LIBRO PRIMO – Titolo VII – Dello stato di figlio

di | 7 Dicembre 1980
Titolo VII
Dello stato di figlio
Capo I
Della presunzione di paternità
Art. 231. Paternità del marito. (1)
Il marito è padre del figlio concepito o nato durante il matrimonio.
(1) Articolo così sostituito dall’art. 8, comma 1, D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014
Art. 232. Presunzione di concepimento durante il matrimonio.
Si presume concepito durante il matrimonio il figlio nato quando non sono ancora trascorsi trecento giorni dalla data dell’annullamento, dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio. (1)
La presunzione non opera decorsi trecento giorni dalla pronuncia di separazione giudiziale o dalla omologazione di separazione consensuale ovvero dalla data della comparizione dei coniugi avanti al giudice quando gli stessi sono stati autorizzati a vivere separatamente nelle more del giudizio di separazione o dei giudizi previsti nel comma precedente.
(1) Comma così sostituito dall’art. 9, comma 1, D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
Art. 233.  Nascita del figlio prima dei centottanta giorni. (1)
(…………..)
 (1) Articolo abrogato dall’art. 106, comma 1, lett. a), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
Art. 234. Nascita del figlio dopo i trecento giorni.
Ciascuno dei coniugi e i loro eredi possono provare che il figlio, nato dopo i trecento giorni dall’annullamento, dallo scioglimento o dalla cessazione degli effetti civili del matrimonio, è stato concepito durante il matrimonio.
Possono analogamente provare il concepimento durante la convivenza quando il figlio sia nato dopo i trecento giorni dalla pronuncia di separazione giudiziale, o dalla omologazione di separazione consensuale ovvero dalla data di comparizione dei coniugi avanti al giudice quando gli stessi sono stati autorizzati a vivere separatamente nelle more del giudizio di separazione o dei giudizi previsti nel comma precedente.
In ogni caso il figlio può provare di essere stato concepito durante il matrimonio. (1)
(1) Comma così sostituito dall’art. 10, comma 1, D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014
Art. 235. Disconoscimento di paternità. (1)
(…………..)
 (1) Articolo abrogato dall’art. 106, comma 1, lett. a), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
Capo II
Delle prove della filiazione
Art. 236. Atto di nascita e possesso di stato.
La filiazione si prova con l’atto di nascita iscritto nei registri dello stato civile. (1)
Basta in mancanza di questo titolo il possesso continuo dello stato di figlio . (1)
(1) Comma così modificato dall’art. 11, comma 1, D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014
Art. 237. Fatti costitutivi del possesso di stato.
Il possesso di stato risulta da una serie di fatti che nel loro complesso valgono a dimostrare le relazioni di filiazione e di parentela fra una persona e la famiglia a cui essa pretende di appartenere.
In ogni caso devono concorrere i seguenti fatti:
che il genitore abbia trattato la persona come figlio ed abbia provveduto in questa qualità al mantenimento, all’educazione e al collocamento di essa.
che la persona sia stata costantemente considerata come tale nei rapporti sociali.
che sia stata riconosciuta in detta qualità dalla famiglia. (1)
(1) Comma così sostituito dall’art. 12, comma 1, D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014
Art. 238. rreclamabilità di uno stato di figlio contrario a quello attribuito dall’atto di nascita. (1)
Salvo quanto disposto dagli articoli 128, 234, 239, 240 e 244, nessuno può reclamare uno stato contrario a quello che gli attribuiscono l’atto di nascita di figlio legittimo e il possesso di stato conforme all’atto stesso.(2)
[…..]  (3)
(1) Rubrica così sostituito dall’art. 13, comma 1, lett. a), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014
(2) Comma così modificato dall’art. 13, comma 1, lett. b), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014
(3) Comma abrogato  dall’art. 13, comma 1, lett. c), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014
Art. 239. Reclamo dello stato di figlio. (1)
Qualora si tratti di supposizione di parto o di sostituzione di neonato, il figlio può reclamare uno stato diverso.
L’azione di reclamo dello stato di figlio può essere esercitata anche da chi è nato nel matrimonio ma fu iscritto come figlio di ignoti, salvo che sia intervenuta sentenza di adozione.
L’azione può inoltre essere esercitata per reclamare uno stato di figlio conforme alla presunzione di paternità da chi è stato riconosciuto in contrasto con tale presunzione e da chi fu iscritto in conformità di altra presunzione di paternità.
L’azione può, altresì, essere esercitata per reclamare un diverso stato di figlio quando il precedente è stato comunque rimosso.
(1) Articolo così sostituito dall’art. 14, comma 1, D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014
Art. 240. Contestazione dello stato di figlio. (1)
Lo stato di figlio può essere contestato nei casi di cui al primo e secondo comma dell’articolo 239.
(1) Articolo così sostituito dall’art. 15, comma 1, D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014
Art. 241. Prova in giudizio. (1)
Quando mancano l’atto di nascita e il possesso di stato, la prova della filiazione può darsi in giudizio con ogni mezzo. (2)
[…….]  (3)
(1) Rubrica così sostituita dall’art. 16, comma 1, lett. a), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
(2) Comma così sostituito dall’art. 16, comma 1, lett. b), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014
(3) Comma abrogato dall’art. 16, comma 1, lett. c), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014
Art. 242. Principio di prova per iscritto. (1)
(…………..)
 (1) Articolo abrogato dall’art. 106, comma 1, lett. a), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
Art. 243. Prova contraria. (1)
(…………..)
 (1) Articolo abrogato dall’art. 106, comma 1, lett. a), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
Art. 243-bis. Disconoscimento di paternità. (1)
L’azione di disconoscimento di paternità del figlio nato nel matrimonio può essere esercitata dal marito, dalla madre e dal figlio medesimo.
Chi esercita l’azione è ammesso a provare che non sussiste rapporto di filiazione tra il figlio e il presunto padre.
La sola dichiarazione della madre non esclude la paternità.
(1) Articolo inserito dall’art. 17, comma 1, D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
 ____________
 Cfr. Cassazione Civile, sez. I, sentenza 28 marzo 2017 n° 7965.
