di relazione, ed i valori della persona, beni la cui lesione può integrare danno illecito, ed alla sua salute, anche in assenza di lesioni immediatamente obiettivabili.
Come già rilevato, qui viene in rilievo una nozione di danno biologico che prescinde dalla effettiva sussistenza di menomazioni organiche dell’integrità psicofisica della persona umana e riguarda, invece, la compromissione della salute nel lato senso sopra indicato; in sintesi, comprensivo di tutte le potenzialità dell’integrità psicofisica, del normale esercizio, cioè, delle qualità del soggetto, tanto che l’intollerabilità delle immissioni che abbiano un effetto accertato sull’organismo umano nei sensi sopra indicati, non può che considerarsi una fattispecie produttiva del danno alla salute.
5. Occorre, quindi, verificare la ricorrenza nel caso di specie dei requisiti indispensabili per l’accoglimento della domanda.
Quanto al pericolo di danno alla salute occorre, anzitutto, esaminare il concetto di “normale tollerabilità” dell’immissione.
La Corte di cassazione in alcune occasioni (cfr. ad es. Cassazione, Sezione seconda, 38/1978) ha affermato che la valutazione della normale tollerabilità va fatta secondo indici oggettivi.
Ove poi, come nel caso di specie, l’entità delle immissioni muti nell’arco della giornata, la valutazione andrà condotta con riferimento sia agli effetti complessivi dell’esposizione, in relazione alla durata della stessa, che in riferimento alle potenzialità lesive dei valori massimi di intensità, per quanto di breve durata.
Ciò posto, deve, quindi, stabilirsi se può fondatamente ritenersi che l’immissione in questione sia intollerabile, ad a tal fine occorre individuare un limite oltre il quale l’immissione assume tale connotazione.
6. Nel far ciò va, in primo luogo, ribadito il criterio ermeneutico e di giudizio ormai consolidato in giurisprudenza (si veda in particolare la giurisprudenza penale in tema di inquinamenti, in particolare idrici, e quella civile in tema di immissioni sonore) secondo cui l’emanazione di standards normativi (nella specie, cfr. il Dpcm 100/02 microtesla, e Dpcm 10/2003 microtesla come soglia di attenzione) pone un limite di “accettabilità” dell’immissione che deve indubbiamente essere tenuto presente nella valutazione concreta della tollerabilità delle immissioni agli effetti dell’articolo 844 Cc, ma che l’atto normativo, in tal caso, non può precludere una valutazione in concreto di intollerabilità, atteso anche che l’integrità della persona ed il bene primario della salute non possono essere valutati in termini esclusivamente fisici e materialmente constatabili in modo universale e differenziato. D’altra parte un diritto primario della personalità non può, comunque, essere inciso negativamente da una disposizione normativa secondaria, d’ordine regolamentare; inoltre, nel caso di specie, detta normativa persegue finalità di carattere pubblico ed opera nei rapporti fra i privati e la Pubblica amministrazione, essendo destinata a fissare <> (cfr. articolo 4, 2° comma, lett. a) della legge 36/2001), e perciò le disposizioni in essa contenute né escludono l’applicabilità dell’articolo 844 Cc nei rapporti tra i privati proprietari di fondi vicini, né limitano la portata degli articoli 2043 e segg. Cc.
In particolare, si ritiene che anche i limiti previsti dal Dpcm 8 luglio 2003 non possano modificare il quadro giuridico di cui agli articoli 844 Cc e 2043 Cc, direttamente riconducibili all’articolo 32 Costituzione, per cui il superamento della soglia di intollerabilità è da accertarsi in concreto ad opera del giudice, in relazione ad un determinato effetto immissivo. Pertanto, non determinano nemmeno alcuna cessazione della materia del contendere, come sostenuto da parte convenuta.
L’orientamento espresso, peraltro, è, come già accennato, conforme ad un consolidato orientamento in materia di inquinamento idrico, per il quale è stato a suo tempo chiarito che l’osservanza dei limiti di cui alle normative pubblicistiche di tutela delle acque non vale ad escludere, di per sé, il giudizio circa l’intollerabilità ed illiceità della immissioni inquinanti (Cassazione, Su 4633/86; per la materia della tollerabilità delle immissioni rumorose nei rapporti tra privati si veda, ad es., Cassazione, Sezione terza, 915/99 e Cassazione, Sezione seconda, 5697/01).
7. Premesso quanto sopra, la giurisprudenza di merito e di legittimità non hanno ancora individuato in modo definitivo un limite obiettivo oltre il quale ritenere eccedenti la normale tollerabilità le immissioni elettromagnetiche; un precedente di merito particolarmente pertinente al caso di specie è, comunque, quello del Tribunale di Como, citato dalle parti, secondo cui le immissioni di onde elettromagnetiche prodotte da un elettrodotto sono intollerabili ai sensi dell’articolo 844 Cc quando superano il parametro di 0,3 – 0,4 microtesla di campo magnetico (Trib. Como, 30 novembre 2001 e 22 gennaio 2002, in: Riv. giur. ambiente 2002, 576 e in: Giur. merito 2002, 1270), sicché la rilevazione di campi elettromagnetici originati da elettrodotti di intensità superiori a quelle indicate (precisamente, 0,3 microtesla), giustifica l’intervento dell’autorità giudiziaria ai sensi dell’articolo 844 Cc, volto ad ordinare le misure tecnicamente idonee per la riconduzione del rischio a livelli di normalità.
Detta pronuncia integra certamente un utile punto di confronto e di riferimento. La questione, comunque, è stata oggetto di specifico approfondimento da parte dei consulenti tecnici nominati, che hanno rimesso al Giudice istruttore un elaborato di solide basi scientifiche, di grandi rigore logico ed obiettività, e di indubbio spessore tecnico, con il complessivo risultato di fornire un ausilio scientifico che merita piena adesione ed affidamento, non superato dalle controdeduzioni tecniche di parte. Significativa, come si vedrà, è la conclusione a cui si perviene quanto alla soglia di pericolosità in microtesla, sostanzialmente omogenea a quella indicata nel precedente del Tribunale di Como sopra menzionato.
