Se l’apparecchio non è omologato lamministrazione risponde dei danni

di | 12 Aprile 2005
Risponde dei danni, per violazione di interessi legittimi, l’Amministrazione comunale che abbia colposamente adibito alla rilevazione delle infrazioni al codice della strada un apparecchio autovelox sprovvisto della necessaria omologazione.
Giudice di pace di Torre Annunziata, sentenza 12 aprile 2005, n. 1252

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 

Con citazione regolarmente notificata al Comune di Torre Annunziata, l’attore L.A., premesso:

– che, in data 13.05.2004, a mezzo Racc. A.R., gli veniva notificato Verbale di Accertamento n. PH 432/04 dal Comando di Polizia Municipale di Torre Annunziata, con il quale gli veniva richiesto il pagamento della somma di Euro 145,05, per violazione dell’art. 41 in relazione all’art. 146, 3° comma, del D.Lvo 285/92, infrazione commessa il 12.01.2004, alle ore 14.00, poiché, quale proprietaria dell’autovettura Fiat Cinquecento, tg. [omissis], viaggiando a bordo del proprio autoveicolo, condotto nell’occasione da R.L., aveva superato la linea d’arresto dell’incrocio semaforizzato all’incrocio tra via Vittorio Veneto e via Sepolcri in Torre Annunziata (NA), proseguendo la marcia, nonostante il semaforo proiettasse luce rossa.

L’istante, onde evitare l’iscrizione a ruolo, notifica della cartella esattoriale e l’avvio di procedura di recupero coattivo, con inevitabile lievitazione dell’importo da pagare, oblava la contravvenzione di Euro 145,05, il 08.06.04, mediante bollettino di cc. postale, fornito dallo stesso Comune di Torre Annunziata (NA), sostenendo che il pagamento, quindi, non era stato spontaneo.

Rilevava che nel periodo interessato dal verbale di contravvenzione (12.01.2004) non era stata ancora confermata l’omologazione dell’apparecchiatura fotografica, denominata Photored F17A, per poter funzionare senza l’ausilio di un operatore, omologazione intervenuta soltanto in data successiva, cioè il 18.03.2004. Sosteneva, ancora, che in tale periodo antecedente all’omologazione, il Photored F17A doveva essere predisposto mediante la presenza di almeno un vigile urbano posizionato nel punto più favorevole dell’incrocio, in modo da accertare e, ove possibile, contestare immediatamente l’infrazione. Che nel caso di specie, non essendovi omologazione per il funzionamento del Photored senza operatore, il Comune di Torre Annunziata (NA) non aveva rispettato le norme del Codice della strada “illo tempore” vigenti, con conseguente responsabilità dello stesso Comune da fatto illecito determinato da colpa, a prescindere dalla illegittimità del provvedimento amministrativo in oggetto.

Pertanto l’attore L.A. citava il Comune di Torre Annunziata. (NA), onde ottenere la restituzione della somma di Euro 145,05, indebitamente pagata, a causa del comportamento colposo del Comune, oltre interessi, da liquidarsi anche in via equitativa, il tutto nei limiti di Euro 1032,91; pagamento delle spese e competenze del presente giudizio, con attribuzione al procuratore antistatario.

Chiedeva, invece, l’altro attore R.L. il ripristino dei punti sulla patente di guida.

Si costituiva il Comune di Torre Annunziata (NA), in persona del legale rappresentante pro tempore, che resisteva alla domanda, chiedendone il rigetto, poiché infondata.

In particolare il procuratore del convenuto Comune dì Torre Annunziata (NA) sosteneva che con il Decreto n. 1130 del 18.03.2004 era stata “confermata” l’omologazione del Photored F17A in uso nel Comune di Torre Annunziata (NA), omologazione “confermata” e non omologata ex novo. Pertanto il rilievo mosso dall’attore, circa una non valenza di tale apparecchiatura in data antecedente al 18.03.2004, era privo di pregio. Inoltre, nelle conclusioni a verbale, oltre a confermare e ribadire il concetto dianzi esposto, affermava che il ricorrente, con il pagamento della contravvenzione, aveva manifestato la volontà di accettare la contravvenzione riconoscendo la propria colpa.

