Non spetta un compenso aggiuntivo al C.T.U. per i chiarimenti sulla consulenza

di | 4 Marzo 2006
I chiari­menti non costituiscono un’attivita’ ulteriore ed estra­nea rispetto a quella gia’ espletata e remunerata, ma un’attivita’ complementare, integrativa e necessaria, al cui compimento il c.t.u. e’ tenuto tutte le volte in cui ne faccia richiesta la parte interessata, il che normalmente accade quando la relazione depositata non possa dirsi esaustξva.
CASSAZIONE CIVILE, Sezione III, Sentenza n. 4655 del 02/03/2006

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

E.R. ha impugnato per cassazione, a nor­ma de11’art.lll della costituzione, l’ordinanza con la quale il Tribunale di Grosseto, decidendo sull’opposizione proposta ex art.11 della legge n.319/80 dal CO.ED.AR.- Consorzio Edile Artigiano srl, aveva ridotto da euro 13000,00 ad euro 614,58 gli ono­rari liquidati dal giudice istruttore per l’opera pre­stata quale consulente tecnico nell’ambito del giudizio civile tra il predetto Consorzio e il Fallimento E.C. s.r.l.

Il E.R ha articolato il ricorso in cinque motivi.

Il CO.ED.AR. ha resistito con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Col primo motivo ( violazione e falsa applicazione degli artt. 82, 83, 125, 182, 75 comma 3, 101, 152, 153, 112, 113, 115 e 116 cod. proc. civ, degli artt.2969, 2697, 2727, 2728 e 2729 cod. civ. e degli artt.ll, commi 5 e 6, della legge n.319/80 e 29 della legge n.794/42, nonche’ carenza assoluta di motivazione e comunque motivazione apparente illogica e contraddit­toria su un punto decisivo della controversia) il ri­corrente ha riproposto l’eccezione, gia’ formulata di­nanzi al Tribunale di Grosseto, di inammissibilita’ dell’opposizione al decreto di liquidazione del compen­so per carenza di specifica procura, necessaria per l’autonomia di tale procedimento rispetto al giudizio nell’ambito del quale era stata disposta la consulenza tecnica, e per omessa produzione e omessa indicazione della procura rilasciata per quest’ultimo giudizio, con conseguente impossibilita’ di verifica del suo effettivo conferimento e dell’esistenza in capo al conferente del potere di rappresentanza a norma di legge o dello sta­tuto. Il ricorrente ha altresi’ dedotto che, costituendo la procura alle liti il presupposto della valida costi­tuzione del rapporto processuale, la nullita’ dell’atto derivante dalla sua mancanza non e’ suscettibile di suc­cessiva sanatoria o regolarizzazione attraverso l’esercizio dei poteri di cui all’art.182 c.p.c., sic­che’ il Tribunale, non solo non avrebbe dovuto consenti­re all’opponente la produzione di copia degli atti da cui risultava il rilascio della procura per la causa di merito, ad opera del rappresentante legale del Consor­zio, ma avrebbe dovuto rilevare la tardivita’ della pro­duzione e dichiarare l’inammissibilita’ dell’opposizione per decadenza, per il decorso del termine per essa pre­visto.

La censura e’ infondata.

Come ha correttamente argomentato il Tribunale, i7l ricorso previsto dall’art.ll della legge n.319 del 1980 avverso il decreto di liquidazione dei compensi spet­tanti al consulente tecnico d’ufficio puo’ essere propo­sto dal difensore che assiste la parte nel giudizio nel cui ambito la consulenza e’ stata disposta, senza neces­sita’ di’ una specifica procura, attribuendo il mandato ad litem al difensore la facolta’ di proporre tutte le domande che siano comunque ricollegabili all’originario oggetto della causa, ivi compresa quella della verifica della correttezza della liquidazione, la quale e’ inne­gabilmente collegata alla domanda per la cui valutazio­ne e’ stata disposta la consulenza (Cass. S.U. n.21288del 2005; conf.: Cass.n.883 del 1995 e n.12561 del 1992). Pertanto, in caso di omesso deposito della pro­cura rilasciata per la causa originaria e di contesta­zione della controparte, la parte interessata puo’ pro­durre il documento mancante sia di propria iniziativa che su invito del giudice a norma dell’art.182 c.p.c., non essendo suscettibile di sanatoria o di regolarizzazione ai sensi di quest’ultima disposizione, e produ­cendo quindi l’invalidita’ della costituzi’one, il manca­to rilascio della procura, non anche la mancata produ­zione, all’atto della costituzione in giudizio, del do­cumento in cui e’ stata conferita.

Col secondo motivo (violazione e falsa applicazione degli artt.ll e 12 del D.P.R. n.352/88, 1 e 2 della legge n.319/80, nonche’ omessa e comunque apparente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia) il ricorrente ha dedotto che il Tribunale di Grosseto, “seguendo un’interpretazione strettamente letterale, riduttiva e fuorviante del quesito posto­gli”, ha erroneamente e immotivatamente inquadrato la fattispecie nell’area di operativita’ dell’art.12 del D.P.R, citato (consulenza tecnica in materia di misura e contabilita’ dei lavori) anziche’ dell’art.ll dello stesso D.P.R. (consulenza tecnica in materia di’ costru­zioni edilizie), cosi’ finendo per violare altresi’ il principio dell’adeguatezza del compenso all’importanza dell’opera prestata, di’ cui all’art.2233 c.c., e il principio stabilito dall’art. 36 della costituzione.

