La Suprema Corte ha infatti stabilito con la sentenza in oggetto che “la violazione di norme sulla segnalazione degli ostacoli mediante opportuna colorazione non può quindi essere di per sé fonte di responsabilità per colpa della P.A., occorrendo invece che l’omissione abbia determinato, nelle circostanze di tempo e di luogo in cui si è verificato il sinistro, una situazione di non visibilità oggettiva dell’ostacolo”.
Cassazione , sez. III civile, sentenza 19.07.2005 n° 15224
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
D.G. e F.G. convenivano davanti al Giudice di pace l’Anas – Ente nazionale per le strade per sentirlo condannare al risarcimento dei danni subiti dall’autocaravan di loro proprietà il 30 novembre 1996 a seguito della collisione con un muretto posto sul lato destro della carreggiata della SS. n. 92, all’altezza del Km. 75 + 700, privo della segnalazione con strisce alternate di colorazione bianca e nera.
Il convenuto resisteva.
Il Giudice di pace, con sentenza del 2 febbraio 1998, accoglieva la domanda e condannava l’Anas al pagamento di lire 5.000.000 ed al rimborso delle spese.
Pronunciando sull’appello dell’Anas, il tribunale di Potenza, con sentenza del 30 giugno 2001, lo accoglieva, rigettava la domanda e condannava gli attori al pagamento delle spese del doppio grado.
Avverso la sentenza gli attori hanno proposto ricorso per cassazione, affidandone l’accoglimento a due motivi, illustrati con memoria.
Ha resistito, con controricorso, l’Anas.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il tribunale ha svolto le seguenti considerazioni:
secondo consolidata giurisprudenza, per far valere la responsabilità extracontrattuale della P.A. per i danni subiti dall’utente a causa delle condizioni di manutenzione di una strada pubblica, esclusa l’applicabilità dell’art. 2051 c.c., ed operando il generale criterio di imputazione di cui all’art. 2043 c.c., il danneggiato deve dimostrare che l’evento dannoso è eziologicamente ricollegabile ad una insidia, e cioè ad una situazione caratterizzata, dal punto di vista obbiettivo, dalla non visibilità del pericolo e, dal punto di vista soggettivo, dalla imprevedibilità, vale a dire dalla impossibilità di avvistare in tempo il pericolo per poterlo evitare;
nella specie, avuto riguardo agli elementi risultanti dalla c.t.u. e dalla allegata documentazione fotografica, non era configurabile una insidia, poiché il muretto in cemento contro il quale l’autocaravan aveva urtato, era oggettivamente visibile, in ragione delle sue dimensioni (cm. 40 di altezza, cm. 30 di spessore, m. 1,70 di lunghezza), del colore più chiaro rispetto all’asfalto della pavimentazione e tenuto conto dell’ora mattutina nella quale si era verificato l’incidente, ed era inoltre posto al di fuori della sede stradale, sul lato destro della carreggiata, alla confluenza della SS. n. 92 con lo svincolo per Piano del Campo, ad una distanza di trenta centimetri dalla linea bianca continua, risultando così agevolmente evitabile solo che il conducente avesse marciato all’interno delle strisce che delimitano la sede stradale, laddove il sinistro era stato determinato da una condotta di guida negligente ed imprudente di inversione di marcia, eseguita per rientrare sulla SS. n. 92, dopo aver erroneamente imboccato lo svincolo;
accertata la colpa del conducente, era irrilevante valutare l’omessa colorazione del muretto con strisce zebrate ai sensi dell’art. 175 del regolamento del codice della strada sussistendo, come ritenuto dalla Corte costituzionale con la sentenza 156/1999, ragioni di incompatibilità logica tra la colpa del danneggiato e la nozione di insidia, essendo quest’ultima contraddistinta dai caratteri della imprevedibilità e della inevitabilità del pericolo, che comportano necessariamente l’esclusione di qualunque colpa concorrente del danneggiato.