Nel corso del giudizio le parti ribadivano e puntualizzavano le rispettive posizioni, veniva esibita documentazione, sino all’udienza di precisazione delle conclusioni, dopo di che la causa veniva spedita a sentenza. 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

Preliminarmente la legittimazione attiva e la legittimazione passiva risultano provate, pacifiche e non contestate.

Nel merito la domanda, per quanto di ragione, è fondata e, pertanto, per quanto di ragione, va accolta.

Va esaminata, in via preliminare, l’eccezione sollevata dal procuratore del convenuto Comune di Torre Annunziata (NA), relativa all’impossibilità per l’attore di richiedere quanto spontaneamente versato per la contravvenzione, poiché con tale oblazione egli ha manifestato la volontà di riconoscere la sua colpa.

Orbene, per giurisprudenza costante della S.C., qui condivisa, «In tema di sanzioni pecuniarie amministrative, il pagamento della somma portata dall’ordinanza-ingiunzione, potendo ricollegarsi alla volontà dell’intimato di sottrarsi all’esecuzione forzata esperibile in base a detto provvedimento (il quale è titolo esecutivo e la cui efficacia non è di regola sospesa dalla opposizione), non comporta di per sé acquiescenza, né incide sull’interesse ad insorgere avverso il provvedimento medesimo… » (Cassazione civile, sez. I, 25 febbraio 2004, n. 3735, Pref. Bergamo c. Morandi, in Giust. civ. Mass. 2004, f. 2, Studium Juris, 2004, 678). Resta, quindi, assodato che il pagamento della contravvenzione non costituisce né ammissione di colpa né acquiescenza a ricorrere. Fermo restando che la Suprema Corte, con la stessa Sentenza 3735/04, impone all’Amministrazione sanzionatrice di rimediare ai suoi errori in via di autotutela con la seguente massima: «… e ciò può fare anche nel caso in cui l’ingiunto abbia già pagato la somma ingiunta con il primo provvedimento» (Sent. Cass. Civ. 3735/04).

Sgombrato, quindi, il campo da tale eccezione, bisogna ora accertare se di fronte di un atto amministrativo che ha esaurito la sua funzione, anche per mancanza di opposizione ai sensi della L. 689/81, sia possibile intervenire.

Il procuratore dell’attore ha sostenuto che l’apparecchiatura, denominata Photored F17A, era stata omologata per funzionare senza l’ausilio dell’operatore soltanto dal 18.03.2004 e poiché la contravvenzione era stata elevata il 12.01.2004, tale rilevazione era illegittima ed il verbale di contravvenzione nullo.

Il procuratore del Comune di Torre Annunziata (NA), in comparsa di costituzione e risposta, replicava che l’apparecchiatura denominata Photored F17A era stata omologata, per essere utilizzata agli incroci semaforici, sin dal 27.01.2000 con Decreto del Ministero dei Lavori Pubblici prot. n. 430.

Osserva questo giudicante che dall’attenta lettura del Decreto invocato dal Comune di Torre Annunziata, alla pag. 2, si rileva testualmente: «… il campo di applicazione dell’apparecchiatura deve intendersi limitato ai casi in cui si ritenga opportuno fornire all’operatore in servizio di polizia stradale un ausilio per la lettura e trascrizione manuale delle targhe degli autoveicoli in infrazione…». Pertanto appare di tutta evidenza che tale omologazione era limitata all’uso dell’apparecchiatura in ausilio dell’operatore “in servizio”, cioè era necessaria la presenza dell’operatore. E ciò anche in considerazione che il C.d.S., prima della novella del 27 giugno 2003, n. 151, non consentiva l’uso di apparecchiature elettroniche prive della presenza dell’operatore.

