CASSAZIONE CIVILE, Sezione III, Sentenza n. 4655 del 02/03/2006
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
E.R. ha impugnato per cassazione, a norma de11’art.lll della costituzione, l’ordinanza con la quale il Tribunale di Grosseto, decidendo sull’opposizione proposta ex art.11 della legge n.319/80 dal CO.ED.AR.- Consorzio Edile Artigiano srl, aveva ridotto da euro 13000,00 ad euro 614,58 gli onorari liquidati dal giudice istruttore per l’opera prestata quale consulente tecnico nell’ambito del giudizio civile tra il predetto Consorzio e il Fallimento E.C. s.r.l.
Il E.R ha articolato il ricorso in cinque motivi.
Il CO.ED.AR. ha resistito con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Col primo motivo ( violazione e falsa applicazione degli artt. 82, 83, 125, 182, 75 comma 3, 101, 152, 153, 112, 113, 115 e 116 cod. proc. civ, degli artt.2969, 2697, 2727, 2728 e 2729 cod. civ. e degli artt.ll, commi 5 e 6, della legge n.319/80 e 29 della legge n.794/42, nonche’ carenza assoluta di motivazione e comunque motivazione apparente illogica e contraddittoria su un punto decisivo della controversia) il ricorrente ha riproposto l’eccezione, gia’ formulata dinanzi al Tribunale di Grosseto, di inammissibilita’ dell’opposizione al decreto di liquidazione del compenso per carenza di specifica procura, necessaria per l’autonomia di tale procedimento rispetto al giudizio nell’ambito del quale era stata disposta la consulenza tecnica, e per omessa produzione e omessa indicazione della procura rilasciata per quest’ultimo giudizio, con conseguente impossibilita’ di verifica del suo effettivo conferimento e dell’esistenza in capo al conferente del potere di rappresentanza a norma di legge o dello statuto. Il ricorrente ha altresi’ dedotto che, costituendo la procura alle liti il presupposto della valida costituzione del rapporto processuale, la nullita’ dell’atto derivante dalla sua mancanza non e’ suscettibile di successiva sanatoria o regolarizzazione attraverso l’esercizio dei poteri di cui all’art.182 c.p.c., sicche’ il Tribunale, non solo non avrebbe dovuto consentire all’opponente la produzione di copia degli atti da cui risultava il rilascio della procura per la causa di merito, ad opera del rappresentante legale del Consorzio, ma avrebbe dovuto rilevare la tardivita’ della produzione e dichiarare l’inammissibilita’ dell’opposizione per decadenza, per il decorso del termine per essa previsto.
La censura e’ infondata.
Come ha correttamente argomentato il Tribunale, i7l ricorso previsto dall’art.ll della legge n.319 del 1980 avverso il decreto di liquidazione dei compensi spettanti al consulente tecnico d’ufficio puo’ essere proposto dal difensore che assiste la parte nel giudizio nel cui ambito la consulenza e’ stata disposta, senza necessita’ di’ una specifica procura, attribuendo il mandato ad litem al difensore la facolta’ di proporre tutte le domande che siano comunque ricollegabili all’originario oggetto della causa, ivi compresa quella della verifica della correttezza della liquidazione, la quale e’ innegabilmente collegata alla domanda per la cui valutazione e’ stata disposta la consulenza (Cass. S.U. n.21288del 2005; conf.: Cass.n.883 del 1995 e n.12561 del 1992). Pertanto, in caso di omesso deposito della procura rilasciata per la causa originaria e di contestazione della controparte, la parte interessata puo’ produrre il documento mancante sia di propria iniziativa che su invito del giudice a norma dell’art.182 c.p.c., non essendo suscettibile di sanatoria o di regolarizzazione ai sensi di quest’ultima disposizione, e producendo quindi l’invalidita’ della costituzi’one, il mancato rilascio della procura, non anche la mancata produzione, all’atto della costituzione in giudizio, del documento in cui e’ stata conferita.
Col secondo motivo (violazione e falsa applicazione degli artt.ll e 12 del D.P.R. n.352/88, 1 e 2 della legge n.319/80, nonche’ omessa e comunque apparente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia) il ricorrente ha dedotto che il Tribunale di Grosseto, “seguendo un’interpretazione strettamente letterale, riduttiva e fuorviante del quesito postogli”, ha erroneamente e immotivatamente inquadrato la fattispecie nell’area di operativita’ dell’art.12 del D.P.R, citato (consulenza tecnica in materia di misura e contabilita’ dei lavori) anziche’ dell’art.ll dello stesso D.P.R. (consulenza tecnica in materia di’ costruzioni edilizie), cosi’ finendo per violare altresi’ il principio dell’adeguatezza del compenso all’importanza dell’opera prestata, di’ cui all’art.2233 c.c., e il principio stabilito dall’art. 36 della costituzione.
