La responsabilità da cose in custodia di cui all’art. 2051 c.c. non si fonda su un comportamento o un’attività del custode, ma su una relazione (di custodia) intercorrente tra questi e la cosa dannosa.
Tribunale di Mantova – G.U. Dr. Andrea Gibelli – 10 novembre 2005.
1) che il giorno 2/4/1994 alle ore 12.30 circa l’attrice si trovava presso l’Ipermercato Vivo in località Ponterosso allo scopo di dar corso ad una serie di acquisti;
2) che, giunta in prossimità del banco dei surgelati, era scivolata su una macchia di liquido denso che si trovava sul pavimento cadendo pesantemente a terra;
3) che, dolorante al braccio, alla mano e alla gamba destri si era premurata di segnalare l’accaduto, assente il direttore dell’ipermercato, all’addetto del banco carni, ad una delle cassiere e successivamente a mezzo raccomandata a.r. alla direzione dell’ipermercato;
4) che da perizia medico legale allegata risultava avere riportato nel sinistro trauma contusivo alla spalla destra e all’anca destra nonché rottura della cuffia dei rotatori;
5) che a seguito dell’evento occorsole l’attrice era stata costretta ad un lungo periodo di degenza che le aveva impedito si svolgere la propria attività di imprenditrice e a sottoporsi a lunghe quanto dispendiose terapie che non avevano comunque potuto farle recuperare completamente la funzionalità degli arti lesi;
6) che la Toro Assicurazioni Spa impresa assicuratrice dell’Ipermercato Vivo non aveva mai provveduto nonostante i solleciti a risarcire il danno che veniva quantificato in £ 96.312.300.
Ciò premesso C. L. chiedeva l’accoglimento delle seguenti conclusioni: “dichiarata la Bernardi s.r.l responsabile civile del sinistro in premessa descritto dirsi la stessa tenuta al risarcimento di tutti i danni sofferti dall’attrice nella misura di £ 96.312.300 o quella che sarà ritenuta di giustizia con gli interessi sulla somma rivalutata dal dì del fatto al saldo per i titoli dedotti. Spese ed onorari rifusi”.
Si costituiva La Rinascente Spa rilevando che Bernardi srl era stata fusa per incorporazione in La Rinascente con atto 1.12.2000 n. 30080 Rep. Notaio F. Guasti e pertanto si era verificato il subingresso della società incorporante in tutti i rapporti per successione a titolo universale.
La Rinascente Spa contestava quanto ex adverso dedotto sia in relazione all’an che in relazione al quantum e chiedeva il differimento dell’ udienza di prima comparizione al fine di consentire la citazione di Toro Assicurazioni Spa.
Fissata nuova udienza di prima comparizione si costituiva ritualmente Toro Assicurazioni Spa chiedendo il rigetto della domanda attorea siccome infondata.
Assunta prova per testi veniva disposta ctu medico legale.
Precisate le conclusioni come sopra riportate all’udienza del 716105 la causa veniva trattenuta per la decisione previa concessione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.
Ciò premesso si osserva quanto segue.
La fattispecie dedotta in lite è disciplinata dall’art. 2051 c.c..
Non può condividersi la tesi di Toro Assicurazioni Spa secondo cui non potrebbe farsi riferimento alla citata norma e si verterebbe in materia di ordinaria responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c. atteso che “quanto lamentato dalla C. non è riconducibile all’intrinseca pericolosità del pavimento del locale (ad esempio per sconnessure, dislivelli, et similia) ma ad un posterius rispetto allo stato del medesimo ovvero ad una condotta omissiva in astratto addebitabile al personale del supermercato”.
