Le spese di spedizione della fattura sono a carico dell’emittente

di | 10 Novembre 2004
Sono a carico del soggetto che emette la fattura tutte le spese relative agli adempimenti connessi all’emissione della stessa, tra i quali rientrano anche “la consegna e la spedizione”, che come tali “…non possono formare oggetto di addebito a qualsiasi titolo".
Irrilevante è, il richiamo all’art. 14 delle “Condizioni generali di abbonamento”, allorquando si assume che l’abbonato, nel sottoscrivere il contratto di utenza, ha accetto anche l’onere di sopportare ogni spesa, imposta o tassa, incluse le spese postali di spedizione delle bollette telefoniche, inquanto si tratta di una clausola contenuta in un “contratto di massa" nulla ai sensi dell'Art.1469 quinquies.
Giudice di Pace di Cicciano, sentenza 1224/04

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE DI CICCIANO
Il Giudice di Pace di Cicciano, avv. Giuseppe Esposito Alaia ha pronunciato la seguente

SENTENZA
nella causa civile iscritta al n.1169/04 del R.G.A.C. vertente
TRA
TIZIO, rapp. e dif. in virtù di mandato a margine dell’atto di citazione dall’avv. (…) e dal p. avv. (…), e con loro elett.te dom.to in Camposano (NA) alla via (…);
ATTORE

E
Telecom Italia S.p.A., in persona del Procuratore Speciale, avv. (…), rapp.e dif. dall’avv. (…) in virtù di mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta e con lui elett.te dom.ta in Caserta, alla via (…);
CONVENUTA

Oggetto: risarcimento danni.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione ritualmente notificato, TIZIO conveniva in giudizio la Telecom Italia S.p.A., per sentirla condannare al pagamento della somma di € 2,59 a titolo di ripetizione dell’indebito, ed altra somma da determinare in via equitativa e, comunque, entro il limite della competenza del giudice adito, a titolo di risarcimento dei danni.

Premetteva l’attore, di essere titolare dell’utenza telefonica n. XXXXX, e che, in esecuzione di tale contratto, a partire dal 05/12/02, aveva regolarmente pagato n. 07 fatture, sulle quali la Telecom Italia S.p.A. aveva incassato indebitamente la somma complessiva di € 2,59, a titolo di spese di spedizione fattura.

Argomentava, altresì, che la predetta maggiorazione era in contrasto con quanto previsto dall’art. 21 co. 8 del D.P.R. n. 633/1972 (Legge I.V.A.) e, conseguentemente, costituiva violazione dell’”obbligo di correttezza e buona fede” sancito sia dall’art. 1175 c.c. sia dall’art. 1 della Legge 281/98 che prevede, tra i diritti dei consumatori, “il diritto alla correttezza, trasparenza ed equità nei rapporti contrattuali concernenti ben e servizi”.

Si costituiva la società convenuta eccependo, preliminarmente, il difetto di giurisdizione rispetto al giudice tributario nonché l’improponibilità e/o inammissibilità della domanda per mancato esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione, previsto dagli artt. 3 e 4 della delibera n. 182/02 Cons.

Nel merito, contestava l’infondatezza della domanda.

Risultato infruttuoso il tentativo di bonario componimento, reputata la causa provata per tabulas, veniva trattenuta a sentenza sulle conclusioni precisate.

MOTIVI DELLA DECISIONE
La domanda è fondata e merita accoglimento.
Va rigettata, preliminarmente, l’eccezione di difetto di giurisdizione posto che, ai sensi dell’art. 2, co. 1, del D.lgs. n. 546/92, “ appartengono alla giurisdizione tributaria le controversie aventi ad oggetto tributi di ogni genere e spese, compresi quelli addizionali, le sanzioni amministrative irrogate dagli uffici finanziari”. Nel caso di specie, parte attrice non contesta il pagamento di un tributo, bensì richiede la restituzione di una somma percepita indebitamente dalla Telecom Italia S.p.A. per spese spedizione fatture. Ne consegue che la competenza a decidere in materia spetta al Giudice di Pace.