Capo III
Dell’azione di disconoscimento e delle azioni di contestazione e di reclamo dello stato di figlio
Art. 244. Termini dell’azione di disconoscimento. (1)
L’azione di disconoscimento della paternità da parte della madre deve essere proposta nel termine di sei mesi dalla nascita del figlio ovvero dal giorno in cui è venuta a conoscenza dell’impotenza di generare del marito al tempo del concepimento.
Il marito può disconoscere il figlio nel termine di un anno che decorre dal giorno della nascita quando egli si trovava al tempo di questa nel luogo in cui è nato il figlio; se prova di aver ignorato la propria impotenza di generare ovvero l’adulterio della moglie al tempo del concepimento, il termine decorre dal giorno in cui ne ha avuto conoscenza.
Se il marito non si trovava nel luogo in cui è nato il figlio il giorno della nascita il termine, di cui al secondo comma, decorre dal giorno del suo ritorno o dal giorno del ritorno nella residenza familiare se egli ne era lontano. In ogni caso, se egli prova di non aver avuto notizia della nascita in detti giorni, il termine decorre dal giorno in cui ne ha avuto notizia.
Nei casi previsti dal primo e dal secondo comma l’azione non può; essere, comunque, proposta oltre cinque anni dal giorno della nascita.
L’azione di disconoscimento della paternità può essere proposta dal figlio che ha raggiunto la maggiore età. L’azione è imprescrittibile riguardo al figlio.
L’azione può essere altresì promossa da un curatore speciale nominato dal giudice, assunte sommarie informazioni, su istanza del figlio minore che ha compiuto i quattordici anni ovvero del pubblico ministero o dell’altro genitore, quando si tratti di figlio di età inferiore.
(1) Articolo così sostituito dall’art. 18, comma 1, D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
Art. 245. Sospensione del termine. (1)
Se la parte interessata a promuovere l’azione di disconoscimento di paternità si trova in stato di interdizione per infermità di mente ovvero versa in condizioni di abituale grave infermità di mente, che lo renda incapace di provvedere ai propri interessi, la decorrenza del termine indicato nell’articolo 244 è sospesa nei suoi confronti, sino a che duri lo stato di interdizione o durino le condizioni di abituale grave infermità di mente.
Quando il figlio si trova in stato di interdizione ovvero versa in condizioni di abituale grave infermità di mente, che lo renda incapace di provvedere ai propri interessi, l’azione può essere altresì promossa da un curatore speciale nominato dal giudice, assunte sommarie informazioni, su istanza del pubblico ministero, del tutore, o dell’altro genitore. Per gli altri legittimati l’azione può essere proposta dal tutore o, in mancanza di questo, da un curatore speciale, previa autorizzazione del giudice.
(1) Articolo così sostituito dall’art. 19, comma 1, D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
Art. 246. Trasmissibilità dell’azione. (1)
Se il presunto padre o la madre titolari dell’azione di disconoscimento di paternità sono morti senza averla promossa, ma prima che sia decorso il termine previsto dall’articolo 244, sono ammessi ad esercitarla in loro vece i discendenti o gli ascendenti; il nuovo termine decorre dalla morte del presunto padre o della madre, o dalla nascita del figlio se si tratta di figlio postumo o dal raggiungimento della maggiore età da parte di ciascuno dei discendenti.
Se il figlio titolare dell’azione di disconoscimento di paternità è  morto senza averla promossa sono ammessi ad esercitarla in sua vece il coniuge o i discendenti nel termine di un anno che decorre dalla morte del figlio o dal raggiungimento della maggiore età da parte di ciascuno dei discendenti.
Si applicano il sesto comma dell’articolo 244 e l’articolo 245.
(1) Articolo così sostituito dall’art. 19, comma 2, D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014
Art. 247. Legittimazione passiva.
Il presunto padre, la madre ed il figlio sono litisconsorti necessari nel giudizio di disconoscimento.
Se una delle parti è minore o interdetta, l’azione è proposta in contraddittorio con un curatore nominato dal giudice davanti al quale il giudizio deve essere promosso.
Se una delle parti è un minore emancipato o un maggiore inabilitato, l’azione è proposta contro la stessa assistita da un curatore parimenti nominato dal giudice.
Se il presunto padre o la madre o il figlio sono morti, l’azione si propone nei confronti delle persone indicate nell’articolo precedente o, in loro mancanza, nei confronti di un curatore parimenti nominato dal giudice.
Art. 248. Legittimazione all’azione di contestazione dello stato di figlio. Imprescrittibilità. (1)
L’azione di contestazione dello stato di figlio spetta a chi dall’atto di nascita del figlio risulti suo genitore e a chiunque vi abbia interesse. (2)
L’azione è imprescrittibile.
Quando l’azione è proposta nei confronti di persone premorte o minori o altrimenti incapaci, si osservano le disposizioni dell’articolo precedente.
Nel giudizio devono essere chiamati entrambi i genitori.
Si applicano il sesto comma dell’articolo 244 e il secondo comma dell’articolo 245. (3)
(1 ) Rubrica così sostituita dall’art. 20, comma 1, lett. a), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014
(2) Comma così sostituito dall’art. 20, comma 1, lett. b), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014
(3) Comma aggiunto  dall’art. 20, comma 1, lett. c), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014
Art. 249. Legittimazione all’azione di reclamo dello stato di figlio. Imprescrittibilità. (1)
L’azione per reclamare lo stato di figlio spetta al medesimo.
L’azione è imprescrittibile.
Quando l’azione è proposta nei confronti di persone premorte o minori o altrimenti incapaci, si osservano le disposizioni dell’articolo 247.
Nel giudizio devono essere chiamati entrambi i genitori.
Si applicano il sesto comma dell’articolo 244 e il secondo comma dell’articolo 245.
(1) Articolo così sostituito dall’art. 21, comma 1, D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014
Capo IV
Del riconoscimento dei figli nati fuori dal matrimonio
Art. 250. (1) (2) (3) Riconoscimento.