2. Con il primo motivo, denunciando omessa, contraddittoria o quanto meno insufficiente motivazione su punti decisivi della controversia prospettati dalle parti, in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 111, comma 6, Cost., i ricorrenti censurano la valutazione compiuta dal tribunale circa la oggettiva visibilità dell’ostacolo contro il quale ha urtato l’autocaravan. Sostengono che la visibilità era ridotta a causa delle condizioni atmosferiche (presenza di foschia nell’ora mattutina), e che il muretto si confondeva con la sede stradale.
2.1. Il motivo non è fondato.
La valutazione della sussistenza di una “insidia”, caratterizzata oggettivamente dalla non visibilità e soggettivamente dalla non prevedibilità del pericolo, costituisce giudizio di fatto, incensurabile in questa sede se adeguatamente e logicamente motivato.
E la sentenza impugnata ha congruamente motivato sul punto, svolgendo le considerazioni riassunte nel paragrafo n. 1.
3. Con il secondo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 2043 c.c. e dell’art. 43, comma 2, c.p., nonché dell’art. 2056 e 1227 c.c., in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., omessa motivazione su punti decisivi della controversia prospettati dalle parti, in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 111, comma 6, Cost., i ricorrenti addebitano al tribunale di aver erroneamente ritenuto irrilevante l’omessa colorazione del muretto con strisce di vernice bianca e nera a norma degli artt. 42 del codice della strada e 175 del regolamento, e non configurabile il concorso di colpa del danneggiato.
Sostengono, in relazione al primo profilo di censura, che l’accertata omissione, integrando violazione di norme di legge o di regolamento, doveva condurre ad affermare la responsabilità per colpa della P.A., per poi procedere alla valutazione della sussistenza del nesso causale, accertando se lo scopo perseguito dalla norma che prescrive la colorazione zebrata era proprio quello di prevenire l’evento dannoso realmente verificatosi, laddove il tribunale si è limitato ad enunciare, apoditticamente, l’irrilevanza della violazione di legge.
Affermano inoltre che, diversamente da quanto ritenuto dal tribunale, dal combinato disposto degli artt. 2056 e 1227 c.c. emerge che anche nell’illecito civile è astrattamente configurabile il concorso di colpa del danneggiato.
3.1. Il motivo è infondato sotto entrambi i profili.
3.1.1. Quanto al primo, va rilevato che la non conformità dello stato di manutenzione della strada pubblica è fonte di responsabilità della P.A. solo se determina l’insorgere di una situazione di pericolo, con i caratteri propri dell’insidia. La violazione di norme sulla segnalazione degli ostacoli mediante opportuna colorazione non può quindi essere di per sé fonte di responsabilità per colpa della P.A., occorrendo invece che l’omissione abbia determinato, nelle circostanze di tempo e di luogo in cui si è verificato il sinistro, una situazione di non visibilità oggettiva dell’ostacolo. Ma nella specie il tribunale ha escluso che sussistesse una situazione di tal genere avendo accertato la visibilità oggettiva del muretto, anche in difetto della colorazione con strisce zebrate, tenuto conto delle sue dimensioni, del colore più chiaro rispetto al manto stradale e dell’ora mattutina in cui si è verificato l’incidente. Risulta quindi corretta la valutazione di irrilevanza della violazione dell’art. 175 del regolamento del codice della strada, precisando, tuttavia, che l’irrilevanza è determinata dalla insussistenza dell’insidia e non già, come affermato dal tribunale, dalla accertata colpa del conducente.
3.1.2. Quanto al secondo, va rilevato che, secondo la più recente giurisprudenza di questa Corte, non sussiste incompatibilità della responsabilità colposa della P.A. in caso di insidia o trabocchetto stradale con il concorso del fatto colposo del danneggiato (sentenza 17152/2002), ma la diversa opinione manifestata dal tribunale non ha assunto rilevanza nell’economia della decisione, dal momento che, essendo stata esclusa la sussistenza della insidia e quindi della responsabilità colposa della P.A., non era in radice configurabile un concorso di colpa del danneggiato.
4. In conclusione, il ricorso è rigettato.
5. Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna in solido i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in euro 900,00, di cui euro 100,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.