Come ha avuto modo di statuire la Suprema in fattispecie del tutto analoga alla presente la norma di cui all’art. 2051 c.c. ” non richiede necessariamente che la cosa sia suscettibile di produrre danni per sua natura, cioè per un suo intrinseco potere, in quanto, anche in relazione alle cose prive di un dinamismo proprio, sussiste il dovere di custodia e controllo, allorquando il fortuito o il fatto dell’uomo possano prevedibilmente intervenire, come causa esclusiva o come concausa, nel processo obiettivo di produzione dell’evento dannoso, eccitando lo sviluppo di un agente, che conferisce alla cosa l’idoneità al nocumento”. Nella stessa decisione la Suprema Corte ha ribadito che “è del tutto priva di fondamento, agli effetti della norma in questione, la distinzione tra cose pericolose ed inerti, ben potendo anche queste ultime inserirsi in un complesso causale, produttivo di danno, in ordine al quale il legislatore ha inteso apprestare a favore del soggetto, che lo abbia subito, la tutela rafforzata, di cui alla norma citata” (Cass. Civ. Sez. III 4/8/2005 n. 16373 in motivazione).
Ciò precisato ulteriormente si osserva quanto segue.
La responsabilità per il danno cagionato da cose in custodia stabilita dall’art. 2051 c.c. si fonda, secondo il più recente orientamento della dottrina, condiviso dalla giurisprudenza della Suprema Corte, non su un comportamento o un’attività del custode, ma su una relazione (di custodia) intercorrente tra questi e la cosa dannosa.
Nel dibattuto tema concernente la natura soggettiva o oggettiva della responsabilità ex art. 2051 c.c. prevale quindi oggi chi sostiene la natura oggettiva della responsabilità in questione; ciò significa che solo il “fatto della cosa” è rilevante e non il fatto dell’uomo e che la responsabilità si fonda sul mero rapporto di custodia; solo lo stato di fatto e non l’obbligo di custodia può assumere rilievo nella fattispecie.
Come ha avuto modo di statuire la Suprema Corte “ai sensi dell’art. 2051 c.c., il profilo del comportamento del responsabile è di per sé estraneo alla struttura della normativa; né può esservi reintrodotto attraverso la figura della presunzione di colpa per mancata diligenza nella custodia, giacché il solo limite previsto dall’articolo in esame è l’esistenza del caso fortuito ed in genere si esclude che il limite del fortuito si identifichi con l’assenza di colpa.
Va, quindi, affermata la natura oggettiva della responsabilità per danno di cose in custodia. La dottrina, parla, al riguardo di “rischio” da custodia, più che di “colpa” nella custodia ovvero, seguendo l’orientamento della giurisprudenza francese di “presunzione di responsabilità” e non di “presunzione di colpa” …. il dato lessicale della norma in esame ritiene sufficiente, per l’applicazione della stessa, la sussistenza del rapporto di custodia tra il responsabile e la cosa che ha dato luogo all’evento lesivo. Sempre dalla lettera dell’art. 2051 c.c., emerge che il danno è cagionato non da un comportamento (per quanto omissivo) del custode, ma dalla cosa, per cui detto comportamento è irrilevante.
Responsabile del danno cagionato dalla cosa è colui che essenzialmente ha la cosa in custodia, ma il termine non presuppone né implica uno specifico obbligo di custodire la cosa, e quindi non rileva la violazione di detto obbligo (eguale discorso vale per la responsabilità del proprietario dell’edificio, che con la sua rovina procura danno, ex art. 2053 c.c.).
Ciò è tanto più rilevante se si osserva il contesto ove trovasi la norma in questione e cioè tra altre (art. 2047, 2048, 2050, 2054 1° comma, c.c.) ben diversamente strutturate, in cui la presunzione non attiene alla responsabilità, ma alla colpa, per cui la prova liberatoria, in siffatte altre ipotesi, ha appunto ad oggetto il superamento di detta presunzione di colpa.
Il limite della responsabilità del custode, costituito dal fortuito, integra il punto nodale (e per certi versi l’approdo) del dibattuto tema concernente la natura (soggettiva o oggettiva) della responsabilità ex art 2051 c.c..
Se si sostiene la natura soggettiva della responsabilità in questione (presunzione di colpa) il fortuito dovrebbe consistere solo nella situazione in cui il custode è esente da colpa, essendo, invece irrilevante, l’efficacia causale del fattore esterno sul nesso causale. Sennonché tale assunto contrasta con il principio che la prova del fortuito non si identifica con l’assenza di colpa (Cass. 6.1.1983, n. 75) e può apparire artificioso, come rilevato dalla dottrina, in quanto la presunzione è logicamente costruibile solo sull’oggetto della prova contraria.