Il figlio nato fuori del matrimonio può essere riconosciuto, nei modi previsti dall’articolo 254, dalla madre e dal padre, anche se già uniti in matrimonio con altra persona all’epoca del concepimento. Il riconoscimento può avvenire tanto congiuntamente quanto separatamente (4) (5).
Il riconoscimento del figlio che ha compiuto i quattordici anni non produce effetto senza il suo assenso (6).
Il riconoscimento del figlio che non ha compiuto i quattordici anni non può avvenire senza il consenso dell’altro genitore che abbia già effettuato il riconoscimento (7) (8).
Il consenso non può essere rifiutato se risponde all’interesse del figlio. Il genitore che vuole riconoscere il figlio, qualora il consenso dell’altro genitore sia rifiutato, ricorre al giudice competente il quale, assunta ogni opportuna informazione e disposto l’ascolto del minore, adotta eventuali provvedimenti temporanei e urgenti al fine di instaurare la relazione, salvo che la difesa del convenuto non sia palesemente fondata. Con la sentenza che tiene luogo del consenso mancante, il giudice adotta i provvedimenti opportuni in relazione all’affidamento e al mantenimento del minore ai sensi dell’articolo 315-bis e al suo cognome ai sensi dell’articolo 262 (9).
Il riconoscimento non può essere fatto dai genitori che non abbiano compiuto il sedicesimo anno di età, salvo che il giudice li autorizzi, valutate le circostanze e avuto riguardo all’interesse del figlio (10).
(1) Articolo così sostituito dall’art. 102, L. 19 maggio 1975, n. 151, sulla riforma del diritto di famiglia.
(2) La Corte costituzionale, con sentenza 7-11 marzo 2011, n. 83 (Gazz. Uff. 16 marzo 2011, n. 12 – Prima serie speciale), ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità del presente articolo, in riferimento agli articoli 2, 3, 24, 30, 31 e 111 Cost.
Successivamente, la Corte costituzionale, con sentenza 21 ottobre-15 novembre 2019, n. 237 (Gazz. Uff. 20 novembre 2019, n. 47 – Prima serie speciale), ha dichiarato, tra l’altro, inammissibile la questione di legittimità costituzionale della «norma che si desume» dagli artt. 250 e 449 del codice civile, per contrasto con gli artt. 2, 3, 24, 30 e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione agli artt. 3 e 7 della Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva con L. 27 maggio 1991, n. 176.
Infine, la Corte costituzionale, con sentenza 28 gennaio-9 marzo 2021, n. 32 (Gazz. Uff. 10 marzo 2021, n. 10 – Prima serie speciale), ha dichiarato, tra l’altro inammissibili le questioni di legittimità costituzionale del presente articolo, in riferimento agli artt. 2, 3, 30 e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione agli artt. 2, 3, 4, 5, 7, 8 e 9 della Convenzione sui diritti del fanciullo, firmata a New York il 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva con L. 27 maggio 1991, n. 176, e agli artt. 8 e 14 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con L. 4 agosto 1955, n. 848.
(3) Vedi, anche, gli artt. 230 e 231 della L. 19 maggio 1975, n. 151.
(4) Comma così sostituito dall’art. 1, comma 2, lett. a), L. 10 dicembre 2012, n. 219.
(5) Vedi anche il R.D. 8 luglio 1938, n. 1415, di approvazione dei testi della legge di guerra e della legge di neutralità.
(6) Comma così modificato dall’art. 1, comma 2, lett. b), L. 10 dicembre 2012, n. 219.
(7) Comma così modificato dall’art. 1, comma 2, lett. c), L. 10 dicembre 2012, n. 219.
(8) La Corte costituzionale, con sentenza 14-19 gennaio 1987, n. 8 (Gazz. Uff. 28 gennaio 1987, n. 5 – Prima serie speciale), ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità del presente comma, in riferimento agli artt. 3 e 30 Cost.
(9) Comma sostituito dall’art. 1, comma 2, lett. d), L. 10 dicembre 2012, n. 219. Successivamente, il presente comma è stato così sostituito dall’art. 1, comma 3, D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, a decorrere dal 18 ottobre 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 52, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 149/2022. Per l’applicabilità e l’effetto di tale disposizione vedi l’art. 35 del medesimo D.Lgs. n. 149/2022.
(10) Comma così modificato dall’art. 1, comma 2, lett. e), L. 10 dicembre 2012, n. 219.
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 Cfr. Tribunale, Prato, sez. unica civile, sentenza 27 luglio 2017 n° 652, Cassazione Civile, sez. I, sentenza 07/03/2017 n° 7762.
Art. 251. (1)
Autorizzazione al riconoscimento.
Il figlio nato da persone, tra le quali esiste un vincolo di parentela in linea retta all’infinito o in linea collaterale nel secondo grado, ovvero un vincolo di affinità in linea retta, può essere riconosciuto previa autorizzazione del giudice avuto riguardo all’interesse del figlio e alla necessità di evitare allo stesso qualsiasi pregiudizio.