Ai consulenti era stato posto il seguente quesito:
1. se, tenuto conto della distanza tra l’elettrodotto in oggetto e le abitazioni degli attori, il livello di esposizione a campo elettromagnetico generato dal passaggio di energia sia capace di creare pregiudizio alla salute degli stessi, specificando, per quanto possibile, in che misura e in relazione a quali conseguenze;
2. se del caso, illustrino e specifichino le differenze di pericolo per la salute in relazione all’età delle persone, distinguendo tra adulti e bambini e, in particolare, la fase prenatale;
3. se il predetto livello di esposizione a campo elettromagnetico abbia avuto, in considerazione anche della durata ed intensità della esposizione, efficacia causale in relazione agli episodi abortivi relativi alla persona dell’attrice Lorenza Zini;
4. in caso di accertamento di pericolo per la salute, quali siano le precauzioni e gli interventi idonei ad eliminare, al di là di ogni ragionevole dubbio in considerazione delle attuali conoscenze, i rischi per la salute in riferimento al tipo di impianto in oggetto.
8. La consulenza si compone, anzitutto, di un’ampia parte introduttiva che, pur costituendo un riassunto delle conoscenze scientifiche attuali in materia in campo internazionale, consiste in un’ampia disamina della letteratura specialistica, considerato che il numero di lavori pubblicati sull’argomento è “largamente superiore al migliaio”. La consulenza, anzitutto, dà doverosamente e consapevolmente atto dell’assenza, allo stato attuale delle conoscenze, di conclusioni indiscutibili nella presente materia nell’ambito scientifico, rilevando che: <>. Quindi, procede, con metodo assolutamente condivisibile, a: «…riportare le conclusioni di recenti rassegne della letteratura scientifica condotte da autorevoli gruppi di esperti quali lo Standing Committee on Epidemiology dell’Icnirp (Icnirp, 2001) o l’Advisory Group on Non-ionising Radiation del National Radiological Protection Board britannico, coordinato da Richard Doll (Nrpb, 2001a), ed alcuni studi epidemiologici pubblicati successivamente alla stesura di tali testi; vengono inoltre riportate le posizioni ufficiali recentemente assunte da alcune e prestigiose istituzioni, quale la Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms)».
Dapprima la consulenza esamina gli effetti cancerogeni su adulti e bambini, confermando, in sintesi, la classificazione (della Iarc) dell’esposizione a campi magnetici Elf come “possibile cancerogeno”, con effetti accertati, in particolare, per la popolazione infantile per quanto riguarda una specifica forma tumorale, ovvero la leucemia infantile.
Secondo la consulenza i dati epidemiologici permettono anche di ipotizzare che tale rischio non sia genericamente insito nella esposizione ambientale, indipendentemente dal livello di campo, ma sia sostanzialmente limitato alla popolazione infantile con esposizioni maggiori di 0.3-0.4 µT (corrispondente ad una quota relativamente limitata della popolazione generale, inferiore all’1%).
Inoltre, sempre in base ai dati epidemiologici, è anche possibile stimare la entità presumibile del rischio di sviluppare leucemia infantile connesso con la esposizione a livelli di campo magnetico superiori a 0.4 µT: il Rischio Relativo associato a tale esposizione è di 2 (Intervallo di Confidenza 1.24–3.13), pertanto si può concludere che un bimbo che vive in un ambiente tale da indurre livelli ponderati di campo superiori a 0.4 µT ha un rischio doppio di leucemia infantile rispetto ad un bambino che vive in un ambiente caratterizzato da una esposizione inferiore (ovvero la grande maggioranza della popolazione nel nostro Paese).
Quindi, la consulenza esamina gli effetti sulla gravidanza, con specifico riferimento alle relazioni fra esposizione in gravidanza a campi magnetici e aborto spontaneo, rilevando che alcuni lavori scientifici <>, e che, quindi, pur non essendo ancora possibile formulare un vero e proprio giudizio in termini di nesso causale tra esposizione a campi magnetici Elf ed abortività, «tuttavia i dati certamente rafforzano l’ipotesi di una possibile relazione, e giustificano la necessità di una adeguata attenzione a questo problema».
Su questo punto occorre precisare che, quando la consulenza afferma che non si può ancora formulare un giudizio in termini di nesso di causalità, significa che non è stata affermata la certezza scientifica del nesso causale, come effetto indiscutibilmente acclarato, secondo una successione fattuale invariabile. In termini di causalità giuridica, peraltro, com’è noto, il concetto a cui fare riferimento non è la causalità scientifica ma la causalità logica, che tiene conto anche della possibilità, e di un apprezzabile grado di possibilità, e degli altri elementi del convincimento.
Successivamente, la consulenza esamina gli effetti neurocomportamentali, le patologie neurodegenerative e le patologie psichiatriche. Questa parte dell’elaborato è particolarmente interessante ai fini sopra menzionati ai punti 3. e 4., in quanto vi si segnala che <> in diversi studi; cioè, in altri termini, che i campi Elf possono essere percepiti dall’uomo anche al di fuori di una esperienza sensoriale classica, e che, pur non essendovi conclusioni definitive su questi effetti, l’insieme di fenomeni oggetto di approfondimento è, di per sé, significativo: si va dai sintomi depressivi alla cefalea, da alterazioni neurocomportamentali e psichiatrici a problemi di memoria, da un’incidenza su alcune patologie neurovegetative (principalmente Sclerosi Laterale Amiotrofica e malattia di Alzheimer) ad un’accresciuta frequenza di suicidi. Viene poi fornita una significativa tabella dei disturbi lamentati dalle persone che riferiscono “ipersensibilità ai campi elettromagnetici” (e che riguardano principalmente i sistemi nervoso e cardiovascolare e l’apparato cutaneo), che viene qui riportata.