Sennonché il nuovo C.d.S., all’art. 201, comma 1-ter, ha consentito l’uso delle apparecchiature elettroniche anche senza la presenza dell’operatore, previa omologazione sul punto (Nei casi previsti alle lettere b), f) e g) del comma 1-bis non è necessaria la presenza degli organi di polizia qualora l’accertamento avvenga mediante rilievo con apposite apparecchiature debitamente omologate). Omologazione intervenuta soltanto con Decreto n. 1130 del 18.03.2004 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Alla luce di tale excursus, appare evidente che prima della data del 18.03.2004, l’uso dell’apparecchiatura denominata Photored F17A non era consentita senza la presenza del Vigile Urbano, poiché non omologata per funzionarne senza.

Aggiungasi a tanto che il Comune di Torre Annunziata (NA), affermava nel corpo del Verbale di Conciliazione che “l’apparecchiatura… Photored F17A” era “omologata”, citando Decreti (18.11.1986 e 27.01.2000) che ne prevedevano l’uso con la presenza. dell’operatore e non in automatico.

E ciò è tanto più vero in quanto lo Stesso Ministero dell’Interno, con Circolare n. prot. M/2413-12 del 25.06.2004, inviata alle Prefetture, ritenendo che «i verbali di accertamento della violazione prevista dall’articolo 146 comma 3, del C.d.S. effettuati in modo automatico (e cioè senza la presenza dell’organo accertatore) prima del 18 marzo 2004, per i quali è stato presentato ricorso, siano da archiviare. Ciò in quanto le apparecchiature utilizzate non erano debitamente omologate» e, ancora: «L’annullabilità dei verbali trova ulteriore conferma nella circostanza che i dispositivi in esame, prima del 18 marzo scorso, erano omologati solo per essere utilizzati come strumento di ausilio per l’organo accertatore, consentendo una più agevole identificazione dei trasgressori mediante chiara lettura e conseguente trascrizione delle targhe dei veicoli che erano serviti a commettere le violazioni». E, a conferma ancora di ciò, lo stesso Comune di Torre Annunziata (NA), con determina del Comandante la Polizia Municipale n. 78 del 27.07.2004, visto anche il parere dell’Avvocatura Generale dello Stato, disponeva: «L’archiviazione di tutti i verbali notificati e da notificare, per infrazioni al C.d.S. rilevate con apparecchiature elettroniche senza l’ausilio dell’operatore di polizia, prima del 18.03.2004».

Sostenere, quindi, come oggi sostiene il procuratore del Comune di Torre annunziata, che l’apparecchiatura Photored F17A era già omologato anche prima del 18.03.2004 e che tale omologazione non era altro che una “conferma”, significa sostenere l’insostenibile e smentire tutti gli atti amministrativi citati e prodotti dall’Amministrazione Comunale di Torre Annunziata, dal Ministero dell’Interno, dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e dell’Avvocatura Generale dello Stato.

Quid iuris, allora?

È chiaro che l’apparecchiatura posta agli incroci semaforici, in Italia, e non solo nel Comune di Torre Annunziata (NA), fino alla data del 18.03.2004, era illegittima senza la presenza dell’operatore, con la conseguenza della illegittimità delle contravvenzioni elevate con tale apparecchiatura.

Aggiungasi a tanto che il Comune di Torre Annunziata (NA) affermava nel corpo del Verbale di contestazione che “l’apparecchiatura… Photored F17A” era “omologata”, citando Decreti (18.11.1986 e 27.01.2000) che ne prevedevano l’uso con la presenza dell’operatore e non in automatico, ingenerando, così, nell’utente contravvenzionato la convinzione della inutilità del ricorso con una “procurata” rinunzia all’impugnazione del verbale.

A parere di questo giudicante, quindi, proprio tale erronea indicazione ha determinato moltissimi utenti a non adire la strada del ricorso di cui alla L. 689/81, ma ad oblare la contravvenzione, onde scongiurare maggiorazioni di pagamento ed atti esecutivi.