Il riconoscimento di una persona minore di età è autorizzato dal giudice. (1)
(1) Comma così modificato dall’art. 22, comma 1, D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014
Art. 252. Affidamento del figlio nato fuori del matrimonio e suo inserimento nella famiglia del genitore. (1)
Qualora il figlio nato fuori del matrimonio di uno dei coniugi sia riconosciuto durante il matrimonio il giudice, valutate le circostanze, decide in ordine all’affidamento del minore e adotta ogni altro provvedimento a tutela del suo interesse morale e materiale. (2)
L’eventuale inserimento del figlio nato fuori del matrimonio nella famiglia legittima di uno dei genitori può essere autorizzato dal giudice qualora ciò non sia contrario all’interesse del minore e sia accertato il consenso dell’altro coniuge convivente e degli altri figli che abbiano compiuto il sedicesimo anno di età e siano conviventi, nonché dell’altro genitore che abbia effettuato il riconoscimento. In questo caso il giudice stabilisce le condizioni cui ciascun genitore deve attenersi. (3)
Qualora il figlio sia riconosciuto anteriormente al matrimonio, il suo inserimento nella famiglia è subordinato al consenso dell’altro coniuge, a meno che il figlio fosse già convivente con il genitore all’atto del matrimonio o l’altro coniuge conoscesse l’esistenza del figlio. (4)
È altresì richiesto il consenso dell’altro genitore che abbia effettuato il riconoscimento. (5)
In caso di disaccordo tra i genitori, ovvero di mancato consenso degli altri figli conviventi, la decisione è rimessa al giudice tenendo conto dell’interesse dei minori. Prima dell’adozione del provvedimento, il giudice dispone l’ascolto dei figli minori che abbiano compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capaci di discernimento. (6)
(1) Rubrica così sostituita dall’art. 23, comma 1, lett. a), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
(2) Comma così modificato dall’art. 23, comma 1, lett. b), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
(3) Comma così modificato dall’art. 23, comma 1, lett. c), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
(4) Comma così modificato dall’art. 23, comma 1, lett. d), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
(5) Comma così modificato dall’art. 23, comma 1, lett. e), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
(6) Comma aggiunto dall’art. 23, comma 1, lett. f), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
Art. 253. Inammissibilità del riconoscimento.
In nessun caso è ammesso un riconoscimento in contrasto con lo stato di figlio in cui la persona si trova. (1)
(1) Comma così modificato dall’art. 24, comma 1, D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
Art. 254. Forma del riconoscimento.
Il riconoscimento del figlio nato fuori del matrimonio è fatto nell’atto di nascita, oppure con una apposita dichiarazione, posteriore alla nascita o al concepimento, davanti ad un ufficiale dello stato civile [o davanti al giudice tutelare] (1) o in un atto pubblico o in un testamento, qualunque sia la forma di questo. (2)
[……..]  (3)
(1) Parole soppresse dal D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.
(2) Comma così modificato dall’art. 25, comma 1, lett. a), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
(3) Comma abrogato dall’art. 25, comma 1, lett. b), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
Art. 255. Riconoscimento di un figlio premorto.
Può anche aver luogo il riconoscimento del figlio premorto, in favore dei suoi discendenti. (1)
(1) Comma così modificato dall’art. 26, comma 1, D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
Art. 256. Irrevocabilità del riconoscimento.
Il riconoscimento è irrevocabile. Quando è contenuto in un testamento ha effetto dal giorno della morte del testatore, anche se il testamento è stato revocato.
Art. 257. Clausole limitatrici.
È nulla ogni clausola diretta a limitare gli effetti del riconoscimento.
Art. 258. Effetti del riconoscimento.
Il riconoscimento produce effetti riguardo al genitore da cui fu fatto e riguardo ai parenti di esso. (1)
L’atto di riconoscimento di uno solo dei genitori non può contenere indicazioni relative all’altro genitore. Queste indicazioni, qualora siano state fatte, sono senza effetto.
Il pubblico ufficiale che le riceve e l’ufficiale dello stato civile che le riproduce sui registri dello stato civile sono puniti con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da € 20 a € 82. Le indicazioni stesse devono essere cancellate.
(1) Il periodo: “salvo i casi previsti dalla legge.” è stato così sostituito dall’art. 1, L. 10 dicembre 2012, n. 219.
Art. 259. (1) Introduzione del figlio naturale nella casa coniugale.
(…)
(1) L’articolo che recitava: “Il figlio naturale di uno dei coniugi, riconosciuto durante il matrimonio, non può essere introdotto nella casa coniugale se non col consenso dell’altro coniuge, salvo che questi abbia già dato il suo assenso al riconoscimento.” è stato abrogato dalla L. 19 maggio 1975, n. 151.
Art. 260. (1)
Poteri dei genitori.
(…)
(1) L’articolo che recitava: “Il genitore che ha riconosciuto il figlio naturale ha rispetto a lui i diritti derivanti dalla patria potestà tranne l’usufrutto legale.
Se il riconoscimento è fatto dai due genitori, congiuntamente o separatamente, i diritti derivanti dalla patria potestà sono esercitati dal padre. In caso di morte del padre, di lontananza o di altro impedimento che renda a lui impossibile l’esercizio dei diritti derivanti dalla patria potestà, e nel caso di decadenza da tali diritti secondo le norme del titolo IX di questo libro, questi diritti sono esercitati dalla madre.
Se l’interesse del figlio lo esige, il tribunale può attribuire alla madre, invece che al padre, l’esercizio dei diritti derivanti dalla patria potestà; può altresì limitare l’esercizio di questi diritti, ovvero escludere dall’esercizio di essi, in casi gravi, tutti e due i genitori.” è stato abrogato dalla L. 19 maggio 1975, n. 151.
Art. 261. Diritti e doveri derivanti al genitore dal riconoscimento. (1)
(…………..)
 (1) Articolo abrogato dall’art. 106, comma 1, lett. a), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
Art. 262. Cognome del figlio nato fuori del matrimonio. (1) (6) (7)
Il figlio assume il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto. Se il riconoscimento è stato effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori il figlio assume il cognome del padre. (2)  (8)
Se la filiazione nei confronti del padre è stata accertata o riconosciuta successivamente al riconoscimento da parte della madre, il figlio può assumere il cognome del padre aggiungendolo, anteponendolo o sostituendolo a quello della madre. (3)
Se la filiazione nei confronti del genitore è stata accertata o riconosciuta successivamente all’attribuzione del cognome da parte dell’ufficiale dello stato civile, si applica il primo e il secondo comma del presente articolo; il figlio può mantenere il cognome precedentemente attribuitogli, ove tale cognome sia divenuto autonomo segno della sua identità personale, aggiungendolo, anteponendolo o sostituendolo al cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto o al cognome dei genitori in caso di riconoscimento da parte di entrambi. (4)
Nel caso di minore età del figlio, il giudice decide circa l’assunzione del cognome del genitore, previo ascolto del figlio minore, che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento. (5)
(1) Rubrica così modificata dall’art. 27, comma 1, lett. a), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
(2) Comma così modificato dall’art. 27, comma 1, lett. b), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
(3) Comma così sostituito dall’art. 27, comma 1, lett. c), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
(4) Comma inserito dall’art. 27, comma 1, lett. d), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
(5) Comma così modificato dall’art. 27, comma 1, lett. e), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
(6) Articolo così sostituito dall’art. 111, L. 19 maggio 1975, n. 151, sulla riforma del diritto di famiglia.
