Va affermata la responsabilità del Comune ex art. 2051 c.c., poiché la produzione del danno è dipesa dalla mancata adozione, da parte del custode del bene, delle misure funzionali alla neutralizzazione della potenza offensiva dello stesso, nonché dall’omesso mantenimento di un costante controllo sul bene stesso, in sé pericoloso, per evitare che arrecasse un danno a terzi.
Tribunale di Torino sentenza 15-05-2002
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI TORINO
VIII Sezione Civile – In Composizione Monocratica
IL GIUDICE UNICO Dott. Edmondo PIO
Ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nella causa civile iscritta al n. 1297/98 R. G., promossa da
CAIO ANDREA
Residente in Torino, ed ivi elettivamente domiciliato in via (omissis), presso lo studio dell’avv. G., che lo rappresenta e difende per delega 27.01.98 a margine dell’atto di citazione.
ATTORE
CONTRO
COMUNE DI TORINO
in persona del Sindaco pro tempore, corrente in Torino ed ivi elettivamente domiciliato in via (omissis), presso lo studio dell’Avv. Pier Franco che lo rappresenta e difende per delega 17.02.1998 in calce all’atto di citazione.
CONVENUTO
Avente per oggetto: risarcimento danni per responsabilità civile
CONCLUSIONI DELLE PARTI
Per l’attore
“dichiararsi tenuta e condannarsi parte convenuta nella causazione dell’evento dannoso per cui è causa, e conseguentemente condannarsi la medesima al risarcimento dei danni in favore di parte attrice nell’ammontare di seguito specificato…“
Per il convenuto
“assolvere il conchiudente da ogni domanda proposta da Caio Andrea. Con il favore delle spese e degli onorari di causa oltre rimborso spese forfetario 10%, Iva e CPA”
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato in data 12.02.98, Caio Andrea adiva la presente Autorità Giudiziaria riferendo che in data 20.01.1997, alle ore 21.15 circa, percorreva alla guida della propria autovettura Renault 5 GT Turbo tg. TO (omissis), in Torino C.so Bramante, e che giunto all’altezza dell’incrocio con c.so Unità d’Italia, con semaforo verde in suo favore, urtava violentemente contro il cordolo dell’aiuola spartitraffico, aiuola che era priva di qualsiasi insegna o cartello stradale atto a segnalarne la presenza (il Comune ha poi provveduto successivamente a mettere efficiente segnaletica) ed in luogo privo di sufficiente illuminazione stradale.
Rappresentava pertanto l’attore di aver riportato danni alla vettura per lire 7..700.000, oltre costi accessori per lire 1.000.000, indennizzo a titolo di fermo tecnico per lire 800.000, e lesioni personali (ITT, ITP, spese per diagnosi e cura) e mancato guadagno, di cui chiedeva la condanna di controparte al risarcimento.
Si costituiva in giudizio il Comune di Torino, il quale contestava le domanda di parte attrice sia in punto responsabilità sia in punto danni, rilevando la necessaria prova del nesso di causalità tra la lamentata situazione dei luoghi e l’evento, la necessaria sussistenza dell’insidia o trabocchetto sotto il profilo della non visibilità del pericolo e della sua non prevedibilità, e della imputabilità soggettiva colposa del fatto all’omissione o al ritardo dell’ente nell’eliminazione della situazione di pericolo, richiamando sul punto la giurisprudenza della Suprema Corte che, in materia, richiamava la norma di cui all’art. 2043 C.c. rispetto a quella di cui all’art. 2051 C.c.
Rilevava poi parte convenuta che l’incidente è avvenuto in una zona della città centrale ed ampiamente illuminata, per cui se l’attore avesse usato un minimo di diligenza avrebbe potuto evitare l’ostacolo, atteso altresì che l’isola di canalizzazione (contro cui l’attore si è scontrato) non presenta alcuna caratteristica diversa da un normale marciapiede esistente in tutte le strade cittadine; ribadiva, infine, il comune convenuto la rigorosa prova in punto danni, e concludeva chiedendo il rigetto delle domande attoree.
All’udienza ex art.183 c.p.c. il G.I., attesa l’assenza delle parti, non poteva esperire il tentativo di conciliazione ed il libero interrogatorio delle parti.
Il G. I. procedeva allora all’istruzione della causa (ud. 20.07.99 testi Stefania; ud. 8.05.00 testi Cristina e Giuseppe; ud. 15.05.01 teste Gian Antonio, acc. coattivo), e disposta CTU medico-legale, all’udienza del 20 Febbraio 2002 le parti precisavano le conclusioni così come descritte in epigrafe.