La censura e’ inammissibile e infondata insieme.
E’ inammissibile perche’ la valutazione concernente la prestazione del consulente tecnico d’ufficio ai fini dell’inquadramento, anche con riferimento ai quesiti, nell’una ovvero nell’altra delle previsioni di cui al D.P.R. n.352/88, e, conseguentemente, della liquidazione del compenso spettante per l’attivita’ svolta, si risolve in un apprezzamento o giudizio di fatto, riservato al giudice del merito, insindacabile in sede di legittimita’ quando, come nella specie, sia congruamente e logicamente motivato. E’ infondata perche’ la determinazione del costo di opere eseguite a completamento di un appalto, tenuto conto degli anni di cantiere e altri oneri accessori, oltre che delle fatture prodotte, in che consiste il quesito posto al ricorrente, non puo’ che rientrare, come correttamente ritenuto dal Tribunale, in una consulenza tecnica in materia di misura e contabilita’ dei lavori, e non in materia di costruzioni edilizie (in tal senso Cass. n.6378 del 1998). E’ altresi’ infondata perche’ la misura del compenso spettante al c.t.u. e’ discrezionalmente e insindacabilmente determinata dal legislatore, in base all’attivita’ in concreto svolta dal professionista, e perche’ il principio costituzionale della giusta retribuzione, di cui all’art 36 Cost., e’ estraneo alla materia delle prestazioni svolte dagli ausiliari del giudice (Corte Cost. n.41196).
Col terzo e col quarto motivo (violazione e falsa applicazione degli artt.l, 2, 4 e 11 della legge n.319/80, 1 del D.P.R. 352/88, 29 della legge 794/42, 61, 64, 101, 112, 113,189 e 277 c.p.c., nonche’ omessa e comunque apparente motivazione su un punto decisivo della controversia), da trattare congiuntamente perche’ attengono ad aspetti diversi della stessa questione, il ricorrente ha dedotto che, essendogli stato altresi’ richiesto di rispondere ai rilievi critici mossi dal consulente di parte alla relazione di consulenza gia’ depositata, tale ulteriore attivita’, rientrando tra le prestazioni non previste dalla legge, ex artt.4 L 319/80 e 1 D.P.R. 352/88, non poteva essere liquidata che applicando il criterio delle vacazioni, sicche’ il Tribunale, non solo avrebbe dovuto disporre un’apposita c.t.u. per calcolare il numero delle vacazioni, ma avrebbe dovuto astenersi, nel valutare se fosse o meno dovuto un ulteriore compenso per detta attivita’, da ogni considerazione sia in ordine all’ammontare del compenso gia’ percepito per la consulenza espletata (60.000.000 di lire) , sia in ordine alla esaustivita’ della relazione depositata, spettando al giudice dell’opposizione alla liquidazione unicamente un controllo della regolarita’ formale della liquidazione stessa.
La prima censura e’ inammissibile perche’ non investe la ratio decidendi. Il Tribunale, infatti, non ha seguito un criterio diverso da quello delle vacazioni per la liquidazione dell’attivita’ consistente nei chiarimenti forniti in risposta alle osservazioni del consulente di parte, ma ha radicalmente escluso che spettasse un ulteriore compenso per tali chiarimenti. La seconda censura e’ infondata perche’ il mancato riconoscimento di un compenso separato per i chiarimenti non e’ dipeso ne’ dall’entita’ del compenso liquidato per la consulenza espletata, ne’ da una valutazione di non esaustivita’ di tale consulenza, ma dall’avere il Tribunale correttamente considerato, come si desume dalla motivazione del provvedimento impugnato, che i chiarimenti non costituiscono un’attivita’ ulteriore ed estranea rispetto a quella gia’ espletata e remunerata, ma un’attivita’ complementare, integrativa e necessaria, al cui compimento il c.t.u. e’ tenuto tutte le volte in cui ne faccia richiesta la parte interessata, il che normalmente accade quando la relazione depositata non possa dirsi esaustξva.
Col quinto motivo (violazione e falsa applicazione degli artt.90 e 91 c.p.c., nonche’ apparente illogica e contraddittoria motivazione) il ricorrente ha dedotto l’ingiustizia della condanna alle spese, non potendo il c.t.u. essere considerato parte soccombente nel procedimento di opposizione al decreto di liquidazione del compenso.
La censura e’ infondata.
Il consulente tecnico di ufficio e’ parte del giudizio di opposizione al decreto di liquidazione del compenso, e’ anzi il contraddittore necessario, e come tale, se soccombente, va giustamente condannato al pagamento delle spese.
Il ricorso va dunque respinto.<
Ricorrono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M. la Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del giudizio di cassazione.
Roma, 2006