(7) La Corte costituzionale, con sentenza 18-23 luglio 1996, n. 297 (Gazz. Uff. 31 luglio 1996, n. 31 – Prima serie speciale), ha dichiarato l’illegittimità del presente articolo, nella parte in cui non prevede che il figlio naturale, nell’assumere il cognome del genitore che lo ha riconosciuto, possa ottenere dal giudice il riconoscimento del diritto a mantenere, anteponendolo o, a sua scelta, aggiungendolo a questo, il cognome precedentemente attribuitogli con atto formalmente legittimo, ove tale cognome sia divenuto autonomo segno distintivo della sua identità personale. Successivamente la stessa Corte, con sentenza 8 novembre-21 dicembre 2016, n. 286 (Gazz. Uff. 28 dicembre 2016, n. 52 – Prima serie speciale), ha dichiarato: 1) l’illegittimità costituzionale della norma desumibile dagli artt. 237, 262 e 299 del codice civile; 72, primo comma, del R.D. 9 luglio 1939, n. 1238; e 33 e 34 del D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396, nella parte in cui non consente ai coniugi, di comune accordo, di trasmettere ai figli, al momento della nascita, anche il cognome materno; 2) in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della L. 11 marzo 1953, n. 87, l’illegittimità costituzionale dell’art. 262, primo comma, cod. civ., nella parte in cui non consente ai genitori, di comune accordo, di trasmettere al figlio, al momento della nascita, anche il cognome materno; 3) in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge n. 87 del 1953, l’illegittimità costituzionale dell’art. 299, terzo comma, cod. civ., nella parte in cui non consente ai coniugi, in caso di adozione compiuta da entrambi, di attribuire, di comune accordo, anche il cognome materno al momento dell’adozione.
(8) La Corte costituzionale, con sentenza 8 novembre-21 dicembre 2016, n. 286 (Gazz. Uff. 28 dicembre 2016, n. 52 – Prima serie speciale), ha dichiarato: 1) l’illegittimità costituzionale della norma desumibile dagli artt. 237, 262 e 299 del codice civile; 72, primo comma, del R.D. 9 luglio 1939, n. 1238; e 33 e 34 del D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396, nella parte in cui non consente ai coniugi, di comune accordo, di trasmettere ai figli, al momento della nascita, anche il cognome materno; 2) in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della L. 11 marzo 1953, n. 87, l’illegittimità costituzionale dell’art. 262, primo comma, cod. civ., nella parte in cui non consente ai genitori, di comune accordo, di trasmettere al figlio, al momento della nascita, anche il cognome materno; 3) in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge n. 87 del 1953, l’illegittimità costituzionale dell’art. 299, terzo comma, cod. civ., nella parte in cui non consente ai coniugi, in caso di adozione compiuta da entrambi, di attribuire, di comune accordo, anche il cognome materno al momento dell’adozione. Successivamente, la Corte costituzionale, con sentenza 27 aprile-31 maggio 2022, n. 131 (Gazz. Uff. 1° giugno 2022, n. 22, Prima serie speciale), ha dichiarato, tra l’altro: 1) l’illegittimità costituzionale dell’art. 262, primo comma, del codice civile, nella parte in cui prevede, con riguardo all’ipotesi del riconoscimento effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori, che il figlio assume il cognome del padre, anziché prevedere che il figlio assume i cognomi dei genitori, nell’ordine dai medesimi concordato, fatto salvo l’accordo, al momento del riconoscimento, per attribuire il cognome di uno di loro soltanto; 2) in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27, L. 11 marzo 1953, n. 87, l’illegittimità costituzionale della norma desumibile dagli artt. 262, primo comma, e 299, terzo comma, cod. civ., 27, comma 1, della legge 4 maggio 1983, n. 184 e 34 del D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396, nella parte in cui prevede che il figlio nato nel matrimonio assume il cognome del padre, anziché prevedere che il figlio assume i cognomi dei genitori, nell’ordine dai medesimi concordato, fatto salvo l’accordo, alla nascita, per attribuire il cognome di uno di loro soltanto.
Art. 263. Impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità. (1)
Il riconoscimento può essere impugnato per difetto di veridicità dall’autore del riconoscimento, da colui che è stato riconosciuto e da chiunque vi abbia interesse.
L’azione è imprescrittibile riguardo al figlio.
L’azione di impugnazione da parte dell’autore del riconoscimento deve essere proposta nel termine di un anno che decorre dal giorno dell’annotazione del riconoscimento sull’atto di nascita. Se l’autore del riconoscimento prova di aver ignorato la propria impotenza al tempo del concepimento, il termine decorre dal giorno in cui ne ha avuto conoscenza; nello stesso termine, la madre che abbia effettuato il riconoscimento è ammessa a provare di aver ignorato l’impotenza del presunto padre. L’azione non può essere comunque proposta oltre cinque anni dall’annotazione del riconoscimento. (2)
L’azione di impugnazione da parte degli altri legittimati deve essere proposta nel termine di cinque anni che decorrono dal giorno dall’annotazione del riconoscimento sull’atto di nascita. Si applica l’articolo 245.
(1) Articolo così sostituito dall’art. 28, comma 1, D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
(2) La Corte costituzionale, con la sentenza 25 giugno 2021, n. 133, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 263, terzo comma, codice civile, come modificato dall’art. 28, comma 1, del decreto legislativo 28 dicembre 2013, n. 154, nella parte in cui non prevede che, per l’autore del riconoscimento, il termine annuale per proporre l’azione di impugnazione decorra dal giorno in cui ha avuto conoscenza della non paternità
Art. 264. Impugnazione da parte del figlio minore. (1)
L’impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità può essere altresì promossa da un curatore speciale nominato dal giudice, assunte sommarie informazioni, su istanza del figlio minore che ha compiuto quattordici anni, ovvero del pubblico ministero o dell’altro genitore che abbia validamente riconosciuto il figlio, quando si tratti di figlio di età inferiore.
