Cass. civ., Sez. II, 12/03/2003, n.3596
Svolgimento del processo
XXXXX, assumendo di aver esercitato, dal 1 gennaio 1986 al 15 giugno 1987, le funzioni di amministratore del Condominio di via Amiterno 1, Roma, con citazione 7 gennaio 1998 convenne davanti al Pretore di Roma il Condominio suddetto, in persona dell’amministratore in carica, per conseguire la condanna del convenuto al pagamento di L. 1.676.045, quale residuo del compenso maturato al termine del mandato. A seguito della domanda riconvenzionale proposta dal Condominio per la somma di L. 7.282.695, il Pretore declinò la propria competenza ed il Condominio, con citazione 28 aprile 1988, riassunse la causa davanti al Tribunale di Roma.
Pronunziando sull’appello principale proposto dal Cancani e sull’appello incidentale proposto dal Condominio, la Corte d’Appello di Roma, con sentenza 22 gennaio – 5 maggio 1999, respinse entrambe le impugnazioni. Per quanto ancora interessa, nella sentenza si legge che il compenso preteso dall’amministratore non era stato autorizzato dall’assemblea e che, nella specie, non poteva farsi ricorso al tariffario di categoria, cui le parti non avevano aderito. D’altra parte, le prestazioni dedotte rientravano fra quelle facenti capo al mandatario, il cui compenso era stato pagato integralmente. L’ammontare dei debiti e dei crediti, infine, doveva desumersi dai documenti contabili e non da un atto di parte.
Ricorre per cassazione Nello Cancani con due motivi. Non spiega attività difensiva il Condominio di via Amiterno 1.
Motivi della decisione
1) A fondamento del ricorso il ricorrente XXXXX deduce:
1.1. Con il primo motivo, violazione e falsa applicazione dell’art. 1709 c.c., con riferimento all’art. 1135 c.c., nonché all’art. 2233 c.c. stesso.
L’amministratore del condominio è un mandatario dell’assemblea e, perciò, ogni sua attività deve essere compensata. Il compenso si estende alle prestazioni di carattere straordinario, che non sono connesse con lo svolgimento dell’incarico di amministrazione del condominio, quale è la partecipazione a tre assemblee straordinarie. Siffatte attività non possono ritenersi comprese nel compenso annuale per l’amministrazione e come tali vanno retribuite a parte, come aveva richiesto il ricorrente, domandando la somma di L. 150.000.
1.2. Con il secondo motivo, omessa ed insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia ex art. 350, n. 5, c.p.c.
Erroneamente i giudici del merito n ori hanno riconosciuto validità probatoria al libro cassa entrate-uscite predisposto dal Cancani, mentre una semplice disamina delle poste contabili avrebbe rivelato gli errori commessi dal consulente, che avrebbero potuto essere emendati con una nuova indagine peritale. D’altra parte, sul punto la motivazione è assolutamente insufficiente.
2) I due motivi vanno trattati congiuntamente in ragione della loro connessione.
2.1. La questione di diritto, che la Corte deve risolvere per decidere la controversia, è se la attività professionale dell’amministratore del condominio consistente nella partecipazione all’assemblea straordinaria debba essere retribuita a parte: vale a dire, in aggiunta al compenso annuale per l’amministrazione stabilito al tempo del conferimento dell’incarico.
Per risolvere la questione occorre definire tre punti, che si enunciano in sintesi: a) le attribuzioni dell’assemblea straordinaria nel condominio negli edifici; b) le attività, cui l’amministratore del condominio è tenuto ai fini del completo svolgimento delle funzioni amministrative; c) la partecipazione dell’amministratore all’assemblea dei condomini, sia essa ordinaria o straordinaria.
2.2. In tema di condominio negli edifici, l’assemblea straordinaria è prevista dall’art. 66 disp.att.c.c. (“L’assemblea, oltre che annualmente in via ordinaria per le deliberazioni indicate dall’art. 105 del codice, può essere convocata in via straordinaria dall’amministratore quando questi lo ritiene necessario o quando ne è fatta richiesta da almeno due condomini, che rappresentino un sesto del valore dell’edificio..”).
