La coltivazione domestica di cannabis costituisce una forma cd. atipica di coltivazione, del tutto inidonea a porre a repentaglio il bene giuridico tutelatoper la mancanza di concreta offensività, e pertanto da ricondursi nell’area della non punibilità per la conclamata destinazione a proprio esclusivo uso personale della sostanza in sequestro.
Corte di Appello di Trento, Sentenza 14 febbraio 2007 n. 55/07
MOTIVI DELLA DECISIONE
Colto da agenti della GdF ad innaffiare 5 piantine di cannabis indica cresciute, in un sito boschivo, in altrettanti contenitori costituiti da sacchetti neri di plastica, T. P., dichiaratosi saltuario consumatore di hashish e marijuana, assumeva di avere notato la presenza di dette piante mentre, alcuni giorni prima, si recava a compiere un’arrampicata sportiva, e di avere deciso di “occuparsene” nella speranza che il loro reale proprietario non si facesse più vivo.
Le piante, estirpate ed analizzate, risultavano contenere il 2.4% di Delta ) THC, per una consistenza ponderale di gr. 3.5 ca. rispetto al peso totale di gr. 144 ca.
Con sentenza del 10/01/2006 il GUP del Tribunale di Rovereto, pur dando atto dell’assenza di elementi indiziari tali da far ritenere una possibile destinazione allo spaccio della sostanza in sequestro, lo condannava alle pena finale, condizionalmente sospesa, di mesi 4 di reclusione, oltre alla confisca dei reperti.
Avverso l’affermazione di penale responsabilità di cui in premessa ha interposto rituale appello l’imputato, ribadendo e deducendo, con articolati motivi a sostegno:
-
l’assenza di qualsiasi elemento sintomatico della destinazione allo spaccio della sostanza sequestrata;
-
l’ammissibilità di un’interpretazione estensiva della dicitura “comunque detiene” di cui agli artt. 73 e 75 L. Stup., alla luce del noto esito referendario del 1993, avuto riguardo anche al contenuto della sentenza n. 360/1995 della Corte Costituzionale che, sancendo la necessità di distinguere le fattispecie insistenti “…sulla linea di confine del penalmente lecito…”, imporrebbe di riflesso la distinzione fra la cd. coltivazione tecnico-agraria e quella cd. domestica, da cui sarebbe stato possibile ricavare un quantitativo di droga irrilevante o comunque bastevole per l’esclusivo uso personale;
-
l’inoffensività concreta della condotta, avuto riguardo al bene giuridico tutelato dall’art. 73 L. Stup., posto anche che la sentenza Corte Cost. cit. avrebbe configurato quello di coltivazione di cannabis indica come reato di pericolo solo relativamente presunto;
-
l’eccessività della pena.
All’odierno giudizio d’appello, celebrato in assenza dell’imputato, le parti hanno preso le conclusioni trascritte a verbale.
L’appello è fondato.
La Corte non ignora il costante insegnamento della SC, alla stregua del quale la coltivazione non autorizzata di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti costituisce un reato di pericolo, per la cui configurabilità neppure rilevano, in via di principio, la quantità e la qualità delle piante, la loro effettiva tossicità, la quantità della sostanza drogante da essa estraibile ed il fine cui la coltivazione è rivolto (crf. Cass. Pen. Sezione IV, 10/3/2000 n. 4209, relativa alla coltivazione di 18 piante di cannabis sativa con finalità di uso personale). Cfr. anche, per fattispecie analoghe:
ANNO/NUMERO 2006-00150 RIVISTA 232794
SENT. 0015015/11/2005 – 05/01/2006 SEZ. 4
(Rigetta, Trib. Lib. Salerno, 30 Maggio 2005)
STUPEFACENTE – COLTIVAZIONE DI PIANTE DA STUPEFACENTI –
Destinazione ad uso personale – Irrilevanza – Grado di maturazione della pianta – Irrilevanza.
La condotta di coltivazione di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti è penalmente rilevante quand’anche sia posta in essere per la destinazione ad uso personale della sostanza stupefacente, dal momento che tale destinazione rende penalmente lecite soltanto le condotte di detenzione, importazione ed acquisto; essa, peraltro è integrata anche dalla sola detenzione di semi, a nulla potendo rilevare, in ragione della natura di reato di pericolo astratto, il grado di maturazione raggiunto dalla pianta.