TABELLA 1 (da Gobba 2002)
descrizione delle principali caratteristiche della
“ipersensibilita’ ai campi elettromagnetici”
? Casi sono stati segnalati in numerosi paesi europei, inclusa l’Italia, negli stati uniti ed in alcuni paesi asiatici;
? I sintomi vengono riferiti alla vicinanza con linee elettriche, varie apparecchiature elettriche, apparati per le trasmissioni, ecc.;
? Non sembra avere particolari predilezioni di età; più spesso sono interessate persone di sesso femminile, con grado di istruzione medio-alta, e con una buona attenzione alle proprie condizioni di salute;
? I sintomi lamentati più di frequente risultano essere:
1. Astenia anche intensa, apatia, difficoltà nell’elaborazione del pensiero;
2. Disturbi del sonno o del ritmo sonno-veglia;
3. Astenia muscolare, specie alle gambe;
4. Disestesie di vario tipo, talvolta non ben definibili, specie alle estremità;
5. Mialgie agli arti;
6. Dolore non localizzato oppure contemporaneamente presente in varie localizzazioni, di tipo puntorio oppure gravativo, o bruciore, o non ben definito;
7. Disturbi cutanei tipo eritema, tensione cutanea, prurito, sensazione di calore o bruciore; talvolta (molto raramente) anche papule o pustole;
8. Irritabilità, perdita della memoria, ansietà, instabilità dell’umore;
9. Nausea,
10. Tachicardia o palpitazioni;
11. Cefalea, vertigini;
12. Alterazioni della termoregolazione, spesso con sudorazioni profuse;
13. Vari altri.
? Il tipo di sintomi lamentati, la frequenza e la intensità sono molto variabili da caso a caso;
? Nello stesso caso l’intensità dei sintomi può variare nel tempo;
? In una proporzione variabile, ma significativa, di casi esiste un peggioramento nel tempo;
? In un certo numero di casi, in un secondo momento è stato possibile dimostrare la presenza di altre patologie mediche in grado di spiegare i sintomi;
9. La consulenza si compone, poi, di una seconda parte nella quale viene esaminato il caso di specie. A tal fine va ricordato, anzitutto, che livelli di campo elettrico e magnetico a 50 Hz all’interno e nel giardino circostante l’abitazione della Famiglia Zini, posta in Via Battezzate a Corlo di Formigine (MO), sono stati oggetto di misurazione una prima volta da parte dell’Arpa dell’Emilia Romagna, Sezione Provinciale di Modena, il 19 febbraio 1998, ed una seconda volta da parte di una società privata (Contatto snc di Sassuolo, Mo), che ha effettuato una serie di rilievi nel Maggio 2001. Inoltre, al fine di acquisire ulteriori e più dettagliati dati sulla esposizione a campo magnetico nell’abitazione della Fam. Zini e nel giardino circostante, i consulenti hanno richiesto all’Enel il carico medio ed il range del carico della linea Rubiera-Ponte Fossa nel periodo di interesse (1997-2002). I dati acquisiti sono stati allegati alla relazione.
Le misurazioni sono state effettuate, quindi, con diverse metodologie, in più occasioni ed in diverse ore della giornata, nonché in diverse zone della proprietà oggetto di causa, e cioè sia in casa (primo piano, presso la parte divisoria tra gli appartamenti dei Sigg. Zini Lorenza e Giorgio, e piano terra, nella camera da letto Sig.ra Zini Lorenza) che all’esterno della casa (sui terrazzi ad il giardino).
Secondo i consulenti, dall’esame comparato di tutti questi dati, <>. In ragione di ciò la consulenza rileva che
1.6 – 2.2 µT circa nel giardino.
1.3 – 1.7 µT circa nella camera da letto della Sig.ra Zini.
Di seguito, la consulenza prosegue con le seguenti considerazioni: <
In ragione della sostanziale compatibilità dei risultati riportati nelle relazioni, non si è ritenuto che ulteriori misurazioni potessero apportare a significative variazioni dei dati, e non si è pertanto ritenuto necessario procedere ad ulteriori rilevazioni.
Sembra anche importante far rilevare come, nelle condizioni di esposizione peggiore (I piano, terrazzo Sig. Giorgio Zini) i livelli massimi stimabili siano da 2.7 a 3.5 µT circa.
Questi dati portano la consulenza ad affermare quanto segue: <
I valori massimi di campo magnetico Elf nelle medesime posizioni possono essere stimati da 1.3 a 3.5 µT circa, in funzione della posizione.
10. La consulenza prosegue con l’esame della situazione medica dell’attrice Zini Lorenza, soggetta a pregressa poliabortività spontanea. I passaggi significativi, all’esito di un’ampia disamina della documentazione medica, degli esiti della visita e delle altre risultanze sulla salute dell’attrice, sono i seguenti:
anzitutto è accertata l’assenza di fattori in grado di impedire in modo assoluto il corretto svolgimento di una gravidanza;
Va inoltre aggiunto che, almeno in uno dei due studi (Lee et al, 2002), è stato dimostrato che il rischio relativo era più elevato fra le donne che avevano avuto ripetute perdite fetali o ridotta fertilità. Una eventuale poliabortività pre-esistente, pertanto, sembrerebbe costituire una condizione di maggiore “suscettibilità” nei confronti dell’effetto avverso sulla gravidanza dovuto al campo magnetico indotto dalla corrente elettrica;
Sulla base delle considerazionj precedenti è pertanto evidente che, se da un lato non si può dimostrare oltre ogni dubbio il ruolo causale svolto dalla presenza dell’elettrodotto sovrastante l’abitazione della Sig.ra Zini nella patogenesi degli episodi abortivi della Sig.ra Zini stessa, d’altra parte esistono certamente le condizioni perché tale elettrodotto possa aver giocato un significativo ruolo avverso sulla normale conduzione della gravidanza. Per converso, non vi sono, invece, dimostrazioni certe di altre cause.