Ma tale indicazione dimostra anche che il Comune di Torre Annunziata (NA), nel caso che ne occupa, ha violato le regole cui deve ispirarsi l’azione della pubblica amministrazione: il principio del neminem laedere, della correttezza dell’azione amministrativa, della collaborazione, dell’affidamento e della buona fede, determinando, con tale sua azione, una violazione degli interessi legittimi dei cittadini che, invece, hanno interesse a che l’azione della P.A. si svolga in armonia con le leggi, i regolamenti, i principi generali del diritto, della buona fede, del neminem laedere, della buona amministrazione tout court.

Ma sono risarcibili gli interessi legittimi?

La Suprema Corte aveva, con le sue pronunce, eretto un “muro virtuale”, una giurisprudenza “pietrificata” sul dogma della irrisarcibilità degli interessi legittimi, anche se la stessa Cassazione, con la Sent. 4083/1996, aveva ritenuto di sottolineare l’ormai acquisita consapevolezza della «inadeguatezza dell’indirizzo interpretativo che individua il danno ingiusto, risarcibile ex art. 2043 c.c., inteso come danno contra ius, in relazione alla violazione della situazione formale incisa con conseguente ammissione dei diritti soggettivi ed esclusione, invece, degli interessi legittimi da!!’area della tutela risarcitoria». Tale sentenza fu il cd. “sasso nello stagno” che provocò molta giurisprudenza favorevole alla risarcibilità degli interessi legittimi ex art. 2043 del c.c.

E con la storica Sent. a S.U. del 22.07.1999 n. 500 il muro fu abbattuto.

Cosa dice, in sintesi, questa sentenza? Varie cose che qui interessano.

Ricordava che la giurisprudenza della S.C. si è costantemente espressa nel senso del difetto di giurisdizione rispetto alle domande di risarcimento per il danno arrecato al titolare di un interesse legittimo; tale impostazione era giustificata sul presupposto dell’esaurimento della tutela erogabile secondo l’ordinamento, in quanto il giudice amministrativo poteva fornire la tutela rimessa al suo potere, mentre non poteva essere proposta la domanda di risarcimento davanti al giudice ordinario, non essendo prevista dall’ordinamento l’invocata. tutela. L’ulteriore corso della giurisprudenza della S.C. ha ammesso l’instaurabilità della controversia su pretesa al risarcimento dei danni causati al titolare di interessi legittimi, spettando al giudice di merito stabilire se la pretesa potesse o meno essere soddisfatta. Tuttavia tale impostazione non implicava il superamento del principio secondo il quale la risarcibilità era limitata ai soli diritti soggettivi. Tale superamento (espresso dalla giurisprudenza relativa al risarcimento per la lesione all’integrità del patrimonio, alla libera determinazione negoziale, per la perdita di opportunità (chance), di aspettativa di natura patrimoniale nei rapporti familiari) è avvenuto, identificando nell’art. 2043 c.c. una clausola generale in base alla quale e risarcibile la lesione di qualunque interesse, rilevante per l’ordinamento.

Difatti la normativa sulla responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c. ha la funzione di consentire il risarcimento del danno ingiusto, intendendosi come tale il danno arrecato non iure, il danno, cioè, inferto in assenza di una causa giustificativa, che si risolve nella lesione di un interesse rilevante per l’ordinamento, a prescindere dalla sua qualificazione formale, ed, in particolare, senza che assuma rilievo la qualificazione dello stesso in termini di diritto soggettivo. Peraltro, avuto riguardo al carattere atipico del fatto illecito delineato dall’art. 2043 c.c., non è possibile individuare in via preventiva gli interessi meritevoli di tutela: spetta, pertanto, al giudice, attraverso un giudizio di comparazione tra gli interessi in conflitto, accertare se, e con quale intensità, l’ordinamento appresta tutela risarcitoria all’interesse del danneggiato, ovvero comunque lo prende in considerazione sotto altri profili, manifestando, in tal modo, una esigenza di protezione. Ne consegue che anche la lesione di un interesse legittimo, al pari di quella dì un diritto soggettivo o dì altro interesse giuridicamente rilevante, può essere fonte di responsabilità aquiliana, e, quindi, dar luogo a risarcimento del danno ingiusto, a condizione che risulti danneggiato, per effetto dell’attività illegittima della p.a., l’interesse al bene della vita al quale il primo si correla, e che detto interesse risulti meritevole di tutela alla stregua del diritto positivo. Quindi rispetto al giudizio risarcitorio per lesione di interessi legittimi da parte della p.a., non è ravvisabile una pregiudizialità necessaria del giudizio di annullamento, potendo l’illegittimità del provvedimento, quale elemento costitutivo dell’illecito, essere direttamente conosciuta dal G.O. (nelle materie diverse da quelle riservate alla giurisdizione piena ed esclusiva del G.A. ex d.lgs. 31 maggio 1998, n. 80) ai fini e nei limiti della disapplicazione dell’atto stesso.