CONF. ASN 200522037 RIV. 231784
CONF. ASN 200520938 RIV. 231631
CONF. ASN 200446529 RIV. 230571
CONF. ASN 200404836 RIV. 229366
CONF. ASN. 200104928 RIV. 218692
CONF. ASN. 200004209 RIV. 216215
CONF. ASN 199804606 RIV. 211060
CONF. ASN. 199500913 RIV. 201631
CONF. ASN 199403353 RIV. 199152
CONF. ASN 198811492 RIV. 179803
E tuttavia non può sottacersi come nel caso di specie si versi in un’ipotesi assimilabile a quella presa incidentalmente in esame nella nota sentenza n. 360/1995 della Corte Costituzionale, che nella parte finale della motivazione così si esprimeva:
(omissis) “… Diverso profilo è quello dell’offensività specifica della singola condotta in concreto accertata; ove questa sia assolutamente inidonea a porre a repentaglio il bene giuridico tutelato (omissis) viene meno la riconducibilità della fattispecie concreta a quella astratta, proprio perché la indispensabile connotazione di offensività in generale di quest’ultima implica di riflesso la necessità che anche in concreto la offensività sia ravvisabile almeno in grado minimo, nella singola condotta dell’agente, in difetto di ciò venendo la fattispecie a rifluire nella figura del reato impossibile (art. 49 cod. pen.): La mancanza dell’offensività in concreto della condotta dell’agente non radica però alcuna questione di costituzionalità, ma implica soltanto un giudizio di merito devoluto al giudice ordinario (sentenze n. 133 del 1992 o n. 333 del 1991 già citate). Costituisce poi questione meramente interpretativa, rimessa altresì al giudice ordinario, la identificazione, in termini più o meno restrittivi, della nozione di “coltivazione” che, sotto altro profilo, indice anch’essa sulla linea di confine del penalmente illecito.P.Q.M.(omissis)così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 luglio 1995.depositata in cancelleria il 24 luglio 1995.
Sulla base di tali premesse è dunque da ritenersi necessario accertare caso per caso, anche in presenza di una coltivazione domestica non autorizzata di piante dalle quali fosse possibile estrarre sostanza stupefacente, se detta coltivazione avesse delle dimensioni talmente ridotte da poter essere relegata nell’area del “penalmente irrilevante”, in quanto tale da produrre quantitativi irrisori di droga (cfr. Cassas. Penale Sez. VI, 5/6/2003 n. 24622, Isoni).
Orbene, in tale ottica pare pacifico che non possa essere addebitato al T. di avere posto in essere una coltivazione cd. tecnico-agraria ex artt. 26, 27 e 28 del DPR n. 309/1990, in carenza degli indispensabili aspetti di “…preparazione del terreno, semina e governo dello sviluppo delle piante, significativamente apprezzabili quali indici di una condotta foriera di produzione in via diretta di sostanze stupefacenti, che la norma intende sanzionare…” (Cass. Pen. Sez. VI, 28/9/2004 n. 1480). Ci si trova invece in presenza di una forma cd. atipica di coltivazione ad uso domestico, del tutto inidonea a porre a repentaglio il bene giuridico tutelato (ovvero la salute dei singoli, per il connesso arricchimento della provvista di materia prima ed il potenziale arricchimento delle occasioni di spaccio) per la mancanza di concreta offensività, e pertanto da ricondursi, alla stregua del precitato insegnamento della Corte Costituzionale, nell’area della non punibilità per la conclamata destinazione a proprio esclusivo uso personale della sostanza in sequestro.
La decisione assolutoria, con la formula di cui in dispositivo, è conseguente.
Viene fissato il termine di giorni 30 per il deposito della sentenza, in considerazione della relativa complessità delle questioni trattate.
P.Q.M.
Visto l’art. 599 c.p.p.
In riforma della sentenza impugnata assolve T. P. dal reato ascrittogli perchè non punibile per destinazione a proprio esclusivo uso personale della sostanza in sequestro.
Fissa il termine di giorni 30 per il deposito della sentenza.
Trento, 14 febbraio 2007
IL CONSIGLIERE est. IL PRESIDENTE
DR. g. AVOLIO Dr. T. GARRIBBA