(1) Articolo così sostituito dall’art. 29, comma 1, D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014.
Art. 265. Impugnazione per violenza.
Il riconoscimento può essere impugnato per violenza dall’autore del riconoscimento entro un anno dal giorno in cui la violenza è cessata.
Se l’autore del riconoscimento è minore, l’azione può essere promossa entro un anno dal conseguimento dell’età maggiore.
Art. 266. Impugnazione del riconoscimento per effetto di interdizione giudiziale.
Il riconoscimento può essere impugnato per l’incapacità che deriva da interdizione giudiziale dal rappresentante dell’interdetto e, dopo la revoca dell’interdizione, dall’autore del riconoscimento, entro un anno dalla data della revoca.
Art. 267. Trasmissibilità dell’azione.
Nei casi indicati dagli articoli 265 e 266, se l’autore del riconoscimento è morto senza aver promosso l’azione, ma prima che sia scaduto il termine, l’azione può essere promossa dai discendenti, dagli ascendenti o dagli eredi.
Nel caso indicato dal primo comma dell’articolo 263, se l’autore del riconoscimento è morto senza aver promosso l’azione, ma prima che sia decorso il termine previsto dal terzo comma dello stesso articolo, sono ammessi ad esercitarla in sua vece i discendenti o gli ascendenti, entro un anno decorrente dalla morte dell’autore del riconoscimento o dalla nascita del figlio se si tratta di figlio postumo o dal raggiungimento della maggiore età da parte di ciascuno dei discendenti. (1)
Se il figlio riconosciuto è morto senza aver promosso l’azione di cui all’articolo 263, sono ammessi ad esercitarla in sua vece il coniuge o i discendenti nel termine di un anno che decorre dalla morte del figlio riconosciuto o dal raggiungimento della maggiore età da parte di ciascuno dei discendenti. (1)
La morte dell’autore del riconoscimento o del figlio riconosciuto non impedisce l’esercizio dell’azione da parte di coloro che ne hanno interesse, nel termine di cui al quarto comma dell’articolo 263. (1)
Si applicano il sesto comma dell’articolo 244 e l’articolo 245. (1)
(1) Comma aggiunto dall’art. 30, comma 1, D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014
Art. 268. Provvedimenti in pendenza del giudizio.
Quando è impugnato il riconoscimento, il giudice può dare, in pendenza del giudizio, i provvedimenti che ritenga opportuni nell’interesse del figlio.
Capo V
Della dichiarazione giudiziale della paternità e della maternità
Art. 269. Dichiarazione giudiziale di paternità e maternità.
La paternità e la maternità possono essere giudizialmente dichiarate nei casi in cui il riconoscimento è ammesso. (1) (2)
La prova della paternità e della maternità può essere data con ogni mezzo.
La maternità è dimostrata provando la identità di colui che si pretende essere figlio e di colui che fu partorito dalla donna, la quale si assume essere madre.
La sola dichiarazione della madre e la sola esistenza di rapporti tra la madre e il preteso padre all’epoca del concepimento non costituiscono prova della paternità. (1)
(1) Comma così modificato dall’art. 30, comma 2, D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014
(2) La Corte costituzionale, con sentenza 8 giugno-14 luglio 2022, n. 177 (Gazz. Uff. 20 luglio 2022, n. 29, Prima serie speciale), ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale del presente comma in riferimento agli artt. 2, 3, 24, 29, 30, 111 e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), agli artt. 7 e 8 della Convenzione sui diritti del fanciullo nonché all’art. 24, comma 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (CDFUE).
Art. 270. Legittimazione attiva e termine.
L’azione per ottenere che sia dichiarata giudizialmente la paternità o la maternità è imprescrittibile riguardo al figlio. (1)
Se il figlio muore prima di avere iniziato l’azione, questa può essere promossa dai discendenti, entro due anni dalla morte. (2)
L’azione promossa dal figlio, se egli muore, può essere proseguita dai discendenti legittimi, legittimati o naturali riconosciuti.
Si applica l’articolo 245. (3)
(1) Comma così modificato dall’art. 31, comma 1, lett. a), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014
(2) Comma così modificato dall’art. 31, comma 1, lett. b), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014
(3) Comma aggiunto dall’art. 31, comma 1, lett. c), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014
Art. 271. (1) Legittimazione attiva e termine.
(…)
(1) L’articolo che recitava: “L’azione per ottenere che sia dichiarata giudizialmente la paternità naturale può essere promossa dal figlio entro i due anni dal raggiungimento della maggiore età o, nel caso indicato nel secondo comma dell’articolo 252, dalla data dello scioglimento del matrimonio per effetto della morte del coniuge, se lo scioglimento avviene successivamente al raggiungimento della maggiore età. Se egli muore prima di tale termine, l’azione può essere promossa dai discendenti legittimi di lui.
Nei casi preveduti dal n. 2 dell’articolo 269 l’azione può essere promossa anche dopo la scadenza del termine indicato nel comma precedente, entro i due anni dal giorno in cui è passata in giudicato la sentenza o è stato scoperto il documento contenente la dichiarazione di paternità.
L’azione già promossa dal figlio, se egli muore, non può essere proseguita che dai suoi discendenti legittimi.” è stato abrogato dalla L. 19 maggio 1975, n. 151.
Art. 272. (1) Dichiarazione giudiziale di maternità.
(…)
(1) L’articolo che recitava: “La maternità può essere dichiarata giudizialmente anche fuori dei casi previsti dall’articolo 269.
Essa è dimostrata provando l’identità di colui che si pretende essere il figlio e colui che fu partorito dalla donna, la quale si assume esserne la madre.