Tale sentenza precisa che in concreto la risarcibilità (anche di posizioni di interesse legittimo) dipenderà dall’accertamento:

a) della sussistenza di un evento dannoso;

b) della sua qualificabilità come danno ingiusto;

c) dalla sua riferibilità, sul piano eziologico, ad una condotta (positiva od omissiva) della P.A.;

d) dall’imputabilità, inoltre, dell’evento stesso a dolo o colpa della P.A.

In ordine al profilo sub a) – escluso che la lesione di un interesse legittimo possa mai configurare, di per sé, un “danno evento” (similmente a quanto viceversa può accadere per la lesione di taluni diritti fondamentali della persona) verrà quindi qui in rilievo esclusivamente il “danno (conseguenza)”, qualificato dal requisito imprescindibile della patrimonialità, e tendenzialmente coincidente con [e non superante la misura de] il “danno emergente”, con esclusione del “lucro cessante” (sulla linea della soluzione normativa già adottata, per l’ipotesi di danno da lesione di interessi legittimi per violazione di norme comunitarie in materia di appalto, ex art. 13 l. n. 142 del 1992).

Sub b), la qualificazione del danno come “ingiusto” dipende – come detto – dall’essere esso inerente alla lesione di un interesse giuridicamente rilevante.

Sub c), vengono poi in applicazione i principi ampiamente collaudati in tema di rapporto di causalità, fermo restando che il danno nella fattispecie risarcibile è quello che si prospetti come conseguenza diretta ed immediata dell’azione illegittima della P.A.

Sub d), significativo è poi il principio, pure enunciato nell’annotata sentenza, secondo cui la regola di configurabilità della culpa in re ipsa, già dettata con riferimento ad attività illecite incidenti su diritti soggettivi, “non è conciliabile con la più ampia lettura dell’art. 2043, svincolata dalla lesione di un diritto soggettivo”. Per cui «l’imputazione non potrà avvenire sulla base del mero dato obbiettivo dell’illegittimità dell’azione amministrativa, ma il giudice ordinario dovrà svolgere una più pregnante indagine, non limitata al solo accertamento dell’illegittimità del provvedimento in relazione alla normativa ad esso applicabile, bensì estesa anche alla valutazione della colpa, non del funzionario agente (da riferire ai parametri della negligenza o imperizia), ma della P.A. intesa come apparato». Colpa che «sarà configurabile nel caso in cui l’adozione e l’esecuzione dell’atto illegittimo (lesivo dell’interesse del danneggiato) sia avvenuta in violazione delle regole di imparzialità, di correttezza e di buona amministrazione alle quali l’esercizio della funzione amministrativa deve ispirarsi e che il giudice ordinario può valutare, in quanto si pongono come limiti esterni alla discrezionalità» (cfr. da ultimo: Sent. n. 32, deposit. il 10.01.2005, del Consiglio di Stato: «Ai fini del risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi, il giudice deve valutare la “colpevolezza” dell’Amministrazione, affermandola quando la violazione risulta grave e commessa in un contesto di circostanze di fatto e in quadro di riferimenti normativi e giuridici tale da palesare la negligenza e l’imperizia dell’organo nell’assunzione del provvedimento viziato»).