Se così è, il fatto che il custode sia stato diligente non esclude la sua responsabilità per danno dalla cosa, se non è provato il fortuito.
Poiché la responsabilità si fonda non su un comportamento o un’attività del custode, ma su una relazione (di custodia) intercorrente tra questi e la cosa dannosa, e poiché il limite della responsabilità risiede nell’intervento di un fattore (il caso fortuito) che attiene non ad un comportamento del responsabile (come nelle prove liberatorie degli artt. 2047, 2048, 2050 e 2054 c.c.), ma alle modalità di causazione del danno, si deve ritenere che la rilevanza del fortuito attiene al profilo causale, in quanto suscettibile di una valutazione che consenta di ricondurre all’elemento esterno, anziché alla cosa che ne è fonte immediata, il danno concretamente verificatosi.
Si intende, così, anche la ragione dell’inversione dell’onere della prova prevista dall’art. 2051 c.c., relativa alla ripartizione della prova sul nesso causale. All’attore compete provare l’esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l’evento lesivo; il convenuto per liberarsi dovrà provare l’esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale (Cass. Civ. Sez. III 1 I/1/2005 n. 376).
Nel caso di specie la domanda può trovare accoglimento.
Pacifica essendo la custodia del supermercato in questione in capo a Bernardi Srl e ora a La Rinascente Spa e ricordato che in tema di prova testimoniale l’insussistenza a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 248 del 1974 del divieto di testimoniare sancito per il coniuge, i parenti e gli altri soggetti indicati dall’art. 247 c.p.c. rende impossibile ogni aprioristica valutazione di non credibilità delle deposizioni rese dalle persone indicate da tale norma (Cass. Civ. Sez. 11 15/5/2002 n. 7061), il fatto e il nesso causale debbono ritenersi provati in base alla deposizione di B. Walter.
Quest’ultimo (ud. 6/6/03) ha tra l’altro dichiarato: “. . .Ho accompagnato mia moglie al supermercato per fare la spesa e la seguivo spingendo il carrello. . . mia moglie è scivolata su una macchia di liquido oleoso cadendo dalla parte destra …”.
Il nesso causale risulta quindi provato tra il pavimento bagnato e il danno subito dall’attrice per la caduta a terra.
A seguito dell’espletata ctu è risultato che, in nesso causale con l’infortunio del 2/4/1994, C. B. L. ha riportato lesioni personali che hanno causato inabilità temporanea totale di gg. 30, inabilità temporanea parziale di gg. 30 e danno biologico nella misura del 7%.
In particolare il ctu ha affermato che l’attrice, in occasione e a causa dell’infortunio de quo, ha riportato “contusione e distorsione della spalla destra con lesione della cuffia dei rotatori e contusione coscia destra” e che i ” postumi che costituiscono il danno alla validità psicosomatica sono sostenuti da: -ipotrofia della muscolatura del cingolo scapolo omerale destro con deficit perimetrico di 2 cm al braccio; -limitazione funzionale dolorosa della spalla destra nei movimenti di elevazione anteriore, retropulsione, abduzione, intrarotazione ed extrarotazione …; -ipovalidità dell’arto superiore destro”.
Il ctu ha anche aggiunto che i postumi accertati “non comportano diminuzione della capacità lavorativa con particolare riferimento alla capacità lavorativa specifica”.
All’attrice va riconosciuto il diritto al risarcimento del danno biologico in quanto menomazione dell’integrità psicofisica della persona in sé considerata da porsi in relazione all’evento lesivo. Ai fini della liquidazione può essere adottato il criterio previsto per il danno cagionato da sinistro stradale di cui alla legge n. 57/2001 che appare idoneo a consentire la liquidazione anche per illeciti non rientranti nella previsione della citata legge.