In breve, dunque, in base ai dati riferiti dalla consulenza, si può stimare l’entità del rischio di aborto spontaneo in funzione della esposizione massima a campo magnetico Elf: per valori massimi di campo compresi tra 1.4 e 2.3 µT l’O.R. è di 1.4, mentre diventa 1.9 per valori massimi tra 2.3 e 3.5 µT, e 2.3 per valori superiori a 3.5 µT.
11. A conclusione del loro lavoro i consulenti formulano le seguenti risposte ai quesiti.
Al primo quesito:
Inoltre, anche per l’aborto spontaneo esistono indicazioni epidemiologiche di un aumento di rischio in relazione ad esposizioni elevate a campi magnetici Elf, anche se il grado di certezza è da considerarsi certamente inferiore rispetto alla leucemia infantile. In funzione dei livelli massimi di campo magnetico stimabili nell’abitazione della Famiglia Zini e nel terreno circostante, sulla base dei dati dello studio di Lee et al (2002) l’aumento del rischio di aborto, espresso come Odds Ratio, sarebbe presumibilmente compreso tra 1.4 e 1.9.
Non sembrano invece esistere, attualmente, sufficienti evidenze per quanto riguarda un aumento di rischio di altre patologie.
Al secondo quesito.
Al terzo quesito.
il livello di esposizione massima stimato era tra quelli per i quali un aumento del rischio è stato segnalato;
in base ad alcune indicazioni epidemiologiche, una eventuale poliabortività pre-esistente sembrerebbe costituire una condizione di maggiore “suscettibilità” nei confronti del possibile effetto avverso sulla gravidanza dovuto al campo magnetico indotto dalla corrente elettrica;
la esposizione della Sig.ra Zini è avvenuta durante tutti gli episodi di gravidanza conclusi con l’aborto, e si è protratta per tutto il periodo dal concepimento fino all’evento abortivo;
non può essere completamente ignorato un possibile ruolo giocato dalla situazione stressante connessa con la presenza dell’elettrodotto;
non vi sono evidenze, nella Sig.ra Zini, di altri fattori di rischio noti per episodi di abortività.
Al quarto quesito.
Anche al fine di tenere conto di eventuali condizioni di ipersuscettibilità individuale, il limite di esposizione andrebbe fissato al livello più basso possibile rispetto a quello che si è dimostrato in grado di indurre effetti avversi.
Tale riduzione della esposizione può essere ottenuta con misure tecniche di vario tipo quali, ad esempio, un allontanamento dei cavi, ovvero una riduzione del carico della linea. Peraltro una puntuale presentazione e discussione delle misure attuabili esula dalle competenze dei CTU.
12. Alla luce delle circostanze e considerazioni che precedono, la situazione concreta oggetto del presente giudizio è apprezzabile in tutta la sua obiettiva evidenza e la sua indiscutibile gravità.
L’esposizione a campi magnetici documentati nell’abitazione degli attori e nel terreno circostante è compatibile con un aumento del rischio di leucemia infantile, giacché sono molto vicine o superiori a 0.5 µT, laddove un’esposizione a 0.4 µT comporta un raddoppio del rischio di leucemia infantile, ciò che, normalmente, si riscontra solo nell’uno per cento della popolazione infantile.
Nel caso di specie, l’attrice ha due bambini, per i quali, pertanto, la permanenza nell’abitazione oggetto di causa li espone al rischio indicato.
L’esposizione a campi magnetici documentati nell’abitazione degli attori e nel terreno circostante è, inoltre, compatibile con un aumento del rischio di aborto, da configurarsi come concausa di ulteriori fattori predisponesti.
Nel caso di specie l’attrice Zini Lorenza è stata soggetta a ripetuti episodi abortivi, iniziati in concomitanza con l’insediamento nell’abitazione posta sotto l’elettrodotto. Il giudizio di efficacia concausale specifica è, poi, formulabile, nel caso di specie, sulla base anche di ulteriori elementi di convincimento, e precisamente i seguenti dati obiettivi:
le due gravidanze portate a termine sono state condotte dall’attrice allontandosi dall’abitazione in questione e recandosi presso la madre;
la consulenza non ha riscontrato nella Sig.ra Zini altri fattori di rischio noti per episodi di abortività;
il livello di esposizione massima stimato era tra quelli per i quali un aumento del rischio è stato segnalato;
la esposizione della Sig.ra Zini è avvenuta durante tutti gli episodi di gravidanza conclusi con l’aborto, e si è protratta per tutto il periodo dal concepimento fino all’evento abortivo.
Il giudizio è suffragato, altresì, da due considerazioni ricavabili dalla consulenza, secondo cui una poliabortività pre-esistente costituisce, di per sé, una condizione a sua volta predisponente aumentando la suscettibilità nei confronti del possibile effetto avverso sulla gravidanza dovuto al campo magnetico indotto dalla corrente elettrica, e la stessa consapevolezza della situazione, e della presenza dell’elettrodotto, integra una situazione stressante, anch’essa di per sé incidente sul rischio di interruzione della gravidanza.
Alla stregua delle esposte considerazioni è, quindi, possibile ipotizzare seriamente la sussistenza di un nesso causale tra gli episodi abortivi lamentati dalla convenuta e l’esposizione ai campi magnetici documentati.
Più in generale, può affermarsi che in base alle risultanze di causa, nel caso di campi elettromagnetici, secondo la migliore scienza ed esperienza del momento storico, un danno alla salute sia conseguenza certa o altamente probabile del superamento della soglia di 0,4 microtesla. Inoltre, le immissioni di onde elettromagnetiche prodotte da un elettrodotto sono da ritenere nocive per la salute (e, quindi, intollerabili ai sensi dell’articolo 844 Cc) quando superano il parametro di 0,2 microtesla di campo magnetico (dato che a 0,4 ?T inizia la fascia di danno), e il livello massimo di esposizione il parametro di 1,4 ?T, per i rischi che comportano per la salute umana, con particolare riferimento a bambini ed adulti in gravidanza.