Il G. I. tratteneva la causa a decisione, concedendo i termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La domanda di parte attrice è fondata e deve, nei limiti di cui in motivazione, essere accolta.
All’esito della lite, innanzi tutto, si osserva che devono ritenersi pienamente accertati i fatti oggettivi costitutivi dell’illecito contestato a parte convenuta, ed in particolare che in data 20.01.1997, alle ore 21.15 circa, l’attore CAIO ANDREA percorreva, alla guida della propria autovettura Renault 5 GT Turbo tg. TO (omissis) (in compagnia di Gian Antonio, sentito poi come teste all’udienza 15.05.01), in Torino C.so Bramante, e che, giunto all’altezza dell’incrocio con c.so Unità d’Italia con semaforo verde in suo favore, urtava violentemente contro il cordolo dell’aiuola spartitraffico.
In questo senso sono da valutare lo stato dei luoghi come risultante dalle fotografie prodotte in causa (cfr. doc. 1-2 attore), confermate ed integrate dalle dichiarazioni dei testi Giuseppe (ud. 8.05.00) e Gian Antonio (ud. 15.05.01), ove si evince che l’aiuola spartitraffico non era segnalata da insegna o altro cartello stradale (come invece successivamente al sinistro), ed era solamente circondata da bande bianco-nere poco visibili e quasi sbiadite, e si trattava di un manufatto che era stato messo lì da poco.
Ciò osservato, ritiene questo Giudice che nel caso di specie sia configurabile la responsabilità del Comune di Torino, ai sensi dell’art. 2051 C.c., trattandosi di danno da insidia stradale.
La giurisprudenza di legittimità e di merito si è orientata a favore dell’astratta riconducibilità di tali fattispecie nell’ambito dell’art. 2051, ferme restando, in concreto, la necessità dell’accertamento dell’effettivo rapporto causale avvincente il danno alla res, e la possibilità, da parte del custode, di vincere il meccanismo presuntivo approntato dalla norma in esame, fornendo la prova dell’ascrivibilità al caso fortuito dell’evento lesivo (per tutte, cfr. Cass. Civ., III sez., 28 Marzo 2001, nr. 4480).
La Suprema Corte ha superato il precedente orientamento che richiedeva necessariamente, per l’applicazione dell’art. 2051 c.c., che il danno fosse prodotto nell’ambito del dinamismo connaturale della cosa, e ha statuito che anche in relazione alle cose prive di un dinamismo proprio sussiste il dovere di custodia e controllo, allorquando le medesime siano idonee al nocumento.
La responsabilità del custode, a mente dell’art. 2051, è stata, invece esclusa nei casi di concreta addebitabilità dell’infortunio al comportamento macroscopicamente negligente della vittima, in ragione della conseguente relegazione della res al rango di fattore meramente occasionale (cfr. Cass. Civ., III sez., 26 marzo 2002, nr. 4308)
In particolare, il fatto colposo dello stesso danneggiato integra gli estremi del fortuito idoneo a superare la presunzione di responsabilità del custode della cosa, soltanto quando sia dotato d’autonomo impulso causale e sia per lo stesso custode imprevedibile ed inevitabile (Cass. 15.3.1988, n. 2458 e 9.5.1985, n. 2898).
Nel caso in oggetto, la condotta tenuta dal Caio nei fatti di causa (non essendo state elevate contravvenzioni circa le modalità e/o la velocità della guida, da parte di vigili intervenuti) deve essere valutata come rientrante nell’ambito dei normali parametri di diligenza e di correttezza, e l’evenienza che delle autovetture potessero transitare sul cordolo dell’aiuola spartitraffico era del tutto prevedibile da parte del Comune di Torino, attesa la collocazione dei sensi di marcia (cfr. fotografie prodotte dall’attore, ove si evince chiaramente che la direzione di marcia delle vetture era proprio nel senso verso il cordolo), e pertanto poteva essere facilmente evitata adottando un’adeguata segnalazione (come è stato fatto, all’indomani del sinistro), ovvero ponendo una transenna di protezione.
Per le medesime osservazioni, si osserva da ultimo che la condotta tenuta dal Caio non può integrare gli estremi del caso fortuito, attesa l’assenza di contestazioni in merito alla condotta alla guida, e quindi non risultando provata una sua eventuale imperizia o negligenza nella causazione del fatto.
In applicazione delle sopra svolte considerazioni, il Comune di Torino dovrà rispondere dell’occorso in oggetto ex art. 2051 c.c., poiché la produzione del danno è dipesa dalla mancata adozione, da parte del custode del bene, delle misure funzionali alla neutralizzazione della potenza offensiva dello stesso, nonché dall’omesso mantenimento di un costante controllo sul bene stesso, in sé pericoloso, per evitare che arrecasse un danno a terzi.