L’azione può essere proposta dal figlio e, dopo la morte di lui, dai suoi discendenti legittimi, se egli è morto in età minore o prima di cinque anni dal raggiungimento della maggiore età.
L’azione è imprescrittibile riguardo al figlio.”è stato abrogato dalla Legge 19 maggio 1975, n. 151.
Art. 273. Azione nell’interesse del minore o dell’interdetto.
L’azione per ottenere che sia giudizialmente dichiarata la paternità o la maternità può essere promossa, nell’interesse del minore, dal genitore che esercita la responsabilità genitoriale prevista dall’articolo 316 o dal tutore. Il tutore però deve chiedere l’autorizzazione del giudice, il quale può anche nominare un curatore speciale. (1)
Occorre il consenso del figlio per promuovere o per proseguire l’azione se egli ha compiuto l’età di quattordici anni. (2)
Per l’interdetto l’azione può essere promossa dal tutore previa autorizzazione del giudice.
(1) Comma così modificato dall’art. 32, comma 1, lett. a), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014
(2) Comma così modificato dall’art. 32, comma 1, lett. b), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014
Art. 274. (1) Ammissibilità dell’azione.
L’azione per la dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità naturale è ammessa solo quando concorrono specifiche circostanze tali da farla apparire giustificata.
Sull’ammissibilità il tribunale decide in camera di consiglio con decreto motivato, su ricorso di chi intende promuovere l’azione, sentiti il pubblico ministero e le parti e assunte le informazioni del caso. Contro il decreto si può proporre reclamo con ricorso alla corte d’appello, che pronuncia anche essa in camera di consiglio.
L’inchiesta sommaria compiuta dal tribunale ha luogo senza alcuna pubblicità e deve essere mantenuta segreta. Al termine della inchiesta gli atti e i documenti della stessa sono depositati in cancelleria ed il cancelliere deve darne avviso alle parti le quali, entro quindici giorni dalla comunicazione di detto avviso, hanno facoltà di esaminarli e di depositare memorie illustrative.
Il tribunale, anche prima di ammettere l’azione, può, se trattasi di minore o di altra persona incapace, nominare un curatore speciale che la rappresenti in giudizio.
(1) La Corte Costituzionale, con sentenza n. 50 del 10 febbraio 2006, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di questo articolo.
Art. 275. (1) Pena in caso di inammissibilità.
(…)
(1) L’articolo che recitava: “Il tribunale, se dichiara inammissibile l’azione, può condannare l’istante al pagamento di una pena pecuniaria da lire trecento a lire cinquemila.” è stato abrogato dalla L. 19 maggio 1975, n. 151.
Art. 276. (1) Legittimazione passiva.
La domanda per la dichiarazione di paternità o di maternità deve essere proposta nei confronti del presunto genitore o, in sua mancanza, nei confronti dei suoi eredi. In loro mancanza, la domanda deve essere proposta nei confronti di un curatore nominato dal giudice davanti al quale il giudizio deve essere promosso. (2)
Alla domanda può contraddire chiunque vi abbia interesse.
(1) L’articolo che recitava: “La domanda per la dichiarazione di paternità o di maternità naturale deve essere proposta nei confronti del presunto genitore o, in mancanza di lui, nei confronti dei suoi eredi.
Alla domanda può contraddire chiunque vi abbia interesse.” è stato così sostituito dall’art. 1, L. 10 dicembre 2012, n. 219.
(2) Comma così modificato dall’art. 33, comma 1, D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014
Art. 277. Effetti della sentenza.
La sentenza che dichiara la filiazione produce gli effetti del riconoscimento. (1)
Il giudice può anche dare i provvedimenti che stima utili per l’affidamento, il mantenimento, l’istruzione e l’educazione del figlio e per la tutela degli interessi patrimoniali di lui. (2)
(1) Comma così modificato dall’art. 34, comma 1, lett. a), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014
(2) Comma così modificato dall’art. 34, comma 1, lett. b), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014
Art. 278. Autorizzazione all’azione. (1)
Nei casi di figlio nato da persone, tra le quali esiste un vincolo di parentela in linea retta all’infinito o in linea collaterale nel secondo grado, ovvero un vincolo di affinità in linea retta, l’azione per ottenere che sia giudizialmente dichiarata la paternità o la maternità non può essere promossa senza previa autorizzazione ai sensi dell’articolo 251.
(1) Articolo così sostituito dall’art. 35, comma 1, D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014
Art. 279. Responsabilità per il mantenimento e l’educazione.
In ogni caso in cui non può proporsi l’azione per la dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità, il figlio nato fuori del matrimonio può agire per ottenere il mantenimento, l’istruzione e l’educazione. Il figlio nato fuori del matrimonio se maggiorenne e in stato di bisogno può agire per ottenere gli alimenti a condizione che il diritto al mantenimento di cui all’articolo 315-bis, sia venuto meno. (1)
L’azione è ammessa previa autorizzazione del giudice ai sensi dell’articolo 251. (2)
L’azione può essere promossa nell’interesse del figlio minore da un curatore speciale nominato dal giudice su richiesta del pubblico ministero o del genitore che esercita la responsabilità genitoriale. (3)
(1) Comma così modificato dall’art. 36, comma 1, lett. a), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014
(2) Comma così sostituito dall’art. 36, comma 1, lett. b), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014
(3) Comma così modificato dall’art. 36, comma 1, lett. c), D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, a decorrere dal 7 febbraio 2014
Sezione II (1)
Della legittimazione dei figli naturali
(1) Sezione abrogata dall’art. 1, L. 10 dicembre 2012, n. 219.
Art. 280. (1) Legittimazione.
(…)
(1) L’articolo che recitava: “La legittimazione attribuisce a colui che è nato fuori del matrimonio la qualità di figlio legittimo.
Essa avviene per susseguente matrimonio dei genitori del figlio naturale o per provvedimento del giudice.” è stato abrogato dall’art. 1, L. 10 dicembre 2012, n. 219.
Art. 281. (1) Divieto di legittimazione.
