I.V.A. sul gas: Aliquota ridotta al 10% nei mesi estivi

di | 17 Maggio 2003
In applicazione dei principi di lealtà e trasparenza dei rapporti contrattuali sanciti in favore dei consumatori dalla L. n. 281/98, deve considerarsi gravemente inadempiente la società somministratrice del gas che – deliberatamente e/o negligentemente – abbia omesso di informare i propri utenti del fatto che, semplicemente installando due contatori separati, uno per gli usi domestici e l'altro per il riscaldamento, una parte rilevante dei consumi, ovvero quella relativa al periodo legale di non funzionamento del riscaldamento, può essere fatturata con l'aliquota Iva ridotta del 10%, consentendo un notevole risparmio.

Giudice di Pace di Davoli, Sentenza 16 maggio 2003, n. 495

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione ritualmente notificato, il signor Codispoti Antonio conveniva in giudizio la F.lli Antonio e Alfredo Artese snc, per ivi sentirla condannare alla restituzione della somma indebitamente percepita e ammontante a € 375,45, o a quella somma maggiore o minore accertata in corso di causa, oltre interessi e rivalutazione monetaria, oltre spese e competenze del giudizio.
Premetteva parte attrice, di aver stipulato per l'abitazione di contrada Silipò, in S. Andrea, un contratto per la somministrazione di gas per usi domestici e riscaldamento per civile abitazione.
Contestava, tuttavia, alla somministrante di aver sempre applicato ai consumi di gas, l'Iva con l'aliquota più alta (20%) senza operare alcuna distinzione fra i due tipi di fornitura, e cioè tra quella ad uso domestico e quella ad uso di riscaldamento, tenendo in conto la differenza di aliquota esistente tra i due tipi di fornitura, e cioè il 10% per le forniture ad uso domestico ed il 20% (in passato 19%) per le forniture relative al riscaldamento.

Si costituiva la convenuta, la quale, eccepiva, preliminarmente, l'incompetenza territoriale del Giudice di pace adito in favore del Giudice di pace di Catanzaro, e ciò in quanto, asseriva, che era stata sottoscritta da parte attrice la clausola che stabiliva pattiziamente il Foro di Catanzaro «per ogni controversia che dovesse insorgere in sede d'interpretazione e/o esecuzione» del contratto.
Nel merito, concludeva per il rigetto della domanda, poiché la somministrante non potendo distinguere, mancando apposita strumentazione, i due tipi di fornitura, anche per il periodo estivo, sarebbe stata obbligata a fatturare con l'aliquota del 20%. Insisteva, inoltre, per la condanna al pagamento delle spese e competenze di lite.

All'udienza del 29 marzo 2003, la causa veniva riservata a sentenza.

MOTIVI DELLA DECISIONE
La domanda è fondata e merita accoglimento. È opportuno dichiarare subito che l'eccezione preliminare d'incompetenza per territorio avanzata da parte convenuta deve essere respinta, perché infondata.

Questo Giudicante ritiene applicabile nel caso di specie il foro di residenza o domicilio eletto del consumatore previsto dall'art. 1469 bis, n. 19, c.c. Tale articolo, presumendo nei rapporti tra professionista e consumatore la vessatorietà della clausola contrattuale che stabilisca «come foro competente nella controversia località diversa da quella di residenza o domicilio eletto del consumatore» ha introdotto un foro esclusivo che esclude ogni altro foro, in particolare anche quelli di cui agli artt. 18, 19 e 20 del codice di procedura civile (Cass. civ., sez. I, 28 agosto 2001 n. 11282).
Se così non fosse, se cioè non si ritenesse che l'art. 1469 bis n. 19 c.c. abbia introdotto un foro esclusivo rispetto ad ogni altro, verrebbero frustrate le finalità di tutela processuale del consumatore previste dalla legge 6 febbraio 1996, n. 52 che ha recepito l'art. 10 della Direttiva CEE 5 aprile 1993, n. 13, che ha introdotto a sua volta, l'art. 1469 bis n. 19 c.c. Il foro esclusivo del consumatore potrebbe essere derogato solo da accordo individuale tra le parti, cosa peraltro che devesi escludere nel caso in questione.
Ora, poiché l'attore, risulta residente in S. Andrea, e S. Andrea ricade nel mandamento del Giudice di Pace di Davoli, questo giudice ritiene di essere pienamente competente a conoscere della presente istanza.