Detta responsabilità, si osserva, deve comunque essere ravvisata in capo alla parte convenuta, anche volendo seguire il recente orientamento del Supremo Collegio che, in riferimento ai beni demaniali che siano soggetti ad uso generale e diretto da parte dei terzi, sancisce l’inapplicabilità della presunzione di cui all’art. 2051 C.c., e individua quale referente normativo della responsabilità della pubblica amministrazione la norma generale di cui all’art.. 2043 C.c. (che impone l’osservanza della norma primaria del “neminem laedere”), atteso che dalla causa è emerso, come sopra osservato, che la situazione di fatto era oggettivamente insidiosa, non visibile e non imputabile soggettivamente (prevedibilità) alla condotta dell’attore (cfr, per tutte, Cass. Civ., III sez., 21 Dicembre 2001, nr. 16179).
Deve pertanto essere accolta la domanda di parte attrice e dichiarata la piena ed esclusiva responsabilità del Comune di Torino per il sinistro occorso a parte attrice.
Una più attenta riflessione, invece, deve essere fatta ai fini della valutazione del quantum del danno, ai sensi dell’art. 1227 c.c. (come concorso del fatto colposo del danneggiato).
La relazione di CTU (dott. Bonziglia) ha accertato che l'attrice, in seguito del sinistro, ha riportato “distorsione rachide cervicale” con conseguente invalidità temporanea parziale di giorni 20 e invalidità temporanea parziale minima di giorni 20, da cui sono residuati postumi permanenti invalidanti valutati nella misura del 2% (cfr. pag. 6 relazione peritale).
Le conclusioni del consulente appaiono corrette e prive di vizi logici, essendo il risultato di un ragionamento basato su dati oggetti e su presunzioni ammesse dalla legge (art. 2729 c.c.).
Il danno complessivo alla persona può così essere calcolato.
DANNO BIOLOGICO TEMPORANEO – Il risarcimento del danno biologico per l'invalidità temporanea parziale massima di giorni 20 e invalidità temporanea parziale minima di giorni 20, stimata dal CTU, può essere liquidato equitativamente, ai valori attuali, in Euro 300.
DANNO BIOLOGICO PERMANENTE – Il risarcimento del danno biologico per l'invalidità permanente del 2% stimata dal CTU, può essere liquidato equitativamente, ai valori attuali, considerata l’età del soggetto ed il lavoro svolto, in Euro 1.500.
DANNI MORALI – Sussiste il diritto dell'attrice al risarcimento del danno morale, subito per effetto di quanto accertato ai sensi degli artt. 2059 c.c. e 185 c.p.
"Incidenter tantum", infatti, il Giudice ravvisa nel comportamento tenuto dall’ente convenuto, gli estremi di un fatto di reato, ancorché in concreto non perseguito per difetto di querela.
Sussistono, infatti, gli estremi del reato di cui agli artt. 590 c.p., avendo il responsabile del convenuto provocato per colpa le lesioni personali patite dall'attore.
La liquidazione equitativa del danno morale, costituito dalla sofferenza psico-fisica consequenziale al fatto illecito, può essere determinata, in via equitativa, la somma di Euro 250.
SPESE MEDICHE DOCUMENTATE – Come riconosciuto dallo stesso CTU (per l’ammontare di Euro 48,90) e come risultante dalla produzione documentale offerta dall’attore in corso di causa (doc. 6-9 attore), l’attore ha provato di aver corrisposto, per cure mediche, la somma di Euro 82,99.
DANNI PER MANCATO GUADAGNO; come provato in causa dall’attore, (testi Stefania e Cristina, e documentazione prodotta), il sinistro occorsogli ha impedito lo svolgimento della normale attività lavorativa dal giorno 21.01.97 al 28.02.97, causando la mancata percezione della somma retributiva di Euro 612,00.
E) DANNI PER FERMO TECNICO E GUASTI ALLA VETTURA – L’attore ha provato in causa che il costo della riparazione del veicolo ammonta a Euro 3.976,71 (doc. 4 attore). Nulla a titolo di “costi accessori” e/o di “giusto indennizzo” (cfr. pagg. 13-14 conclusionale) attesa l’assenza di prova sul punto da parte dell’attore.
Il totale complessivo risulta, pertanto, ammontare a Euro 6.721,7.
Nella valutazione del danno bisogna però tenere conto di certi elementi, emersi in corso di causa.