L’assemblea ordinaria viene convocata una volta all’anno, per provvedere intorno alla gestione del condominio (precisamente, alla nomina o alla conferma dell’amministratore e all’eventuale sua retribuzione; all’approvazione del preventivo delle spese occorrenti durante l’anno e alla relativa ripartizione tra i condomini; all’approvazione del rendiconto annuale dell’amministratore e all’impiego del residuo attivo della gestione; alle opere di manutenzione straordinaria, costituendo, se occorre, un fondo speciale: art. 1135 c.c. cit.). L’assemblea straordinaria, invece, si riunisce ogni qual volta, nel corso dell’esercizio, si presenta la necessità di deliberare in collegio in merito alla gestione del condominio. Si tratta dei consueti affari di amministrazione, ma che devono essere decisi in tempi diversi rispetto alla ordinaria riunione annuale.
All’assemblea straordinaria del condominio, conviene sottolinearlo, sono assegnate materie e compiti del tutto diversi da quelli attribuiti all’assemblea straordinaria delle società per azioni, posto che in materia di condominio non si profila nessuna delle ipotesi disciplinate dall’art. 2365 c.c. Non la modifica del fatto costitutivo, intendendosi con ciò il cambiamento dell’oggetto sociale, la trasformazione della società e in generale la variazione di uno o più degli elementi soggettivi ed oggettivi; neppure la nomina dei liquidatori e l’attribuzione dei relativi poteri. Invero, il condominio si regge essenzialmente sulle disposizioni del codice, il regolamento contrattuale non è equiparabile all’atto costitutivo e, comunque, non è modificabile dall’assemblea con delibere assunte a maggioranza; né è ipotizzabile lo scioglimento del condominio (ma in certi casi la sola separazione dei condominii, che è tutt’altra cosa: artt. 61 e 62 disp.att.c.c.).
In sintesi, per assemblea straordinaria nel condominio s’intende non un collegio dotato di competenze specifiche ed eccezionali, sebbene qualsivoglia riunione tenuta oltre quella annuale: vale a dire, qualsivoglia riunione ulteriore convocata durante l’anno dopo quella ordinaria, per provvedere all’amministrazione delle cose, degli impianti e dei servizi e comuni ogni qual volta si presenta la necessità della decisione collegiale.
2.3. Per giurisprudenza costante, l’amministratore del condominio configura un ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con rappresentanza, con la conseguente applicabilità, nei rapporti tra l’amministratore e ciascuno dei condomini, delle disposizioni sul mandato (tra le altre: Cass., Sez. II, 16 agosto 2000, n. 10815; Cass., Sez. II, 9 giugno 2000, n. 7891; Cass., Sez. II, 12 febbraio 1997, n. 1286).
Secondo l’interpretazione dominante, la norma di cui all’art. 1708 c.c., comma 1 (il mandatario è tenuto ad eseguire diligentemente non solo gli atti, per i quali il mandato è stato conferito, ma anche quelli che sono necessari per il suo compimento) riguarda principalmente il mandato speciale.
Poiché anche il mandato speciale comprende tutti gli atti necessari al conseguimento dell’incarico ed alla sua precisa esecuzione, a maggior ragione il mandato generale “ex lege” riguardante l’amministratore del condominio comporta l’obbligo di compiere, oltre le attività espressamente elencate dal codice, anche gli atti preparatori e strumentali, nonché quelli ulteriori, che dei primi costituiscono il necessario completamento; quindi, gli atti che si riconnettono all’attività prevista dalla legge e ne raffigurano lo svolgimento naturale (Cass., Sez. I, 25 febbraio 2000, n. 2149; Cass., Sez. I, 5 giugno 1999, n. 5932).
2.4. Per quanto attiene alla partecipazione dell’amministratore all’assemblea (ordinaria o straordinaria), è pur vero che la sua presenza in assemblea non è espressamente contemplata tra le attribuzioni dell’amministratore stabilite dagli artt. 1130 e 1131 c.c.