Deve essere, altresì, disattesa, l’eccezione di improponibilità e/o improcedibilità della domanda per mancato esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione, dal momento che la delibera n. 182/02 Cons.. all’art. 3, prevede che “gli utenti singoli o associati, ovvero gli organismi di telecomunicazioni, che lamentino la violazione di un proprio diritto o interesse protetti da un accordo di diritto privato, o dalla norma in materia di telecomunicazioni attribuite alla competenza dell’autorità e che intendono agire in giudizio, sono tenuti a promuovere preventivamente un tentativo di conciliazione dinanzi al CORECOM competente per territorio”: è chiaro che la predetta normativa non può trovare applicazione nella fattispecie in oggetto. Invero, il tentativo obbligatorio di conciliazione, in quanto norma speciale non suscettibile d’interpretazione estensiva, risulta circoscritto alle controversie aventi ad oggetto diritti tutelati da accordi di diritto privato o da norme in materia di telecomunicazioni, e non per la tutela di un diritto soggettivo protetto da una norma di legge, come nel caso in esame (cfr. art. 21 D.P.R. 633/7 ed art. 2033 c.c.).

Nel merito, di nessun pregio giuridico appare la difesa di parte convenuta. L’art. 21 del D.P.R. n. 633/72, infatti, espressamente dispone che “le spese di emissione di fattura e dei conseguenti adempimenti e formalità non possono formare oggetto di addebito a qualsiasi titolo”.

A questo punto, premesso che l’art. 12 delle preleggi riconosce carattere primario all’interpretazione letterale della norma, conferendo carattere sussidiario agli altri criteri ermeneutici, ai quali non è consentito dare ingresso quando la lettera della legge non dà luogo a dubbi, nella fattispecie in esame, l’indagine letterale è chiara. Il legislatore ha, infatti, posto a carico del soggetto che emette la fattura tutte le spese relative agli adempimenti connessi all’emissione della stessa, tra i quali rientrano, a parere di questo Giudicante, anche “la consegna e la spedizione”, che come tali “…non possono formare oggetto di addebito a qualsiasi titolo”.

Irrilevante è, inoltre, il richiamo di parte convenuta all’art. 14 delle “Condizioni generali di abbonamento”, allorquando assume che l’abbonato, nel sottoscrivere il contratto di utenza, ha accetto anche l’onere di sopportare ogni spesa, imposta o tassa, incluse le spese postali di spedizione delle bollette telefoniche.

In realtà, in tal caso, si tratta di una clausola contenuta in un “contratto di massa”, imposto dall’imprenditore-commerciale all’utente-consumatore, privo di ogni diritto alla contrattazione, inefficace ai sensi dell’art. 1469 quinquies n.3 c.c., costituendo un’evidente clausola vessatoria che, in ogni caso, va disapplicata perché in contrasto con il suindicato art. 21 co. 8 della cd. Legge sull’I.V.A.. Ne consegue che la convenuta Telecom Italia S.p.A., addebitando le spese di spedizione della fattura all’utente, in violazione a quanto disposto dal legislatore, ha ottenuto un illecito arricchimento che comporta il diritto per il consumatore ad ottenere la ripetizione di quanto indebitamente pagato, maggiorato degli interessi.

Tale illecito comportamento, infatti, reiterato nel tempo, ha concretizzato un abuso di una posizione dominante e come tale ha violato il principio di buona fede che sottende ad ogni rapporto contrattuale, integrando così la violazione sia dell’art. 1175 c.c. nonché della Legge 281/98 posta a tutela del consumatore: ciò, quindi, comporta il diritto di quest’ultimo al risarcimento del danno che può essere quantificato, ai sensi dell’art. 1226 c.c., nella somma di € 100,00.

Concludendo la domanda viene accolta; le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.
Il Giudice di Pace di Cicciano, in persona dell’avv. Giuseppe Esposito Alaia, definitivamente pronunciando così provvede:

1) accoglie la domanda attrice e per l’effetto condanna la Telecom Italia S.p.A., in persona del Procuratore Speciale p.t., al pagamento della somma di € 2,59 oltre interessi, a titolo di ripetizione di indebito, e di € 100,00 a titolo di risarcimento danni, a favore di TIZIO;

2) condanna, altresì, la soccombente al pagamento delle spese e competenze del presente giudizio che si liquidano in complessive € 220,00 di cui € 20,00 per spese, € 80,00 per diritti ed € 120,00 per onorari, oltre I.V.A. e C.P.A., come per legge, da distrarsi a favore del procuratore costituito antistatario.

Esecutività come per legge.

Così deciso, in Cicciano
IL GIUDICE DI PACE
Avv. Giuseppe Esposito Alaia

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