La censura e’ inammissibile e infondata insieme.

E’ inammissibile perche’ la valutazione concernente la prestazione del consulente tecnico d’ufficio ai fini dell’inquadramento, anche con riferimento ai quesiti, nell’una ovvero nell’altra delle previsioni di cui al D.P.R. n.352/88, e, conseguentemente, della liquida­zione del compenso spettante per l’attivita’ svolta, si risolve in un apprezzamento o giudizio di fatto, riser­vato al giudice del merito, insindacabile in sede di legittimita’ quando, come nella specie, sia congruamente e logicamente motivato. E’ infondata perche’ la deter­minazione del costo di opere eseguite a completamento di un appalto, tenuto conto degli anni di cantiere e altri oneri accessori, oltre che delle fatture prodot­te, in che consiste il quesito posto al ricorrente, non puo’ che rientrare, come correttamente ritenuto dal Tri­bunale, in una consulenza tecnica in materia di misura e contabilita’ dei lavori, e non in materia di costru­zioni edilizie (in tal senso Cass. n.6378 del 1998). E’ altresi’ infondata perche’ la misura del compenso spet­tante al c.t.u. e’ discrezionalmente e insindacabilmente determinata dal legislatore, in base all’attivita’ in concreto svolta dal professionista, e perche’ il princi­pio costituzionale della giusta retribuzione, di cui all’art 36 Cost., e’ estraneo alla materia delle presta­zioni svolte dagli ausiliari del giudice (Corte Cost. n.41196).

Col terzo e col quarto motivo (violazione e falsa applicazione degli artt.l, 2, 4 e 11 della legge n.319/80, 1 del D.P.R. 352/88, 29 della legge 794/42, 61, 64, 101, 112, 113,189 e 277 c.p.c., nonche’ omessa e comunque apparente motivazione su un punto decisivo della controversia), da trattare congiuntamente perche’ attengono ad aspetti diversi della stessa questione, il ricorrente ha dedotto che, essendogli stato altresi’ ri­chiesto di rispondere ai rilievi critici mossi dal con­sulente di parte alla relazione di consulenza gia’ depo­sitata, tale ulteriore attivita’, rientrando tra le pre­stazioni non previste dalla legge, ex artt.4 L 319/80 e 1 D.P.R. 352/88, non poteva essere liquidata che appli­cando il criterio delle vacazioni, sicche’ il Tribunale, non solo avrebbe dovuto disporre un’apposita c.t.u. per calcolare il numero delle vacazioni, ma avrebbe dovuto astenersi, nel valutare se fosse o meno dovuto un ulte­riore compenso per detta attivita’, da ogni considera­zione sia in ordine all’ammontare del compenso gia’ per­cepito per la consulenza espletata (60.000.000 di lire) , sia in ordine alla esaustivita’ della relazione depositata, spettando al giudice dell’opposizione alla liquidazione unicamente un controllo della regolarita’ formale della liquidazione stessa.

La prima censura e’ inammissibile perche’ non investe la ratio decidendi. Il Tribunale, infatti, non ha se­guito un criterio diverso da quello delle vacazioni per la liquidazione dell’attivita’ consistente nei chiari­menti forniti in risposta alle osservazioni del consu­lente di parte, ma ha radicalmente escluso che spettas­se un ulteriore compenso per tali chiarimenti. La se­conda censura e’ infondata perche’ il mancato riconosci­mento di un compenso separato per i chiarimenti non e’ dipeso ne’ dall’entita’ del compenso liquidato per la consulenza espletata, ne’ da una valutazione di non esaustivita’ di tale consulenza, ma dall’avere il Tribu­nale correttamente considerato, come si desume dalla motivazione del provvedimento impugnato, che i chiari­menti non costituiscono un’attivita’ ulteriore ed estra­nea rispetto a quella gia’ espletata e remunerata, ma un’attivita’ complementare, integrativa e necessaria, al cui compimento il c.t.u. e’ tenuto tutte le volte in cui ne faccia richiesta la parte interessata, il che normalmente accade quando la relazione depositata non possa dirsi esaustξva.

Col quinto motivo (violazione e falsa applicazione degli artt.90 e 91 c.p.c., nonche’ apparente illogica e contraddittoria motivazione) il ricorrente ha dedotto l’ingiustizia della condanna alle spese, non potendo il c.t.u. essere considerato parte soccombente nel proce­dimento di opposizione al decreto di liquidazione del compenso.

La censura e’ infondata.

Il consulente tecnico di ufficio e’ parte del giudizio di opposizione al decreto di liquidazione del com­penso, e’ anzi il contraddittore necessario, e come ta­le, se soccombente, va giustamente condannato al paga­mento delle spese.

Il ricorso va dunque respinto.<

Ricorrono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.  la Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del giudizio di cassazione.
Roma, 2006

Lascia un commento