Ma ciò non significa che l’amministratore non sia tenuto a partecipare alle riunioni del collegio. Per la verità, secondo le disposizioni del codice i rapporti tra l’amministratore e l’assemblea sono strettissimi. invero, dal codice si prevede che l’assemblea nomini e revochi l’amministratore, fissi il suo eventuale compenso (art. 1129 c.c. e art. 1131 c.c., n. 1), gli conferisca maggiori poteri (art. 1131 c.c., comma 1) e decida i ricorsi proposti dai condomini contro i suoi provvedimenti (art. 1133); che l’amministratore proceda alla convocazione dell’assemblea ordinaria e straordinaria (art. 66 disp.att.c.c.); esegua le deliberazioni dell’assemblea (art. 1130 c.c., n. 1) e all’assemblea dia notizia delle cause proposte contro il condominio, le quali esorbitano dalle sue attribuzioni (art. 1131 c.c., comma 3). In altre parole, in considerazione dei compiti che gli sono specificamente attribuiti dalla legge (artt. 1130 e 1131 c.c.), e delle attività preparatorie e strumentali che dei primi costituiscono il necessario completamento, l’amministratore, quale mandatario dei condomini, svolge le funzioni che metaforicamente possono definirsi di organo esecutivo del collegio, da cui riceve ordini, direttive, indicazioni, suggerimenti. Il che spiega la prassi diffusa, osservata uniformemente e costantemente con la convinzione della sua corrispondenza ad una giuridica necessità, secondo cui l’amministratore partecipa sempre all’assemblea e solitamente funge da segretario. La presenza in assemblea, invero, all’amministratore permette di capire i bisogni, le istanze, gli intendimenti dei condomini: di non accontentarsi del mero “decisum”, ma di rendersi conto dell'”iter” formativo degli atti e di apprezzare la volontà effettiva dei partecipanti, in modo da eseguire le delibere in modo fedele e puntuale.
Pertanto, sebbene tra i compiti dell’amministratore enumerati dal codice non sia espressamente prevista la sua partecipazione all’assemblea, ordinaria e straordinaria, in ragione dei rapporti di diritto e di fatto che tra l’amministratore e l’assemblea intercorrono ed avuto riguardo a ciò che comunemente avviene sulla base del convincimento di osservare un imperativo giuridico, la sua presenza alle riunioni del collegio deve ritenersi compresa tra i compiti istituzionali di amministrazione. Siccome trattasi di attività connessa con lo svolgimento delle funzioni amministrative ed indispensabile per il loro compimento, la partecipazione dell’amministratore all’assemblea, ordinaria e straordinaria, deve ritenersi compensata dal corrispettivo stabilito al momento del conferimento dell’incarico. Perciò, salva diversa deliberazione, non deve essere retribuita a parte.
2.5. Appurato che l’assemblea straordinaria del condominio non adempie a funzioni e compiti del tutto peculiari, ma svolge le consuete attività di amministrazione per le quali si rende necessario deliberare in collegio in tempi successivi alla annuale riunione ordinaria; che le attività, alle quali l’amministratore è tenuto ai fini del completo adempimento dell’incarico, non si esauriscono nell’esecuzione dei compiti espressamente contemplati dagli artt. 1130 e 1131 cod. civ., ma consistono altresì nello svolgimento delle operazioni preparatorie ed esecutive, connesse con le sue funzioni istituzionali; che la partecipazione all’assemblea, ordinaria o straordinaria, da parte dell’amministratore raffigura una attività connessa indispensabile al compimento del mandato; tutto ciò considerato, segue che la partecipazione dell’amministratore all’assemblea, ordinaria e straordinaria, in quanto attività connessa ed indispensabile allo svolgimento dei suoi compiti istituzionali e non esorbitante dal mandato, deve ritenersi compensata dal corrispettivo stabilito al momento del conferimento dell’incarico per tutta l’attività amministrativa.
2.6. A queste considerazioni di carattere generale, per completezza si aggiungono due argomenti. Anzitutto il compenso per l’amministratore, meramente eventuale (art. 1135, n. 1, cod. civ.), deve essere fissato dall’assemblea, ragion per cui non può ragguagliarsi alle tariffe (ancorché predisposte dalle associazioni di categoria), se non sono accettate dai condomini.
Inoltre, sarebbe assurdo consentire all’amministratore, cui è demandato il compito di convocare l’assemblea ordinaria e straordinaria, di incrementare il suo compenso, con iniziative più o meno giustificate, convocando a suo piacimento l’assemblea dei condomini in sessione straordinaria.
2.7. Fissato il principio che la attività professionale dell’amministratore del condominio, consistente nella partecipazione all’assemblea straordinaria, non deve essere retribuita a parte, in aggiunta al compenso annuale stabilito al tempo del conferimento dell’incarico, risulta assorbita la censura relativa alle risultante contabili – dalle quali dovrebbe ricavarsi la prova rispetto al credito, ritenuto insussistente. (Comunque, la spiegazione fornita dal giudice del merito è logicamente corretta e sufficiente).
Rigettato il ricorso, non si deve provvedere sulle spese, non avendo l’intimato Condominio spiegato attività difensiva.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso.
Roma, 12 dicembre 2002.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 12 MAR. 2003