Logica conclusione è che rispetto al giudizio risarcitorio che, nei termini suindicati, anche il portatore di una posizione di interesse legittimo può, quindi, attivare innanzi al G.O. (nelle materie non riservate alla giurisdizione esclusiva della G.A. ex d.lgs. n. 80 del 1998) viene inoltre meno – sempre secondo le Sezioni unite – la necessaria pregiudizialità del giudizio di annullamento.

Tale pregiudizialità – in passato costantemente affermata «per l’evidente ragione che solo in tal modo si perveniva all’emersione del diritto soggettivo, e quindi all’accesso alla tutela ex art. 2043 c.c., riservata ai soli diritti soggettivi» – non ha infatti più ragion d’essere, come sottolineato, nel quadro del «nuovo orientamento che svincola la responsabilità aquiliana dal necessario riferimento alla lesione di un diritto soggettivo».

Di conseguenza, il G.O., nelle materie di sua competenza, risulta adibile in via immediata per l’esame della pretesa risarcitoria, potendo a questo punto egli (pure nei giudizi pendenti, eventualmente instaurati senza il previo esperimento del giudizio amministrativo di annullamento) direttamente conoscere anche della illegittimità dell’atto amministrativo, «quale elemento costitutivo della fattispecie dell’illecito», con il potere di disapplicarlo in via incidentale.

Fin qui la Sentenza della Cassazione. a Sezioni Unite.

Bisogna ora vedere, se si siano verificate, nel caso che ne occupa, le quattro condizioni richieste dalla citata sentenza, per ottenere il risarcimento, innanzi al G.O. degli interessi legittimi.

a) Sussistenza dell’evento dannoso.

Indubbiamente il pagamento dell’importo di Euro 145,05 configura per il cittadino certamente un danno emergente, concretizzato nella diminuzione del suo patrimonio;

b) Qualificabilità quale danno ingiusto.

È evidente che un danno è ingiusto quando lede una posizione giuridicamente rilevante, come quello a che la P.A. eserciti la propria azione seguendo tutti i principi dianzi indicati, cosa non verificatasi nel caso in oggetto, come già dimostrato.

c) riferibilità a condotta (positiva o omissiva) della P.A.,

cioè se il danno è nella fattispecie conseguenza diretta ed immediata dell’azione illegittima della P.A. Ed è chiaro che la contravvenzione è conseguenza diretta dell’azione “illegittima” della P.A., che ha utilizzato in modo anomalo (cioè senza operatore) il Photored F17A;

d) imputabilità dell’evento a colpa o dolo della P.A.

Nel nostro caso, a colpa; consistita nell’aver utilizzato, in modo vietato del diritto, per negligenza e imperizia, un’apparecchiatura nata per essere utilizzata in modo diverso (con l’ausilio dell’operatore). Non solo. Ma nel caso che ne occupa, la P.A. (Comune di Torre Annunziata), archiviando tutte le contravvenzioni, “notificate e da notificare”, elevate prima del 18.03.2004, incluse quelle non opposte né oblate ed escludendo soltanto quelle già oblate, ha violato qualsiasi regola di imparzialità, di correttezza e di buona amministrazione «alle quali l’esercizio delle funzione amministrativa deve ispirarsi» (Sent. Cass. cit.), determinando, con il suo comportamento, una palese disparità di trattamento con conseguente danno, consistente nel depauperamento del patrimonio dell’opponente, danno che avrebbe potuto benissimo eliminare in sede di autotutela (Sent. Cass. Civ. 3735/04).

Pertanto, alla luce di siffatte considerazioni, questo giudicante, in armonia con quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità della S.C., riconosce, nel caso che ne occupa, l’illegittimità dell’azione della pubblica amministrazione, condannandola al risarcimento dei danni prodotti dalla violazione dell’interesse legittimo dell’attore, che quantifica nell’importo, dallo stesso versato, di Euro 145,05, oltre interessi legali dalla domanda al saldo.

