Senza audizione è illegittima l’ordinananza-ingiunzione di pagamento di sanzioni amministrative

di | 21 Luglio 2004

E’ illegittima, per violazione di legge, l’ordinanza-ingiunzione di pagamento di una sanzione amministrativa emessa dal Prefetto senza la previa audizione dell’interessato che ne abbia fatto richiesta.

Corte di cassazione Sezione I civile Sentenza 21 luglio 2004, n. 13505 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. L’avvocato Fernanda Moneta proponeva ricorso, diretto al Prefetto, avverso il verbale di violazione amministrativa, elevata dalla Polizia Municipale del Comune di Roma, chiedendo, fra l’altro, di essere convocata per una audizione sui fatti in contestazione.

In data 12 luglio 2001 veniva notificata alla medesima ordinanza-ingiunzione ove, in aggiunta, a penna, era scritta la frase “non si è presentata all’audizione”.

Contro tale provvedimento l’avvocato Moneta proponeva opposizione chiedendo, previa sospensione dell’esecuzione, l’annullamento del provvedimento o, in subordine, la “riduzione dell’importo nella misura effettivamente dovuta”.

2. Con sentenza impugnata in questa sede, il Giudice di pace rigettava l’opposizione affermando che l’ordinanza prefettizia risultava sufficientemente motivata in fatto e in diritto e che l’opponente non contestava l’accertamento della violazione.

3. Contro tale sentenza l’avvocato Moneta ricorre per cassazione, con due motivi di ricorso. La Prefettura intimata non ha svolto difese.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1. Con il primo motivo di ricorso (con il quale si duole della violazione degli artt. 18 e 23 della l. n. 689 del 1981, in relazione all’articolo 360, n. 3, c.p.c.) la ricorrente lamenta che il Giudice di pace non abbia considerato la propria doglianza riguardante la mancata audizione della ricorrente, che pure ne aveva fatto richiesta ai sensi dell’art. 18 l. n. 689 del 1981 e in violazione di tale disposizione.

1.2. Con il secondo motivo di ricorso (con il quale si duole della omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c.) la ricorrente lamenta che il Giudice di pace non abbia motivato in ordine alla lamentata mancata audizione della ricorrente, che pure ne aveva fatto richiesta ai sensi dell’art. 18 l. n. 689 del 1981.

2. I due motivi, che per la loro stretta connessione vanno congiuntamente trattati, impongono l’accoglimento del ricorso.

2.1. Ai sensi dell’art. 18 della l. n. 689 del 1981, “entro il termine di trenta giorni dalla data della contestazione o notificazione della violazione, gli interessati possono far pervenire all’autorità competente a ricevere il rapporto a norma dell’art. 17 scritti difensivi e documenti e possono chiedere di essere sentiti dalla medesima autorità” (primo comma). Quest’ultimo – prosegue il comma successivo – emette i provvedimenti di sua competenza (archiviazione o ordinanza-ingiunzione) “sentiti gli interessati, ove questi ne abbiano fatto richiesta”.

Nel caso in cui sia stata fatta istanza di audizione, ma l’autorità competente a ricevere il rapporto non abbia. provveduto a convocare il presunto trasgressore, si pone il problema (rilevante in questa sede) delle conseguenze che si producono con riguardo all’ordinanza-ingiunzione, ove questa sia adottata senza il rispetto della prescrizione di cui all’art. 18, primo e secondo comma, della l. n. 689 del 1981.

2.2. Esaminando una diversa questione, attinente al momento fino al quale è possibile dedurre la detta inosservanza, questa Corte (nella sentenza 10608 del 1998) ha affermato “che l’eccezione di mancata convocazione dell’opponente, pur rappresentando motivo di nullità della procedura, va sollevata con il ricorso introduttivo del giudizio, risultando, per converso, intempestiva se avanzata, per la prima volta, all’udienza dinanzi al Pretore in mancanza di accettazione del contraddittorio da parte della P.A., così che il giudicante, trattandosi di violazione comportante la semplice nullità dell’ordinanza, e non anche la sua giuridica inesistenza, non può tenere in conto alcuno la detta eccezione, attesane la tardività della proposizione e la immediata denunzia di novità della stessa da parte dell’opposto”.