Conforta le esposte conclusioni la circostanza che almeno la normativa regionale in materia di elettrodotti sia adeguata alle posizioni scientifiche più recenti. Infatti la legge della Regione Emilia Romagna n. 30 del 31 ottobre 2000 prescrive, per gli impianti di nuova costruzione, il rispetto del valore di 0,2 µT nei luoghi a permanenza prolungata di persone. È vero che la normativa non è direttamente applicabile, per l’esposta ragione, al caso di specie, ma l’indicazione di un simile obiettivo di qualità (conforme in sostanza a quelli scandinavi) è dotata di indiscutibile efficacia sul piano logico, in quanto è evidente che la soglia indicata in base alla normativa più evoluta per gli impianti di nuova costruzione è enormemente inferiore a quella statale, ed è compresa nei limiti stabiliti dalla consulenza tecnica d’ufficio nel presente giudizio; mentre è, altresì, evidente che l’organismo umano non distingue, nel subirne gli effetti, tra elettrodotto di nuova costruzione o preesistente.
13. Considerata, dunque, la natura delle attività descritte, e l’origine delle immissioni provenienti dall’elettrodotto; considerata, altresì, la destinazione ad abitazione degli immobili di parte attrice, e le condizioni personali degli stessi residenti, nonché considerata la natura degli effetti delle immissioni descritti, in particolare, nella espletata consulenza tecnica d’ufficio e consistenti nella causazione di un campo magnetico da circa 0.5 microtesla in su, per tutto l’arco della giornata, e con punte comprese tra 1.3 e 2.2 microtesla, a seconda dei luoghi; la natura e la consistenza delle emissioni nel caso in esame appare rilevante e senza dubbio al di sopra dei limiti della normale tollerabilità.
Nel caso di specie, poi, più che di intollerabilità (che rimanda ad un criterio di contemperamento di interessi fondiari proprio dell’articolo 844 Cc), si deve parlare di nocività, e si deve inquadrare la fattispecie nelle immissioni nocive per la salute, cioè quelle integranti lesione o rischio obiettivo per il diritto soggettivo assoluto di salute. In proposito, infatti, occorre distinguere le azioni inibitorie propriamente fondate sull’articolo 844 Cc, sullo schema dell’azione negatoria di natura reale a tutela della proprietà, e l’azione a tutela del diritto assoluto di salute, ai sensi degli articoli 2043-2058 Cc; a rigore si tratta di due azioni ontologicamente distinte (oltre che cumulabili), perché nella seconda nessun contemperamento è consentito per il rischio di pregiudizio di diritti assoluti della persona, con il risultato che le immissioni nocive per la salute debbono essere eliminate tout court.
La Corte di cassazione fa rientrare l’azione del proprietario del fondo danneggiato per conseguire l’eliminazione delle cause di immissioni tra le azioni negatorie, di natura reale, a tutela della proprietà; comunque, in presenza di immissioni nocive per la salute, perviene al medesimo risultato, di accertare in via definitiva l’illegittimità delle immissioni e di ottenere il compimento delle modifiche strutturali del bene indispensabili per farle cessare, salvo pur sempre il cumulo con l’azione per la responsabilità aquiliana prevista dall’articolo 2043 Cc, nonché con la domanda di risarcimento del danno in forma specifica ai sensi dell’articolo 2058 Cc (Cassazione Su, 10186/98).
Nel caso concreto, come si è visto, occorre tutelare il diritto di salute degli attori come organismi adulti e, specificamente, la capacità di procreare dell’attrice Lorenza Zini, intesa come capacità di portare validamente a termine una gravidanza, in quanto le sue attuali condizioni personali le consentono di esplicare ancora questa facoltà; ed occorre altresì tutelare il diritto di salute degli attori sotto il duplice profilo della salute dei due bambini facenti parte della famiglia (esposti al rischio specifico di raddoppio di leucemia infantile) e, in senso più ampio, sotto il profilo della serenità personale e familiare degli attori, turbata non solo a livello fisico (in caso di sviluppo di patologie) ma anche a livello psicologico, dagli effetti stressanti, per gli attori, della accertata esposizione a rischio dei bambini stessi.
Il caso di specie, quindi, impone di ordinare una forma di utilizzo dell’impianto, ovvero l’adozione di misure tecnicamente idonee, per raggiungere l’obiettivo concreto di ricondurre il rischio a livelli di normalità, cioè, in sostanza, per l’eliminazione del rischio.
14. Verificata la fondatezza delle domande di parte attrice, resta da stabilire quale contenuto debba avere il provvedimento di cui la punto 13.
Al fine di realizzare gli effetti inibitori necessari nel caso di specie, si ritiene opportuno inibire al convenuto di provocare nella proprietà degli attori un campo magnetico del valore pari o superiore a 0,2 microtesla; questo è l’obiettivo finale; le modalità concrete con le quali il convenuto dovrà provvedere a realizzare detto obiettivo, sono in astratto molteplici, in quanto il convenuto potrà provvedere a disattivare la linea sostituendola completamente, ovvero potrà procedere ad interrarla per una porzione idonea al predetto scopo, ovvero ancora ad apporre idonee schermature (fattispecie che, peraltro, appare poco verosimile e praticabile, sotto profili sia tecnici che urbanistici), ovvero pure potrà procedere ad innalzare i piloni in modo da alzare complessivamente il tratto di linea (e la campata) in misura tale da ottenere il predetto scopo; altri accorgimenti appaiono forse possibili ed utili, da individuarsi da parte del convenuto destinatario dell’ordine di inibitoria (come anche – ipotesi forse non conveniente sul piano commerciale – utilizzare la linea con minore intensità, tale cioè da non indurre un campo magnetico nocivo); fermo restando che, in sede di esecuzione del predente provvedimento, in caso di inottemperanza o di ottemperanza inidonea o elusiva da parte del convenuto, potrà essere adottata la misura estrema dell’inibizione all’esercizio della linea nella zona in questione, e il servizio all’utenza dovrà essere garantito altrimenti. In ogni caso la modalità richiesta da parte attrice appare adeguata e va accolta, anche se suscettibile di realizzazione tecnica con modalità alternative nei termini sopra espressi, purché idonei.