Non può, infatti, essere sottaciuto che è stato riferito che l’illuminazione era sufficiente (teste Giuseppe, Vigile intervenuto; sul punto si osserva che, pur trattandosi di una “valutazione” in senso tecnico, essa risulta attendibile poiché proviene da un teste disinteressato rispetto ai fatti di causa, e con particolari competenze tecniche), e che la strada dove è avvenuto il sinistro era una strada che l’attore percorreva di frequente (teste Gian Antonio).
Detti elementi devono essere valutati, ai fini della concreta determinazione del quantum del risarcimento, ex art. 1227 C.c. (richiamato dall’art. 2056 C.c.), atteso che, pur non incidendo sull’an della responsabilità del Comune convenuto, hanno una rilevanza nella determinazione del quantum delle conseguenze pregiudizievoli del sinistro (Cass. Civ., III sez., 7 Agosto 2000, nr. 10352).
Ritiene questo Giudice conforme ad equità valutare detta incidenza in una misura che può essere individuata nel 30% del totale come sopra liquidato, con liquidazione finale nella somma di Euro 4.500.
Si può, quindi, finalmente affrontare l'interessante questione posta dalla recente decisione della Suprema Corte in tema di liquidazione del danno da ritardo nel risarcimento dell'illecito extracontrattuale (Cass. S.U. 22.4.1994 – 17.2.1995, n. 1712, in Guida al Diritto, 1995, n. 11, p. 48 ss. e F.I. 1995, I, 1470) che ha superato il metodo fin qui seguito d’attribuzione degli interessi legali dalla data del fatto, sulla somma rivalutata al momento della liquidazione.
Questo Giudice si adegua a tale insegnamento e, constatato, che la Suprema Corte ha affermato:
a) che l'obbligazione risarcitoria continua ad essere annoverata tra le obbligazioni di valore e non tra quelle di valuta,
b) che non è consentita l'attribuzione degli interessi legali dalla data del fatto sulla somma rivalutata al momento della liquidazione ("… dalla situazione di mora non scaturisce il diritto agli interessi legali moratori, come avviene per le obbligazioni originariamente pecuniarie" cfr. Guida al Diritto cit. p. 52);
c) che spetta un corrispettivo al danneggiato per la mancata utilizzazione del capitale;
d) che il corrispettivo per la mancata utilizzazione del capitale, ricondotto nell'ambito del lucro cessante ex 2056, comma 2°, c.c., va calcolato equitativamente;
e) che è consentito valutare il lucro cessante attraverso il criterio degli interessi;
f) che il loro tasso non deve essere necessariamente quello legale (art. 1284 c.c.), perché l'equità potrebbe far ritenere eccessivo un interesse del 10%, quale è quello attuale (sono sempre parole della Suprema Corte, cfr Guida al Diritto cit. p. 52);
Ciò osservato, si deve liquidare equitativamente il danno da lucro cessante ex art. 2056, comma secondo c.c., in Euro 300.
Sulla somma finale liquidata (Euro 5.000), che si converte in debito di valuta, saranno dovuti i normali interessi legali (ex art. 1282 c.c.) dalla data della presente sentenza al saldo.
Le spese di lite (ivi comprese quelle della Ctu esperita, come già provvisoriamente liquidate in corso di causa, con decreto 28.12.01) seguono la soccombenza sostanziale, ex art. 91 c.p.c., e si liquidano come da dispositivo (in conformità alla nota spese, ex art. 75 disp. att. c.p.c., 58 ss R.D. 27.11.1933 nr. 1578 e art. 5 D. M. 5.10.1994 nr. 585).
P. Q. M.
Il Tribunale di Torino, VIII sezione civile, in composizione monocratica;
sul contraddittorio delle parti, definitivamente pronunziando;
respinta ogni diversa istanza, eccezione, deduzione;
dichiara che il sinistro occorso a CAIO ANDREA in data 20.01.1997 è da attribuire a responsabilità del COMUNE di TORINO, in persona del Sindaco pro tempore, ex art. 2051 C.c., e per l’effetto;
condanna il Comune di Torino, in persona del Sindaco pro tempore, al pagamento immediato a favore di CAIO ANDREA, per i titoli di cui in motivazione, delle somma di Euro 5.000, con gli interessi legali dalla data della presente sentenza al saldo effettivo;
pone, per l’intero e definitivamente, l’onere della CTU svolta a carico della parte convenuta;
condanna parte convenuta a corrispondere a parte attrice le spese di lite del presente grado di giudizio, spese che si liquidano nella somma di Euro 2.600 (di cui Euro 569,16 per esposti, Euro 1.408,30 per diritti, il resto a titolo di onorari e di rimborso ex art. 15 T. f.), oltre IVA e CPA sugli imponibili come per legge, nonché a pagare le spese di registrazione della presente sentenza e successive occorrende.
Così deciso in Torino, il 15 Maggio 2002.