Tale conclusione era stata resa sulla base di altro precedente di questa stessa Corte (sentenza n. 5446 del 1995) secondo il quale, premesso che “l’opposizione avverso l’ingiunzione di pagamento di una somma di danaro a titolo di sanzione amministrativa (artt. 22 e ss. l. 24 novembre 1981, n. 689) configura l’atto introduttivo – secondo le regole proprie del procedimento innanzi al Pretore – di un giudizio di accertamento della pretesa sanzionatoria, il cui oggetto è delimitato per l’opponente dalla causa petendi fatta valere con l’opposizione stessa e per l’Amministrazione del divieto di dedurre motivi o circostanze a sostegno di detta pretesa, diverse da quelle enunciate con l’ingiunzione”, aveva affermato che “il giudice, salvo l’ipotesi di inesistenza, non ha il potere di rilevare d’ufficio ragioni di nullità del provvedimento opposto o del procedimento che lo ha preceduto, nemmeno sotto il profilo della disapplicazione del provvedimento stesso e che l’opponente, se ha facoltà di modificare l’originaria domanda nei limiti consentiti dagli artt. 183 e 184 c.p.c., non può introdurre nel corso di causa domande nuove, a meno che su di esse non vi sia accettazione del contraddittorio da parte dell’Amministrazione”.

Sulla base di tali principio, la decisione aveva ritenuto che l’audizione dell’interessato che ne aveva fatto richiesta, prevista implicitamente dall’art. 31, comma 1, d.P.R. 31 marzo 1988, n. 148 (t.u. delle norme in materia valutaria), da interpretarsi in collegamento con l’art. 18, comma 2, della l. n. 689 del 1981, costituisse un obbligo procedimentale la cui violazione comportava un vizio di illegittimità per violazione di legge del provvedimento sanzionatorio, ma non la sua radicale inesistenza.

Secondo questi precedenti, dunque, il provvedimento finale adottato in violazione del precetto stabilito nel commi primo e secondo dell’art. 18 della l. n. 689 del 1981, darebbe luogo a nullità (sanabile ove non tempestivamente dedotta) dell’ordinanza-ingiunzione.

Tale indirizzo va sostanzialmente condiviso, anche se appare più lineare la costruzione del vizio afferente al provvedimento amministrativo (tale è pur sempre l’ordinanza prefettizia) nei termini dell’illegittimità, cagionata dalla violazione di regole procedimentali (violazione di legge) riguardanti la sua adozione. Di conseguenza, il positivo accertamento della sussistenza di tale violazione comporta l’annullamento dell’ordinanza (e non la declaratoria della sua nullità).

2.3. Nel caso esaminato, la ricorrente aveva pacificamente richiesta, al Prefetto, l’audizione ai sensi dell’art. 18, primo comma, della l. n. 689 del 1981, senza che la stessa – secondo la prospettazione mai contestata dall’Amministrazione – venisse convocata e sentita in ordine alla violazione contestata.

Non può essere considerata rilevante, in senso difforme da tale acquisizione, come traspare dalla motivazione della sentenza censurata, l’indicazione riportata a penna, sull’ordinanza-ingiunzione che, senza alcuna sigla o firma attestante l’autenticità dell’affermazione, dichiara che la ricorrente “non si è presentata all’audizione”. Una tale aggiunta, infatti, priva dei requisiti minimi di autenticità, est tamquam non esset, poiché non costituisce parte dell’atto pubblico, ma notazione extravagante, la cui dubbia autenticità non necessita di essere impugnata dal ricorrente neppure con lo strumento della querela dì falso.

2.4. Il giudice di pace, a cui era stato proposto tale questione con il ricorso introduttivo di questo procedimento, ha perciò errato nel ritenere ben motivata, sia in fatto sia in diritto, l’ordinanza prefettizia. Ma, in tal modo, oltre a mancare al dovere di corrispondere una motivazione sufficiente al quesito postogli dal ricorrente (se fosse illegittima l’ordinanza emanata senza la previa audizione del richiedente), ha anche violato il principio della difesa del trasgressore nella fase amministrativa, imposta dal citato art. 18.

Ne consegue che la sentenza, doppiamente viziata, dev’essere cassata. E la vertenza decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto. Pertanto, l’opposizione contro l’ordinanza-ingiunzione dev’essere accolta e la Prefettura intimata condannata al pagamento delle spese dell’intero giudizio, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’opposizione all’ordinanza-ingiunzione. Condanna la Prefettura di Roma-UTG al pagamento delle spese dell’intero giudizio, che liquida in Euro 250,00 (di cui 50,00 per spese), per il giudizio di merito, e in Euro 400,00, per la fase di legittimità, di cui 300,00 per onorario e 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed accessori, come per legge.

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