Se il vigile è lontano, la multa non è valida

di | 21 Luglio 2005
Con riferimento al verbale di accertamento di una violazione del codice della strada, l’efficacia di piena prova fino a querela di falso, che ad esso deve riconoscersi, ex art. 2700 c.c., in forza della sua natura di atto pubblico, oltre che riguardo alla provenienza dell’atto ed alle dichiarazioni rese delle parti, anche relativamente “agli altri atti che il pubblico ufficiale che lo redige attesta essere avvenuti in sua presenza o da lui compiuti” non sussiste né con riferimento ai giudizi valutativi che esprima il pubblico ufficiale, né con riferimento alla menzione di quelle circostanze relative a fatti i quali, in ragione delle loro modalità di accadimento, non si siano potuti verificare e controllare secondo un metro sufficientemente obbiettivo e, pertanto, abbiano potuto dare luogo ad una percezione sensoriale implicante margini di apprezzamento.

Cassazione Sez. I civ. Sentenza 21 luglio 2005, n. 15324


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 24 gennaio 2001, G.B. proponeva davanti al Giudice di pace di Bressanone opposizione avverso tre verbali di contestazione redatti dalla locale Polizia Municipale e relativi ad altrettante violazioni del codice stradale per avere egli contemporaneamente, in data 21 dicembre 2000 ed alla guida della Renault Twingo targata [omissis] oltrepassato l’intersezione tra Viale Mozart e Via San Cassiano, sita nel Comune omonimo, malgrado il semaforo proiettasse luce rossa ed effettuato il sorpasso di altri veicoli lenti o in lento movimento portandosi nella parte sinistra della carreggiata, nonché per non avere particolarmente regolato la velocità in prossimità dell’anzidetta intersezione.

Deduceva l’opponente che il vigile gli avrebbe dovuto immediatamente contestare le infrazioni, mentre, invece, quest’ultimo aveva altresì omesso di avvisarlo in merito al successivo invio dei verbali in questione.

Si costituiva l’Amministrazione comunale, esponendo che il ricorrente di per sé non contestava le violazioni ascrittegli e che l’agente accertatore aveva esplicitamente indicato nel verbale i motivi della mancata contestazione immediata.

Il Giudice adito, con sentenza dei 9-28 maggio 2001, rigettava il ricorso quanto alla prima delle anzidette infrazioni, mentre lo accoglieva quanto alle rimanenti due, assumendo che mancassero prove certe in ordine alla responsabilità del B. a quest’ultimo riguardo, segnatamente nel senso che la distanza alla quale si trovava il verbalizzante dall’autoveicolo nel momento delle pretese violazioni era tale da non consentire una credibile valutazione, anche in considerazione del punto di osservazione, frontale rispetto al senso di marcia e, quindi, suscettibile di facili errori prospettici, onde era probabile che lo stesso verbalizzante avesse potuto apprezzare soltanto la parte finale della manovra di sorpasso effettuata dal ricorrente, ricevendo l’impressione di una velocità eccessiva e di un sorpasso irregolare.

Avverso tale sentenza, ricorre per cassazione il Comune di Bressanone, deducendo due motivi di gravame ai quali non resiste il B.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di impugnazione, lamenta il ricorrente, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., contraddittorietà della motivazione in ordine a un punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti, assumendo che il pubblico ufficiale il quale ha redatto i verbali di contestazione delle infrazioni, sentito anche come testimone, doveva essere ritenuto attendibile riguardo alle circostanze relative a tutti gli atti impugnati, essendo stato ritenuto attendibile in ordine ad uno di essi e costituendo, del resto, le violazioni un contesto unico ed inscindibile.

Con il secondo motivo di impugnazione, del cui esame congiunto con il precedente si palesa l’opportunità involgendo ambedue la trattazione di questioni strettamente connesse, lamenta il ricorrente violazione e/o falsa applicazione della norma di cui all’art. 2700 c.c., dato che la fede privilegiata dei verbali di infrazione doveva essere riconosciuta a tutti gli atti pubblici impugnati, in assenza di querela di falso ed in presenza, anzi, di esplicite e decisive ammissioni di responsabilità, da parte dell’opponente, nel giudizio di primo grado.

I due motivi non sono fondati.