(…)
(1) L’articolo che recitava: “Non possono essere legittimati i figli che non possono essere riconosciuti.” è stato abrogato dall’art. 1, L. 10 dicembre 2012, n. 219.
Art. 282. (1) Legittimazione di figli premorti.
(…)
(1) L’articolo che recitava: “La legittimazione dei figli premorti può anche aver luogo in favore dei loro discendenti legittimi e dei loro figli naturali riconosciuti.” è stato abrogato dall’art. 1, L. 10 dicembre 2012, n. 219.
Art. 283. (1) Effetti e decorrenza della legittimazione per susseguente matrimonio.
(…)
(1) L’articolo che recitava: “I figli legittimati per susseguente matrimonio acquistano i diritti dei figli legittimi dal giorno del matrimonio, se sono stati riconosciuti da entrambi i genitori nell’atto di matrimonio o anteriormente, oppure dal giorno del riconoscimento se questo è avvenuto dopo il matrimonio.” è stato abrogato dall’art. 1, L. 10 dicembre 2012, n. 219.
Art. 284. (1) Legittimazione per provvedimento del giudice.
(…)
(1) L’articolo che recitava: “La legittimazione può essere concessa con provvedimento del giudice soltanto se corrisponde agli interessi del figlio ed inoltre se concorrono le seguenti condizioni:
1) che sia domandata dai genitori stessi o da uno di essi e che il genitore abbia compiuto l’età indicata nel quinto comma dell’articolo 250;
2) che per il genitore vi sia l’impossibilità o un gravissimo ostacolo a legittimare il figlio per susseguente matrimonio;
3) che vi sia l’assenso dell’altro coniuge se il richiedente è unito in matrimonio e non è legalmente separato;
4) che vi sia il consenso del figlio legittimando se ha compiuto gli anni sedici, o dell’altro genitore o del curatore speciale, se il figlio è minore degli anni sedici, salvo che il figlio sia già riconosciuto.
La legittimazione può essere chiesta anche in presenza di figli legittimi o legittimati. In tal caso il presidente del tribunale deve ascoltare i figli legittimi o legittimati, se di età superiore ai sedici anni.” è stato abrogato dall’art. 1, L. 10 dicembre 2012, n. 219.
Art. 285. (1) Condizioni per la legittimazione dopo la morte dei genitori.
(…)
(1) L’articolo che recitava: “Se uno dei genitori ha espresso in un testamento o in un atto pubblico la volontà di legittimare i figli naturali, questi possono, dopo la morte di lui, domandare la legittimazione se sussisteva la condizione prevista nel numero 2) dell’articolo precedente.
In questo caso la domanda deve essere comunicata agli ascendenti, discendenti e coniuge o, in loro mancanza, a due tra i prossimi parenti del genitore entro il quarto grado.” è stato abrogato dall’art. 1, L. 10 dicembre 2012, n. 219.
Art. 286. (1) Legittimazione domandata dallo ascendente.
(…)
(1) L’articolo che recitava: “La domanda di legittimazione di un figlio naturale riconosciuto può in caso di morte del genitore essere fatta da uno degli ascendenti legittimi di lui, se il genitore non ha comunque espressa una volontà in contrasto con quella di legittimare.” è stato abrogato dall’art. 1, L. 10 dicembre 2012, n. 219.
Art. 287. (1)
Legittimazione in base alla procura per il matrimonio.
(…)
(1) L’articolo che recitava: “Nei casi in cui è consentito di celebrare il matrimonio per procura, quando concorrono le condizioni per la legittimazione per susseguente matrimonio la legittimazione dei figli naturali con provvedimento del giudice può essere domandata in base alla procura a contrarre il matrimonio, se questo non poté essere celebrato per la sopravvenuta morte del mandante.
Quando i figli non sono stati riconosciuti, per domandarne la legittimazione è necessario che dalla procura risulti la volontà di riconoscerli o di legittimarli.” è stato abrogato dall’art. 1, L. 10 dicembre 2012, n. 219.
Art. 288. (1) Procedura.
(…)
(1) L’articolo che recitava: “La domanda di legittimazione accompagnata dai documenti giustificativi deve essere diretta al presidente del tribunale nella cui circoscrizione il richiedente ha la residenza.
Il tribunale, sentito il pubblico ministero, accerta la sussistenza delle condizioni stabilite negli articoli precedenti e delibera, in camera di consiglio, sulla domanda di legittimazione.
Il pubblico ministero e la parte possono, entro venti giorni dalla comunicazione, proporre reclamo alla corte d’appello. Questa, richiamati gli atti dal tribunale, delibera in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero.
In ogni caso la sentenza che accoglie la domanda è annotata in calce all’atto di nascita del figlio.” è stato abrogato dall’art. 1, L. 10 dicembre 2012, n. 219.
Art. 289. (1) Azioni esperibili dopo la legittimazione.
(…)
(1) L’articolo che recitava: “La legittimazione per provvedimento del giudice non impedisce l’azione ordinaria per la contestazione dello stato di figlio legittimato per la mancanza delle condizioni indicate nel numero 1) dell’articolo 284, negli articoli 285, 286 e 287, ferma restando la disposizione dell’articolo 263.
Se manca la condizione indicata nel numero 3) dell’articolo 284 la contestazione può essere promossa soltanto dal coniuge del quale è mancato l’assenso.” è stato abrogato dall’art. 1, L. 10 dicembre 2012, n. 219.
Art. 290. (1) Effetti e decorrenza della legittimazione per provvedimento del giudice.
(…)
(1) L’articolo che recitava: “La legittimazione per provvedimento del giudice produce gli stessi effetti della legittimazione per susseguente matrimonio, ma soltanto dalla data del provvedimento e nei confronti del genitore riguardo al quale la legittimazione è stata concessa.
Se il provvedimento interviene dopo la morte del genitore, gli effetti risalgono alla data della morte, purché la domanda di legittimazione non sia stata presentata dopo un anno da tale data.” è stato abrogato dall’art. 1, L. 10 dicembre 2012, n. 219.

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