Ai predetti fini e con le sopra espresse precisazioni, nel dispositivo si ritiene sufficiente ed idonea l’inibizione di qualunque attività (con particolare riferimento alla conduzione di elettrodotto) che provochi nell’intera proprietà degli attori un campo magnetico del valore pari o superiore a 0,2 microtesla e il livello massimo di esposizione a valori superiori a 1.4 ?T, mediante spostamento altrove della linea attualmente in essere.
15. Quanto ai profili risarcitori, per la ricorrenza della lesione della salute, deve anzitutto premettersi che nel caso di specie è accertato che diritto alla salute non è solo minacciato ma è stato leso in occasione degli episodi abortivi.
Nel caso concreto la fattispecie può essere inquadrata nella responsabilità del custode per i danni cagionati da cose in custodia, stabilita dall’articolo 2051 Cc, che prevede un sistema di responsabilità presuntivo, in cui la esclusione di responsabilità discende dalla prova del caso fortuito.
Detta responsabilità viene ricollegata, in giurisprudenza, ai danni intrinseci al dinamismo connaturale alla cosa medesima o prodottisi per l’insorgenza in questa di un processo dannoso ancorché provocato da agenti esterni (Cassazione civile, Sezione terza, 1947/94); detta norma, pertanto, non richiede necessariamente che la cosa sia suscettibile di produrre danni per sua natura, cioè per suo intrinseco potere, in quanto anche in relazione alle cose prive di un dinamismo proprio sussiste il dovere di custodia e controllo, allorquando il fortuito ed il fatto dell’uomo possono prevedibilmente intervenire, come causa esclusiva o come concausa, nel processo obiettivo di produzione dell’evento dannoso, eccitando lo sviluppo di un agente, di un elemento o di un carattere che conferiscono alla cosa l’idoneità al nocumento (Cassazione 3971/83; 10277/90; 5925/93, in tema di infiltrazioni di acqua), e la cosa, per guasto od altre cause accidentali, sfugge al controllo del custode; la presunzione di responsabilità che vi é connessa può, inoltre, essere vinta solo dalla prova del caso fortuito, evento che non si sia potuto prevedibilmente evitare e che sia stato da solo la causa dell’evento dannoso.
Viceversa, ai fini dell’accertamento della responsabilità, per il danneggiato è sufficiente fornire la prova di una relazione tra la cosa in custodia e l’evento dannoso, nonché dell’esistenza di un effettivo potere fisico su di essa da parte del custode, sul quale incombe il dovere di vigilare onde evitare che produca danni a terzi (cfr., tra le varie, Cassazione, Sezione seconda, 1477/99 in tema di infiltrazioni d’acqua).
16. In ordine alla nozione di caso fortuito, inoltre, va rilevato che esso viene per costante e conforme giurisprudenza inteso nel senso più ampio, comprensivo del fatto del terzo e della colpa del danneggiato (Cassazione 3134/82; 10277/90, cit.; Cassazione Sezione terza, 17152/02; Sezione seconda, 10686/02); dunque, mentre incombe al danneggiato l’onere di provare gli elementi sui quali si basa la responsabilità presunta iuris tantum del custode, quest’ultimo, ai fini della prova liberatoria, ha l’onere di indicare e provare la causa del danno estranea alla sua sfera di azione (caso fortuito, fatto del terzo, colpa del danneggiato, dotati di impulso causale autonomo: cfr. Cassazione 481/81), rimanendo a suo carico la causa ignota (Cassazione 1897/83; 6340/88; 9247/98).
Dunque, l’articolo 2051 Cc non esonera il danneggiato dall’onere di provare il nesso causale fra cosa in custodia e danno, ma tale prova si esaurisce nella dimostrazione che l’evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta od assunta dalla cosa – considerata nella sua globalità e non nelle singole parti specificamente pericolose – senza doversi provare anche l’esclusione, nel concreto determinismo dell’evento, di impulsi causali autonomi ed estranei alla sfera di controllo propria del custode e, quindi, per lui inevitabili (Cassazione Sezione seconda, 6407/87; Sezione terza, 7276/97; 2075/02).
17. Nel caso di specie, i presupposti della responsabilità in capo al convenuto sono positivamente sostenibili. Il piano della riconducibilità causale è già stato esaminato al punto 12.: da quanto ivi espresso, discende, infatti, che nella presente vicenda é ipotizzabile il nesso causale tra la cosa oggetto di conservazione e conduzione (attività che, se pure non comporta un controllo costante ed effettivo, non esime da responsabilità nel caso di immissioni verso la proprietà altrui, se non viene fornita idonea prova liberatoria) ed è, pertanto, nel caso di specie indiscutibile la necessaria e sufficiente “riconducibilità del danno alla cosa”.
Tuttavia, non era questa la sede per fornire, da parte convenuta, la prova liberatoria dalla responsabilità ai sensi dell’articolo 2051 Cc (incentrata sul caso fortuito e l’intervento esclusivo di estranei nella determinazione degli effetti della cosa). Peraltro, la conduzione della linea elettrica è sempre rimasta, in modo indiscusso, in capo al convenuto.
