Il credito del Comune nascente dall’avvenuta violazione amministrativa è soggetto a prescrizione quinquennale, termine che decorre dall’accertamento, fatta salva l’interruzione. Questa però è valida solo se il provvedimento d’irrogazione della sanzione sia stato notificato, non anche se sia stato semplicemente adottato.
Cass. Civ. Sez.I, Sentenza n. 22111 del 23 novembre 2004
CONSIDERATO
che il Comune di Roma, con determinazione dirigenziale del 22 gennaio 2001, notificata 1’8 marzo successivo, ha ingiunto ad Adriano Di Michele il pagamento della sanzione amministrativa di lire 2.500.000, per inosservanza dell’art. 12 secondo comma della legge 4 gennaio 1990 n. 1 (esercizio dell’attività di estetista senza la prevista autorizzazione), accertata con verbale dell’8 febbraio 1996;
che il Di Michele ha proposto opposizione dinanzi al Giudice di pace di Roma, deducendo l’estinzione del credito fatto valere dal Comune per effetto della prescrizione quinquennale di cui all’art. 28 della legge 24 novembre 1981 n. 689;
che il Giudice di pace, con sentenza depositata il 18 luglio 2001, ha respinto l’opposizione, sul rilievo che il termine di prescrizione non era scaduto alla data dell’emissione dell’ingiunzione (22 gennaio 2001);
che il Di Michele, con ricorso notificato al Comune di Roma il 2 ottobre 2001, ha chiesto la cassazione di tale sentenza, per violazione del citato art. 28, in relazione all’art. 2943 cod. civ., nonchè per insufficienza della motivazione, tornando a sostenere il perfezionarsi della prescrizione estintiva, dato che il termine di cinque anni, iniziato a decorrere dalla data dell’accertamento, non era stato interrotto dall’ emissione dell’ingiunzione, all’uopo occorrendone la notificazione (nella specie sopravvenuta dopo il quinquennio);
che il Comune non ha presentato controdeduzioni;
che l’art. 28 della legge n. 689 del 1981, assegnando per l’esercizio del credito inerente a sanzione pecuniaria amministrativa il termine di cinque anni e qualificandolo come termine di prescrizione (primo comma), espressamente richiama e rende applicabili le norme del codice civile sull’interruzione (secondo comma.);
che, quindi, il provvedimento d’irrogazione della sanzione pecuniaria e d’intimazione del pagamento della relativa somma ha efficacia interruttiva non per la mera formazione e sottoscrizione, ma solo se ed al momento in cui sia notificato o comunque portato a conoscenza del debitore, manifestandogli la volontà del creditore di conseguire l’adempimento, e così sia riconducibile fra gli atti contemplati dall’art. 2943 quarto comma cod. civ.;
che il principio, in linea con consolidato indirizzo di questa Corte (v. sentenze: 12 agosto 1992 n. 9545, 23 gennaio 1998 n. 617, 27 aprile 1999 n. 4201, 13 luglio 2001 n. 9520), richiede, con l’accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza impugnata, una conforme pronuncia di annullamento del provvedimento sanzionatorio (art. 384 primo comma cod. proc, civ.), il quale è stato notificato quando ormai si era determinata l’estinzione per prescrizione del diritto del Comune;
che le spese dell’intero giudizio vanno poste a carico della parte soccombente;
PER QUESTI MOTIVI
accoglie il ricorso, cassa la sentenza del Giudice di pace, e, decidendo nel merito, annulla il provvedimento impugnato, condannando il Comune di Roma al rimborso in favore di Adriano Di Michele delle spese processuali, che liquida, per il giudizio di merito, in euro 700,00, di cui euro 100,00 per diritti ed euro 500,00 per onorari, e, per il presente giudizio, in euro 850,00, di cui euro 750,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.