Cassazione Civile 30-07-2002, n. 11250, Sez. III

di | 30 Luglio 2002

Insidie stradali – manutenzione – onere della prova

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione notificata in data 10.6.88 Nicchiarelli Luciano conveniva dinanzi il Tribunale di Roma la soc. Autostrade concessioni e costruzioni Autostrade per sentirla condannare al risarcimento dei danni subiti a causa dell'incidente stradale accaduto il 24.11.87 mentre percorreva la Savona-Genova. Esponeva in citazione l'attore che la sua autovettura aveva sbandato a causa della presenza sulla carreggiata di una chiazza di liquido oleoso finendo contro un muretto. Radicatosi il contraddittorio, la convenuta deduceva che l'incidente era da imputare alla condotta negligente dell'attore. All'esito della fase istruttoria, il Tribunale con sentenza del 26.1.96 condannava la convenuta al pagamento della somma di lire 27.935.600, oltre interessi. A seguito di impugnazione della soc. Autostrade, la Corte di Appello di Roma con sentenza del 19.11.98 rigettava la domanda condannando il Nicchiarelli alla restituzione della somma percepita in forza della sentenza di primo grado.

Motivava, tra l'altro, la Corte che, nella specie, dovendo trovare applicazione l'art. 2043 cc, era onere dell'attore provare il comportamento colpevole della convenuta per non aver tempestivamente rimosso o segnalato la insidia pur avendone avuto notizia, in particolare la presenza di una chiazza di gasolio sulla corsia stradale.

Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Nicchiarelli affidandolo ad unico motivo sostenuto da memoria.

Ha resistito con controricorso la soc. Autostrade che ha presentato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l'unico mezzo di annullamento il Nicchiarelli, denunziata la violazione degli artt. 2043, 2697 cc, 112 e 115 cpc, nonché la insufficiente motivazione della sentenza su punto decisivo con riferimento, rispettivamente, ai numeri 3 e 5 dell'art. 360 cpc, lamenta che la Corte di Appello, dopo avere affermato che il danneggiato può agire per ottenere il risarcimento del danno in base alla disciplina dettata dall'art. 2043 cc, sempre che il danno sia stato provocato da una situazione di pericolo occulto, abbia, di poi, erroneamente affermato che esso ricorrente, nel caso concreto, non aveva fornito la prova dei fatti che evidenziassero la responsabilità della soc. Autostrade.

La doglianza è fondata.

Costituisce principio pacifico della giurisprudenza di legittimità che la p.a. incontra nell'esercizio del suo potere discrezionale, anche nella vigilanza e controllo dei beni demaniali, limiti derivanti dalle norme di legge o di regolamento, nonché dalle norme tecniche e da quelle di comune prudenza e diligenza ed, in particolare, dalla norma primaria e fondamentale del "neminem laedere" (art. 2043 cc) in forza della quale è tenuta a far sì che il bene demaniale non presenti per l'utente una situazione di pericolo occulto, cioè non visibile e non prevedibile che dia luogo al c.d. trabocchetto o insidia stradale. Sussiste, pertanto, la responsabilità della P.A. e dell'Ente concessionario ex art. 2043 cc per i danni subiti dall'utente stradale allorché la insidia non sia visibile e prevedibile (Cass. 3991/99).

Nella motivazione della sentenza impugnata la Corte di Appello ha rilevato che pur essendo pacifica la sussistenza della insidia costituita dalla presenza di gasolio sulla corsia stradale percorsa in ore serali dal Nicchiarelli, ha, di poi, affermato che lo stesso Nicchiarelli non aveva provato la responsabilità della soc. Autostrade per non aver rimosso o tempestivamente segnalato l'insidia stessa pur avendone avuto notizia.

In tale modo argomentando, la Corte territoriale è incorsa in un vizio di violazione di legge e di motivazione insufficiente. Ed, infatti, posto che per aversi la responsabilità risarcitoria ex art. 2043 cc della p.a. per i danni riportati dall'utente della strada occorre la sussistenza della insidia rappresentata da una situazione di pericolo occulto, in quanto non visibile e non prevedibile, posto che, in concreto, è stata accertata da parte dei secondi giudici la sussistenza dell'insidia costituita da una invisibile e imprevedibile macchia di gasolio sull'asfalto stradale, consegue da detto presupposto la responsabilità e la colpa dell'Ente mentre non doveva l'utente provare il comportamento colposamente omissivo della soc. Autostrade per non avere tempestivamente rimosso o segnalato l'insidia pur avendone avuto notizia. Eventualmente era l'Ente che doveva provare che l'incidente era evitabile per una diversa condotta di guida del Nicchiarelli. Va all'uopo, evidenziata la circostanza che, una volta provata la esistenza della insidia, è implicitamente provata la colpa della soc. convenuta che quale concessionaria dell'autostrada è tenuta a mantenerla in condizioni tali da escludere la sussistenza della insidia stessa rappresentata, ripetesi, dalla presenza di un pericolo invisibile ed imprevedibile.

Conclusivamente, sussiste, pertanto, il denunziato vizio in diritto e di motivazione per non avere i secondi giudici spiegato il perché il difetto di prova sulla non avvenuta tempestiva segnalazione o rimozione del gasolio da parte della società intimata costituisse motivo di esclusione di responsabilità della soc. stessa per l'incidente per cui è causa. In realtà, accertata la esistenza della chiazza di gasolio e, quindi, di una insidia sulla corsia stradale i secondi giudici hanno di poi del tutto apoditticamente ritenuto che per l'applicazione dell'art. 2043 cc occorresse anche la prova della colpa dell'Ente sotto il profilo della mancata rimozione del gasolio pur avendone avuto notizia.

La sentenza è, quindi, censurabile per violazione dell'art. 2697 cc essendo provata la sussistenza dell'insidia e non occorrendo ulteriori prove a carico dell'utente per dimostrare la colpa della soc. Autostrade. La decisione va, quindi, cassata con rinvio della causa ad altro giudice, che si indica in dispositivo, che riesaminati gli atti processuali, sulla base dei rilievi formulati, procederà all'esame della domanda proposta dal Nicchiarelli, prescindendosi dall'ulteriore carico probatorio richiestogli.

Allo stesso giudice del rinvio è demandata la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, a diversa sezione della Corte di Appello di Roma.

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