D’altra parte la giurisprudenza recente ha focalizzato i termini precisi degli schemi applicativi della norma in questione, ribadendo che (Cassazione, Sezione terza, 10641/02); questo in quanto, appunto, poiché la responsabilità per danni cagionati da cose in custodia ha natura oggettiva, (Cassazione, Sezione terza, 472/03). Dunque, perché detta responsabilità oggettiva possa configurarsi in concreto, «è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno arrecato, senza che rilevi la condotta del custode e l’osservanza o meno di un obbligo di vigilanza; il nesso di causalità deve essere escluso quando il danno sia ascrivibile al caso fortuito» (Cassazione 472/03, cit.).
18. Quanto, in particolare, alla prova liberatoria, all’obbligo di custodia viene conferita consistente pregnanza anche in riferimento alla vigilanza su beni che per le caratteristiche di estensione e modalità di uso possono comportare difficoltà concrete di vigilanza e custodia: in proposito, peraltro, occorre distinguere la nota vicenda giurisprudenziale relativa al c.d. trabocchetto nelle strade pubbliche, le quali sono, effettivamente, oggetto di una utilizzazione generale e diretta da parte di terzi (vicenda in cui, peraltro, si perviene ugualmente ad affermare la responsabilità del gestore della strada a determinate condizioni), da fattispecie ad essa non propriamente assimilabili, come la gestione di linee elettriche ad alta tensione, nelle quali l’impianto, per quanto di vasta estensione, è, in realtà, nell’esclusiva disponibilità e sotto l’esclusivo controllo del custode: infatti, ad esempio, in passato in un’occasione si è affermata la responsabilità dell’Enel per danni cagionati in conseguenza della caduta di un fulmine su di un trefolo e sulla fune di guardia di una linea elettrica ad alta tensione, osservando che si trattava di oggetti in uso esclusivo dell’ente per la gestione della linea (Cassazione, Sezione terza, 265/96).
Nel caso di specie, peraltro, si assume che il danno non derivi dall’intervento di un elemento esterno alla cosa o alla sua custodia, ma dalla capacità intrinsecamente dannose della cosa, ove gestita in concreto in maniera da indurre un campo magnetico della portata sopra indicata.
In questo modo non si afferma che l’esercizio di elettrodotto sia attività pericolosa ai sensi dell’articolo 2050 Cc, in quanto in base allo stato delle conoscenze al momento dell’introduzione del giudizio questa affermazione non era consentita (anche se, in caso di definitiva conferma delle conclusioni della consulenza tecnica d’ufficio nell’ambito scientifico, si dovrebbe probabilmente affermare la natura di attività pericolosa per la gestione di un impianto capace di indurre un campo magnetico superiore a 0,2 microtesla), ma si applica la norma di cui all’articolo 2051 Cc, che appunto disciplina la gestione delle cose solo eventualmente pericolose.
Infine, nel caso di specie non può neppure parlarsi di una palese e certa esclusione, totale o parziale, della responsabilità del custode per effetto della condotta dello stesso danneggiato, sotto il profilo della volontaria esposizione a rischio: tutta la condotta antecedente al giudizio ed anche la stessa iniziativa processuale, sia in sede cautelare che di merito, denota proprio l’evidente intenzione di sottrarsi agli effetti dei campi magnetici temuti. Né può essere ritenuta condotta colposa quella di avere acquistato l’immobile e di avervi instaurato la propria abitazione ad elettrodotto già installato: detta condotta costituisce esclusivamente esercizio di legittime facoltà di esplicazione dell’autonomia privata e del diritto di proprietà e, se da un lato è palese che essa non può subire simili limitazioni, d’altro lato non può nemmeno essere oggetto di valutazione negativa ai sensi dell’articolo 1227 Cc, in quanto ciò costituirebbe una reintroduzione surrettizia di un criterio di contemperamento degli interessi contrapposti, simile a quello di cui all’articolo 844 Cc, in una fattispecie nella quale, come sopra già stabilito al punto 9., non è consentito alcun bilanciamento, per la minaccia a diritti assoluti della persona.
19. Sul fatto che il procurato aborto costituisca fatto in ipotesi generatore – sotto un profilo oggettivo – di danno alla salute e di danno non patrimoniale, oltre che – ove ricorrano i presupposti – di danno morale subiettivo, non sussistono dubbi.
L’evento in questione non incide solo sulla sfera biologica della persona umana, ma incide anche, deteriorandola, sulla stessa qualità della vita, comportando per il soggetto alterazione del suo equilibrio psicofisico. Ne consegue che il danno che ne deriva è suscettibile soltanto in parte di essere valutato in termini economici e soltanto per equivalente; e che, nel caso specifico, l’evento è di per sé nocivo alla salute per ciò che comporta l’interruzione della gravidanza, ed è lesivo nei confronti della salute psichica, come menomazione dell’aspettativa di maternità (soprattutto ove determinatosi in misura superiore al rischio – peraltro naturalmente esistente – di eventi spontanei); per l’accertamento della lesione del diritto alla salute non è, quindi, necessaria alcuna ulteriore prova del danno psicologico subito (che servirebbe, in ipotesi, solo a dimostrare un ulteriore titolo di danno, ove a livello psichico si fosse sovrapposta una patologizzazione nell’elaborazione dell’evento, tale da determinare conseguenze fisiche obiettivabili; il che nel caso di specie non è nemmeno allegato da parte attrice).
Quanto al danno non patrimoniale e non alla salute, secondo la ricostruzione evoluta, espressa dalla giurisprudenza di legittimità del 2003 avallata dalla Corte costituzionale con sentenza 233/03, il danno non patrimoniale va inteso come categoria ampia, all’interno della quale il danno morale subiettivo va distinto dagli altri pregiudizi, diversi ed ulteriori, che conseguono alla lesione di un interesse costituzionalmente protetto della persona, anche indipendentemente dalla ricorrenza degli estremi di reato (Cassazione, Sezione terza, 8827 ed 8828/03).