Per quanto riguarda la qualificazione giuridica della domanda, il giudicante, in virtù del principio più volte affermato dalla S.C, che ha statuito che «la domanda giudiziale deve essere considerata non solo nella sua formulazione letterale ma, soprattutto, nel suo contenuto sostanziale e con riguardo alla finalità che la parte intende perseguire, tenendo conto dei fatti esposti anche nella parte motiva nonché nella volontà che possa essere desunta implicitamente o indirettamente; sicché il giudice del merito che, applicando tali criteri pervenga alla precisa determinazione dell’oggetto della lite, fa corretto uso del suo potere decisionale, laddove incorrerebbe nel vizio di omesso esame ove limitasse la sua pronuncia in relazione alla sola prospettazione letterale della pretesa e trascurasse la ricerca dell’effettivo contenuto sostanziale di essa» (Cassazione civile, sez. III, 3 settembre 1984, n. 4740, Pagani c. Cassinelli, in Giust. civ. Mass. 1984, fasc. 8), ritiene che la domanda debba essere qualificata come richiesta di risarcimento danni, disciplinata dall’art. 2043 c.c.

In riferimento, poi, alla richiesta dell’attore R.L., di ottenere il ripristino dei punti decurtati dalla patente, il giudicante osserva che tale richiesta non è collegata alla condanna della P.A. al risarcimento dei danni, ma va collegata alla Sent. 12-24 gennaio 2005, n. 27 con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo l’art. 126-bis, 2° comma, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 e successive modificazioni, nella parte in cui prevede la detrazione di punti a carico del proprietario dell’automobile qualora questi, in mancanza di contestazione immediata della violazione e di identificazione del conducente, non comunichi entro 30 giorni i dati personali e della patente del conducente. Pertanto tale richiesta, a parere del giudicante, va diretta in via amministrativa nei confronti del Comune di Torre Annunziata (NA), poiché come da giurisprudenza costante, le sentenze della Corte Costituzionale hanno efficacia retroattiva (cfr. da ultimo: TAR Toscana, sez. I, sentenza 23.02.2005 n. 874).

Quindi, in virtù di tali considerazioni, si può accogliere, per quanto di ragione, la domanda dell’attore L.A. e, di conseguenza, tenuto conto che la rivalutazione monetaria è in re ipsa, stante che il credito da fatto illecito è liquidato all’attualità con questa sentenza, condannare il Comune di Torre Annunziata, in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento in favore dell’attore L.A. della somma di complessivi Euro 145,05, oltre interessi legali dalla domanda al saldo.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo, tenendo conto della natura della causa, dell’attività prestata, della caratteristica della particolarità delle questioni coinvolte, adeguandole ai parametri della tariffa professionale, valori medi, dello scaglione fino a Euro 300,00 applicando le nuove Tariffe Forensi in vigore dal 02.06.2004 (Decreto Ministero della Giustizia del 08.04.2004, n. 127). 

P.Q.M. 

Il Giudice di Pace di Torre Annunziata, definitivamente pronunziando sulla domanda in esame proposta da L.A. contro il Comune di Torre Annunziata, in persona del legale rappresentante pro tempore, ogni altra eccezione, deduzione, richiesta, conclusione e difesa respinta, così provvede:

a) accoglie la domanda di L.A. e, per l’effetto, condanna il convenuto Comune di Torre Annunziata a versare, a titolo di risarcimento danni, a L.A., la somma complessiva di Euro 145,05 oltre interessi legali a decorrere dal dì della domanda al saldo;

b) condanna il convenuto Comune di Torre Annunziata al pagamento delle spese di giudizio, in favore dell’avv. Carmela Corradini, dichiaratasi antistataria, che, in mancanza di nota spese, liquida nella somma complessiva di Euro 250,00, ivi compresi Euro 100,00 per onorario, Euro 120,00 per diritti e Euro 30,00 per spese, oltre IVA e CPA come per legge, oltre il 12,5% per spese forfetarie generali su diritti e onorari.

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