Giova premettere come il Giudice di pace, per quanto attiene al verbale di contestazione n. 3449, riguardante la violazione degli artt. 41, undicesimo comma, e 146, terzo comma, del codice stradale, abbia, con incensurato apprezzamento, rilevato che “dalla relazione del vigile accertatore emerge che egli ha visto chiaramente come il ricorrente abbia, a bordo della vettura Renault Twingo tg. [omissis] oltrepassato l’intersezione semaforica posta ad ovest dell’incrocio di viale Mozart e via san Cassiano con la luce rossa” onde il riconoscimento che il verbale in questione, senza che il ricorrente abbia fornito al riguardo alcuna prova contraria né abbia, tanto meno, proposto querela di falso avverso il contenuto del verbale stesso, costituisca “piena prova in merito a quanto ivi accertato sul rilievo” che “Dalla posizione in cui l’agente si trovava, il semaforo era ben visibile e, proiettando la stessa luce in entrambi i sensi di marcia, (egli) ha potuto accertare che l’attraversamento è avvenuto nel momento di interdizione”.

Per converso, l’anzidetto Giudice, riguardo alle altre due infrazioni contestate al ricorrente (di cui ai verbali n. 3450 e n. 3451 rispettivamente relativi, il primo, alla violazione dell’art. 148, undicesimo e sedicesimo comma, del codice stradale per avere sorpassato altri veicoli fermi o in lento movimento al semaforo, nonché, il secondo, alla violazione dell’art. 141, terzo e ottavo comma, del codice stradale per non avere regolato particolarmente la velocità in prossimità di intersezione), ha ritenuto «che la distanza che separava il vigile dall’autoveicolo del ricorrente nel momento delle presunte infrazioni (più di 150 m.) era tale da non consentire una credibile valutazione anche in considerazione del punto di osservazione, frontale rispetto al senso di marcia e quindi suscettibile di facili errori prospettici. È probabile che il vigile abbia potuto osservare soltanto la parte finale della manovra di sorpasso effettuata dal ricorrente ricevendo l’impressione di una velocità eccessiva e di un sorpasso irregolare”.

Al riguardo, deve innanzi tutto osservarsi come un simile apprezzamento vada esente da censure per quanto concerne il mancato riconoscimento agli altri due verbali indicati da ultimo della medesima “fede privilegiata” attribuita al primo, atteso che il Giudice di merito, sulla base di accertamenti di fatto di per sé incensurati (rispettivamente relativi alla “distanza che separava il vigile dall’autoveicolo del ricorrente nel momento delle presunte infrazioni” ed al “punto di osservazione, frontale rispetto al senso di marcia”) ha puntualmente e correttamente applicato il principio secondo cui, con riferimento al verbale di accertamento di una violazione del codice della strada, l’efficacia di piena prova fino a querela di falso, che ad esso deve riconoscersi, ex art. 2700 c.c., in forza della sua natura di atto pubblico, oltre che riguardo alla provenienza dell’atto ed alle dichiarazioni rese delle parti, anche relativamente “agli altri atti che il pubblico ufficiale che lo redige attesta essere avvenuti in sua presenza o da lui compiuti” non sussiste né con riferimento ai giudizi valutativi che esprima il pubblico ufficiale, né con riferimento alla menzione di quelle circostanze relative a fatti i quali, in ragione delle loro modalità di accadimento, non si siano potuti verificare e controllare secondo un metro sufficientemente obbiettivo e, pertanto, abbiano potuto dare luogo ad una percezione sensoriale implicante margini di apprezzamento, come nell’ipotesi che quanto attestato dal pubblico ufficiale inerisca non alla percezione di una realtà statica (come, ad esempio, la descrizione dello stato dei luoghi, senza oggetti in movimento), bensì all’indicazione di un corpo o di un oggetto in movimento, con riguardo allo spazio che cade sotto la percezione visiva del verbalizzante (Cass. 10 aprile 1999, n. 3522).