Tenuto conto del decreto Ministeriale 10/6/2005 relativo all’aggiornamento annuale previsto dal comma 6 dell’art. 5 della legge 5/3/2001 n. 57 deve riconoscersi a favore dell’attrice l’importo liquidato all’attualità di € 6.596,31 a titolo di danno biologico per le lesioni permanenti, di € 1.181,11 a titolo di danno biologico per l’inabilità temporanea totale e di € 590,40 a titolo di danno biologico per l’inabilità temporanea parziale.
Va inoltre riconosciuto il danno morale non potendosi condividere la tesi della difesa di Toro Assicurazioni Spa secondo cui, in difetto di accertato comportamento colposo costituente fatto reato a carico della società convenuta, tale voce di danno non sarebbe risarcibile.
Invero, come ha avuto modo di statuire la Suprema Corte, in relazione alla questione cruciale del limite, al quale l’art. 2059 c.c. assoggetta il risarcimento del danno non patrimoniale mediante la riserva di legge (originariamente esplicata dal solo art. 185 c.p.), deve escludersi, allorquando vengano in considerazione valori personali di rilievo costituzionale, che il risarcimento del danno non patrimoniale, che ne consegua, sia soggetto al limite derivante dalla riserva di legge correlata all’art. 185 c.p.: ciò che rileva, ai fini dell’ammissione a risarcimento, in riferimento all’art. 2059 c.c., è l’ingiusta lesione di un interesse alla persona, dal quale conseguano pregiudizi non suscettibili di valutazione economica. In particolare una lettura della norma costituzionalmente orientata impone di ritenere inoperante detto limite, se la lesione ha riguardato valori della persona costituzionalmente garantiti (Cass. Civ. Sez. III 31/5/2003 n. 8828; Cass. Civ. Sez. III 31/5/2003 n. 8827).
Tale danno può essere quantificato equitativamente nel 30% dell’importo liquidato a titolo di danno biologico e quindi pari a € 2.510,37, somma attualizzata.
A titolo di danno biologico e di danno morale spettano quindi all’attrice € 10.878,19 all’attualità, all’epoca del fatto pari a € 8.140,00.
Gli esborsi per spese mediche possono essere riconosciuti per € 978,43.
Nulla può essere liquidato a titolo di danno patrimoniale da lesione del reddito.
Invero, per le microlesioni, dalla natura del danno si presume che le lesioni non abbiano avuto incidenza sui redditi da lavoro del danneggiato, per cui costituisce onere del danneggiato dimostrare l’eventuale contrazione di reddito (Cass. Civ. Sez. III 21/11/2000 n. 15027).
Nel caso di specie dalla documentazione prodotta si ricava che nell’anno dell’infortunio (1994) il reddito di C. L. anziché diminuire è aumentato (si confrontino i quadri N delle due dichiarazioni relative ai redditi 1993 e 1994 in atti).
La somma spettante a C. L. è quindi pari a € 11.856,62 (€ 10.878,19 + € 978,43) e al pagamento di tale importo va condannata La Rinascente Spa.
Sulla predetta somma come determinata alla data del 2/4/1994 devono essere calcolati la rivalutazione monetaria e gli interessi legali dalla data del fatto.
Toro Assicurazioni Spa va condannata a manlevare La Rinascente Spa dalla condanna come sopra pronunciata.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo dovendosi dichiarare Toro Assicurazioni Spa tenuta a manlevare La Rinascente Spa anche da tale condanna.
Le spese di ctu come liquidate vanno poste definitivamente a carico di La Rinascente S.p.A..
1) Ritenuta la responsabilità di Bernardi srl ora La Rinascente Spa nella causazione del sinistro per cui e causa condanna La Rinascente Spa al pagamento in favore dell’attrice della somma di € 11.856,62 oltre rivalutazione monetaria e interessi come in motivazione;
2) Condanna La Rinascente S.p.A alla rifusione delle spese che liquida in € 4.677,12 di cui € 867,28 per esborsi, € 1.686,53 per diritti, € 1.700,00 per onorari, € 423,31 per rimborso spese generali oltre a quanto dovuto per legge;
3) Pone definitivamente le spese di ctu come liquidate a carico di La Rinascente Spa;
4) Condanna Toro Assicurazioni Spa a manlevare La Rinascente Spa dalle condanne di cui sub 1), 2 ) e 3).