Cassazione, Sez. I civ, 1 dicembre 2004, n. 22500
Fatto e diritto
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso la Pxxxxxxx per censurare, con tre motivi di cassazione, illustrati anche con memoria, le statuizioni, rispettivamente, relative: – alla denegata ulteriore debenza del contributo di mantenimento per le figlie Violante ed Alasia, – alla misura dell'assegno divorzile, – al regolamento delle spese di lite.
Il Vwwww, con ricorso incidentale articolato in due motivi, esplicati, anche con memoria, ha impugnato, a sua volta, in via principale, il capo della pronuncia relativo alla confermata assegnazione della casa coniugale all'ex moglie e (in via subordinata all'accoglimento dei primi due mezzi del ricorso avversario) la mancata ammissione delle proprie istanze istruttorie, svolte nei precedenti gradi del giudizio per i profili relativi sia all'effettivo luogo di abitazione ed alla condotta delle figlie maggiorenni, che alla verifica delle condizioni di salute di esso Vwwww alla luce della documentazione da lui versata in atti.
I due ricorsi vanno riuniti ai sensi dell'articolo 335 p.c..
Le prime due censure formulate nel ricorso principale risultano fondate, al pari di quelle articolate nel ricorso incidentale, mentre la terza doglianza della Pxxxxxxx resta assorbita, in quanto le spese del giudizio di secondo grado andranno comunque riliquidate all'esito della fase di rinvio.
Ed infatti:
a) relativamente alla debenza del contributo di mantenimento per le figlie maggiorenni, ha effettivamente errato la Corte perugina nell'escluderla esclusivamente in ragione di un "limite" (quale?) "che sulla base dell'eta' occorre apporre, al di la' del quale il mantenimento si trasforma in parassitismo", senza valutare le circostanze addotte dalla Pxxxxxxx e senza pronunziarsi sulla ammissione delle istanze istruttorie del Vwwww tendenti, rispettivamente, ad escludere (le prime) ed a dimostrare (le seconde) la riconducibilita' della perdurante condizione di dipendenza economica delle figlie a colpa della medesima.
Dal che la fondatezza, appunto, del primo mezzo dal ricorso principale e del secondo subordinato motivo di quello incidentale.
b) Relativamente all'assegnazione della casa coniugale, hanno del pari errato quei giudici nel disporla in favore della moglie in funzione esclusivamente integrativa dell'assegno divorzile, prescindendo -come denunciato con il primo motivo del ricorso Vwwww- dai parametri viceversa all'uopo fissati dall'art. 6 l. n. 898/1970.
c) Relativamente, infine, alla determinazione dell'importo dell'assegno divorzile, analogamente disattesi sono stati, dai giudici a quibus, i criteri fissati nell'art. 5 l. n. 898/1970, così come, sia pure a diversi fini, censurato con il secondo mezzo di entrambi i ricorsi.
La sentenza impugnata va quindi cassata in relazione ai motivi, dei due ricorsi, accolti, che investono tutte le statuizioni patrimoniali connesse al divorzio dei coniugi ricorrenti.
Il giudice del rinvio, che si designa nella stessa Corte di Perugia, in diversa composizione, -nel riesaminare le questioni relative alla dibenza o meno del contributo di mantenimento per le figlie maggiorenni, alla sussistenza o meno dei presupposti per l'assegnazione della casa coniugale alla Pxxxxxxx, ed alla determinazione dell'importo dell'assegno divorzile in favore di quest'ultima- si atterra' , rispettivamente, ai seguenti principi di diritto:
a) l'obbligo di mantenere il figlio non cessa automaticamente con il raggiungimento della maggiore eta' , od oltre un dato limite dalla stessa ma si protrae fino al momento in cui il figlio abbia raggiunto una propria indipendenza economica ovvero versi in colpa per non essersi messo in condizione di conseguire un titolo di studio e/o di procurarsi un reddito mediante l'esercizio di una idonea attivita' lavorativa o per avere detta attivita' ingiustificatamente rifiutato (cfr., ex plur, nn. 4616, 8868/1998, 4765/02, 11863/04).
Il genitore, il quale contesti la sussistenza del proprio obbligo di mantenimento nei confronti dei figli maggiorenni che non svolgano attivita' lavorativa retribuita, e' tenuto a fornire la prova che cio' dipenda da una condotta colpevole del figlio che persista in un atteggiamento di inerzia nella ricerca di un lavoro compatibile con le sue attitudini, rifiuti le occasioni che gli vengano offerte o abbandoni senza valide giustificazioni il posto di lavoro da lui occupato (cfr. nn. 475/1990, 13126/1992, 8383/1996, 4765/02).
b) Anche nel vigore della legge 6 marzo 1978 n. 74, il cui art. 11 ha sostituito l'art. 6 della legge 1970 n. 989, la disposizione del sesto comma di questa ultima norma consente il sacrificio della posizione del coniuge titolare di diritti reali (o personali) sull'immobile adibito ad abitazione coniugale, mediante l'assegnazione di questa, in sede di divorzio all'altro coniuge, ma solo alla condizione della sua convivenza con figli minori o maggiorenni non economicamente autosufficienti (cfr. nn. 6559, 11030/97, 266/2000, 11696/2001, 9071/01, 12309/04).
Per cui, in difetto di tali condizioni, coerenti alla finalizzazione dell'istituto a tutela della prole, l'assegnazione non potra' essere disposta, in favore del coniuge ritenuto economicamente piu' debole, in funzione integrativa (o sostitutiva) dell'assegno divorzile, dovendo per converso tenersi conto, ai fini della determinazione di detto assegno, dell'eventuale esborso economico che il coniuge e' tenuto ad affrontare per far fronte alle proprie esigenze abitative.
c) Ai sensi dell'art. 5 l. 898/70, rettamente interpretato, la determinazione dell'assegno divorzile richiede al giudice una valutazione ponderata e bilanciata che tenga conto da un lato, delle esigenze economiche del coniuge richiedente -in dipendenza dell'inadeguatezza (da accertarsi previamente) dei mezzi di cui questi dispone, o che sia in grado di procurarsi rispetto all'obiettivo, tendenziale, di mantenimento di un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza del matrimonio e, dall'altro, delle condizioni e della capacita' economica dell'altro coniuge, nel quadro anche degli altri elementi (durata del matrimonio ecc.) indicati nella norma suddetta e che possono rilevare come fattori ulteriori di conformazione e moderazione, in concreto, della misura dell'assegno in questione (cfr. nn. 4040/2003, 6660/2001, 4809/98, per tutte).
E' rimessa al giudice di rinvio la liquidazione delle spese anche del presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi, accoglie il primo e secondo mezzo del ricorso principale, con assorbimento del terzo, ed entrambi i motivi del ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata a rinvia, anche per le spese alla Corte di Perugia in diversa composizione.