Questo danno non patrimoniale conseguente alla ingiusta lesione di un interesse costituzionalmente protetto inerente la persona non è soggetto, ai fini della risarcibilità, al limite della riserva di legge correlata all’articolo 185 Cp e non presuppone la qualifica di illecito come reato (Cassazione 8827/03 e 8828/03 cit.).
In proposito, nello stesso 2003 si è anche chiarita anche la risarcibilità del vero e proprio danno morale subiettivo, che spetta alla vittima di un illecito quand’anche la colpa dell’offensore non sia stata accertata in concreto, ma sia stata presunta in base ad una presunzione legale (nella specie, articolo 2051 Cc); ciò in quanto il mancato positivo accertamento della colpa dell’autore del danno non osta alla risarcibilità del danno non patrimoniale ex articolo 2059 Cc e 185 Cp, se essa responsabilità, come nel caso di cui all’articolo 2051 Cc, debba ritenersi sussistente in base ad una presunzione di legge e se, ricorrendo la colpa, il fatto sarebbe qualificabile come reato (Cassazione, Sezione terza, 7281/03).
Nell’ottica, dunque, di questa seconda lettura, costituzionalmente orientata, degli articoli 2043 e 2059 Cc, nel caso di specie non sussistono dubbi sulla possibilità di pervenire alla risarcibilità dell’illecita lesione degli interessi non patrimoniali della persona, anche nell’assenza degli estremi di reato, come nel caso di specie.
Tornando al danno patrimoniale, anche il richiesto danno per deprezzamento economico della proprietà degli attori è in ipotesi configurabile; si tratta di una fattispecie di danno patrimoniale emergente per la diminuzione di valore dell’immobile che subisce le immissioni, specificamente connessa alla menomazione delle possibilità di godimento (Cassazione Su, 6476/84; 4889/83).
20. Tutti i menzionati aspetti risarcitori, peraltro, nella presente sede si arrestano al livello di accertamento dei presupposti per una condanna generica, per espressa richiesta di parte attrice, che ha chiesto fin dall’atto introduttivo di procedere a liquidazione in separato giudizio civile. Quindi non si versa nell’ipotesi di cui all’articolo 278 Cpc, in cui occorre proseguire il giudizio con ordinanza, ma, sul punto, nella presente sede va emanata una sentenza definitiva, di esclusivo accertamento e condanna generica, restando impregiudicata, nella successiva sede processuale, ogni ulteriore decisione.
In giurisprudenza si precisa, infatti, che la condanna generica al risarcimento del danno postula, quale presupposto necessario e sufficiente della pronuncia, l’accertamento di un fatto potenzialmente produttivo di conseguenze dannose, restando impregiudicato quello, riservato al giudice della liquidazione, dell’esistenza e dell’entità del danno, senza che ciò comporti alcuna violazione del giudicato sull’an debeatur. Tale principio trova applicazione non solo nella ipotesi – specificamente prevista dall’articolo 278 Cpc – in cui, risultando accertata la sussistenza di un diritto, ma essendo controversa la quantità della prestazione dovuta, il giudice, su istanza di parte, si limiti a pronunciare, con sentenza, non definitiva, la condanna generica alla prestazione, disponendo con ordinanza che il processo prosegua per la liquidazione; ma altresì nel caso in cui l’attore proponga ab origine domanda limitata alla sola condanna generica, riservando a separato giudizio la richiesta di determinazione della prestazione dovuta (Cassazione, Sezione prima, 15066/00).
L’affermazione, poi, che la pronuncia di condanna generica al risarcimento del danno per fatto illecito integra un accertamento di potenziale idoneità lesiva di quel fatto, e non anche l’accertamento del fatto effettivo, la cui prova è riservata alla fase successiva, è pacifica e consolidata in giurisprudenza (Cassazione, Sezione terza, 9709/03; 7637/03); dunque, ai fini della condanna generica al risarcimento del danno, sia essa oggetto di autonomo giudizio, ovvero di quello che prosegue per la determinazione del quantum, è sufficiente l’esistenza potenziale del danno – in base ad un accertamento anche di probabilità o di verosimiglianza – che dovrà poi essere determinato, o anche escluso dal giudice della liquidazione (Cassazione, 6190/03). In ogni caso, infatti, la condanna generica al risarcimento dei danni, sia essa oggetto di autonomo giudizio, ovvero di quello che prosegue per la determinazione del quantum, presuppone soltanto l’accertamento di un fatto potenzialmente dannoso, mentre la prova dell’esistenza in concreto del danno, della sua reale entità e del rapporto di causalità è riservata alla fase successiva di determinazione e di liquidazione (Cassazione, Sezione terza, 6257/02).
21. Nei termini sopra espressi in motivazione, le domande di parte attrice sono risultate fondate e vanno accolte.
Le spese del presente giudizio, ivi compresa la fase cautelare, seguono la socccombenza e si liquidano come in dispositivo.

PQM
Il Tribunale, definitivamente pronunciando

ordina alla società Enel Spa di spostare altrove la condotta elettrica che sovrasta la proprietà di Lorenza Zini, Giorgio Zini ed Olga Panini, in Formigine (MO), fraz. Corlo, via Battezzate, e comunque di fare in modo che essa non provochi nella predetta proprietà un campo magnetico del valore pari o superiore a 0,2 microtesla e un livello massimo di esposizione a valori superiori a 1.4 T;

dichiara obbligata e condanna la società Enel Spa al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali nei confronti nei confronti di Lorenza Zini, Giorgio Zini ed Olga Panini, danni tutti da liquidarsi in separato giudizio;
dichiara obbligata e condanna la società Enel Spa a rifondere a Lorenza Zini, Giorgio Zini ed Olga Panini le spese processuali che liquida nella complessiva somma di euro 8.091,41, di cui euro 691,74 per spese, euro 3.826,98 per competenze, euro 2.900,00 per onorari ed euro 672,69 per spese generali, oltre Iva e Cpa come per legge.

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