Per quanto attiene al merito della domanda, ritiene questo giudicante, che almeno per quanto attiene al periodo intercorrente dal 15 aprile al 15 settembre vi sono sufficienti ragioni per ritenere la fatturazione al 10% la più giusta. Infatti, vigendo nel prefato arco temporale, un vero e proprio divieto di accensione dei riscaldamenti (regolarmente previsto dalla legge), e non esistendo e comunque non essendo stati provati dalla convenuta, l'esistenza di deroghe e/o la violazione da parte dell'attore di tale divieto, appare del tutto superata l'obiezione di parte convenuta concernente la necessità di una specifica strumentazione atta a misurare i due tipi di utilizzo, dovendosi presumere in detto periodo, che i consumi stessi si riferiscano esclusivamente agli usi domestici con esclusione del riscaldamento.
Sulla bontà di tale tesi, cospirano, anche obiettivi motivi di ragionevolezza, in quanto, sarebbe del tutto assurdo impensabile il ritenere che durante il periodo estivo, l'attore abbia usato gli impianti per riscaldarsi.

Per completezza di ragionamento, ritiene ancora questo Giudicante, che la fattispecie vada comunque inquadrata, tra l'altro, nel riconoscimento e nella regolamentazione dei diritti dei consumatori e degli utenti e che le loro tutele siano disciplinate dalla legge 30 luglio 1998 n. 281.
In base all'articolo 2 della predetta legge s'intendono per consumatori «le persone fisiche che acquistino o utilizzino beni o servizi per scopi non riferibili all'attività imprenditoriale e professionale eventualmente svolta» e che sono divenuti titolari delle posizioni giuridiche soggettive garantite dal secondo comma dell'articolo 1, tutelabili giudizialmente anche con azioni individuali (art. 3 ultimo comma).
La norma in commento, in particolare riconosce e garantisce ai consumatori «la correttezza, la trasparenza e l'equità nei rapporti contrattuali concernenti beni e servizi».
Dovere di correttezza, quindi, il quale importa dei doveri di rettitudine e buona fede nei rapporti tra le parti nello svolgimento del contratto, codificati in linea generale dagli artt. 1175, 1176, 1375 c.c.; trasparenza che impone mancanza d'ambiguità nel corso delle trattative e dell'esecuzione del contratto, le cui clausole sono soggette al criterio ermeneutico posto dall'art. 1370 c.c. e che nel dubbio devono essere intese in senso favorevole al consumatore (Cass. 5621/87); equità che assicura equilibrio sostanziale tra le prestazioni dedotte in contratto, tenendo conto delle concrete circostanze non previste dalla norma giuridica, con particolare riferimento alla situazione di debolezza che caratterizza la posizione del consumatore/utente che, durante lo svolgimento del contratto, deve essere messo nelle condizioni, come soggetto più debole, di operare una scelta ponderata e consapevole realmente rispondente alle sue esigenze.

In applicazione dei principi di lealtà e trasparenza dei rapporti contrattuali richiamati dalla predetta normativa, la posizione della convenuta deve essere considerata gravemente inadempiente con riferimento agli obblighi di correttezza e buona fede nell'esecuzione del contratto.
Difatti, nel caso specifico, la somministrante avrebbe potuto informare i propri clienti, che semplicemente, installando dei contatori separati, una parte rilevante dei consumi poteva essere fatturata con l'aliquota ridotta consentendo un notevole risparmio.
Tale semplice accortezza, che tra l'altro, non avrebbe comportato per la somministrante nessun aggravio economico, è stata deliberatamente e/o negligentemente omessa dalla convenuta.

La domanda pertanto è fondata e va accolta.

In relazione all'ammontare della somma che la convenuta è tenuta a restituire, la stessa può essere determinata in € 375,45, così come richiesto da parte attrice ed in virtù degli allegati documenti.
Le spese seguono la soccombenza.

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