Ne consegue che, una volta denegata l’applicabilità, per le ragioni accennate, del richiamato art. 2700 c.c., del tutto corretto si palesa il “libero” apprezzamento che dei due verbali in questione, al pari di un qualsiasi elemento probatorio non coperto dalla fede privilegiata dell’atto pubblico, è stato fatto dal medesimo Giudice, il quale ha considerato non fondate le valutazioni del verbalizzante, ritenendole sostanzialmente “inattendibili” sulla base della motivazione sopra riportata, di per sé immune da vizi logici e giuridici, ovvero sulla base del rilievo che “La distanza che separava il vigile dall’autoveicolo del ricorrente nel momento delle presunte infrazioni (più di 150 m.) era tale da non consentire una credibile valutazione anche in considerazione del punto di osservazione, frontale rispetto al senso di marcia e quindi suscettibile di facili errori prospettici. È probabile che il vigile abbia potuto osservare soltanto la parte finale della manovra di sorpasso effettuata dal ricorrente ricevendo l’impressione di una velocità eccessiva e di un sorpasso irregolare” laddove, invece, quanto al verbale di contestazione n. 3449 relativo all’attraversamento dell’intersezione semaforica con la luce rossa, si è già visto come il Giudice di merito abbia rilevato che “Dalla posizione in cui l’agente si trovava, il semaforo era ben visibile e, proiettando la stessa luce in entrambi i sensi di marcia, ha potuto accertare che l’attraversamento è avvenuto nel momento di interdizione”.

Discende, poi, da quanto precede e, segnatamente, dalle già indicate ragioni di “inattendibilità”, che si sottrae alle censure dedotte dal ricorrente altresì il mancato (o insufficiente) apprezzamento della deposizione testimoniale resa dall’agente accertatore (là dove questo, secondo l’assunto dell’odierno ricorrente, ha confermato quanto scritto nei verbali di contestazione, affermando esattamente “nella posizione in cui mi trovavo ebbi modo di osservare esattamente come il sig. G. effettuò il sorpasso dell’autoveicolo, credo germanico, che si era fermato al semaforo regolarmente”), come pure delle dichiarazioni rese dallo stesso agente nella relazione di servizio prot. n. 1890/01 P.M. in data 4 maggio 2001 (là dove questo, di nuovo secondo l’assunto del ricorrente, ha affermato “Il conducente, giunto all’intersezione semaforica con via S. Cassiano eseguiva manovra di sorpasso di un veicolo che lo precedeva, il quale si era fermato regolarmente all’intersezione semaforica che emetteva luce gialla. Quindi il conducente oltrepassava l’intersezione semaforica con luce rossa a velocità pericolosa…”).

Circa, infine, le dichiarazioni rese dal contravventore, si osserva che il Giudice di pace ha preso in considerazione tali dichiarazioni (là dove il medesimo contravventore, secondo l’apprezzamento contenuto nella sentenza impugnata, ha affermato “di aver iniziato il sorpasso della vettura germanica – spostandosi a tal fine in parte sulla carreggiata destinata al senso opposto di marcia – ad una distanza di 20 m. dal semaforo, in quanto la predetta vettura si era accostata o comunque stava per accostarsi al bordo del marciapiede, e di aver imboccato l’incrocio quando si trovava di nuovo sulla propria destra” implicitamente rilevando, tuttavia, con motivazione adeguata ed immune da vizi logico-giuridici, come siffatte dichiarazioni, peraltro in contrasto con le affermazioni del vigile (il quale “affermava che la vettura del turista germanico si trovava nell’imminenza del semaforo diffondente luce gialla, ed arrestava la sua corsa, quando veniva sorpassato dalla vettura condotta dall’odierno ricorrente”) vero essendo, comunque, “che lo svolgimento del sorpasso è avvenuto ad una distanza di più di 150 metri dalla posizione del vigile che difficilmente poteva vedere l’antecedente fase iniziale dei sorpasso, iniziato a dire del ricorrente circa 20 m. prima del semaforo in questione” non implichino minimamente l’ammissione di avere eseguito la manovra in parola “nell’imminenza del semaforo” senza che, al riguardo, si palesi decisiva neppure la prospettazione del Comune di Bressanone (là dove quest’ultimo assume che il contravventore abbia riconosciuto di avere proceduto al sorpasso dell’autovettura dei predetto turista “giunti in prossimità – una decina di metri ca. – dal semaforo di viale Mozart”) dal momento che, come appare palese, altro è sorpassare “nell’imminenza” del semaforo altro è sorpassare “in prossimità” del semaforo, indipendentemente, poi, in quest’ultimo caso, dal fatto che la distanza sia di “circa 20 m.” ovvero di “una decina di metri ca.”.

L’impugnata sentenza, pertanto, non soggiace alle censure dedotte dal ricorrente, onde il ricorso deve essere rigettato.

Nulla è a pronunziar circa la sorte delle spese del giudizio di cassazione, non avendo l’intimato, in questa sede, né resistito, né comunque, svolto attività difensiva alcuna.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

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